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Per il co-ceo Asset Management di Union Bancaire Privée (UBP), la categoria sta imboccando un momento di flessione. E non è solo una questione di tassi. Dalle infrastrutture alla sostenibilità, ecco i trend che resteranno e come coglierli
Dalle risorse naturali alla tecnologia, dalla cybersecurities alle smart cities. Complice un mondo attraversato da cambiamenti radicali, è a lungo sembrato che gli investimenti tematici fossero destinati a conquistare il mercato. Tanto che, nel 2022, un’indagine di BNP Paribas AM e Coalition Greenwich mostrava come l’88% degli investitori wholesale e il 36% di quelli istituzionali fossero intenzionati a adottare strategie tematiche. Eppure, a neanche due anni da quella data, c’è chi crede che la frenesia per i promettenti ‘trend’ si sia ridimensionata. Nicolas Faller, co-ceo Asset Management di Union Bancaire Privée (UBP), è infatti convinto che sia in arrivo una stagione di normalizzazione o perfino di calo dei flussi verso questi prodotti. E ritiene che solo un’adeguata selezione settoriale permetterà agli amanti della categoria di perseguire le proprie strategie. La redazione di FocusRisparmio lo ha raggiunto per approfondire la sua view.
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Quanto del loro smalto hanno perso negli ultimi due anni i prodotti tematici?
La storia degli investimenti tematici è partita quasi dieci anni fa, soprattutto grazie all’evoluzione del panorama ESG. E da lì in poi, essendo considerati una promettente strategia a lungo termine, questi strumenti hanno visto aumentare l’offerta. È però innegabile che il 2022 abbia rappresentato un punto di svolta per la categoria, con i mercati costretti ad affrontare diverse criticità e in particolare l’aumento dei tassi di interesse. Ora il settore sta ripartendo ma un lascito di quel periodo di transizione c’è: un ribilanciamento dell’asset class, con temi come quelli legati alla difesa che hanno faticato ad allinearsi alle preferenze degli investitori. Si è inoltre iniziato a comprendere che diversificare su vari trend porta a portafogli complessi e difficili da valutare, ragione che ha spinto molti a optare per strategie semplici e monotematiche.
Con queste premesse, cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi anni dal segmento?
Quando i tassi d’interesse aumentano, spesso gli investitori vanno alla ricerca di soluzioni più semplici. Ecco perché, di recente, molti operatori sono passati dagli investimenti tematici a portafogli azionari globali più diversificati. Sebbene i megatrend offrano quindi opportunità a lungo termine, ritengo siano destinati a non costituire la parte core del portafoglio: poiché il costo del denaro scenderà ma non in modo significativo, potranno invece rappresentare investimenti satellite. Per costruire un’allocazione sostenibile e diversificata nel tempo, è infatti importante non affidarsi esclusivamente a questa classe poiché ciò può comportare una perdita di controllo sulla strategia d’investimento complessiva. Non fa eccezione il segmento della difesa, da alcuni attenzionato in scia alla tensioni geopolitiche: se è infatti vero che ci sarà meno opposizione per quanto riguarda l’investimento in società che producono armi convenzionali, gli investimenti in armi controverse continueranno probabilmente a essere evitati dai più per motivi etici.
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Quali trend potrebbero allora sostenere la categoria?
Stiamo assistendo a transizioni demografiche ma soprattutto molti Paesi dovranno investire in modo significativo nelle infrastrutture, processo nel quale il settore privato svolgerà un ruolo cruciale. È probabile che questa asset class continuerà quindi a registrare buone performance e sarà molto favorita. Senza contare che offre un’eccellente compensazione delle passività ai fondi pensione ma anche flussi di cassa prevedibili e una buona decorrelazione dal mercato obbligazionario.
Un altro fenomeno sotto i riflettori è la crescita delle allocazioni negli hedge fund, con gli investitori che tornano a sceglierli dopo essere stati scoraggiati dalle performance registrate del periodo tra la crisi finanziaria e il 2020. Quali fattori sono alla base di questo trend e dove risiedono le maggiori opportunità?
Stiamo entrando in una fase in cui gli hedge fund potranno continuare a generare buoni rendimenti. Da quasi 18 mesi, infatti, stanno registrando performance solide e costanti grazie anche a diversi fattori come il livello di carry diventato più significativo e una dispersione tra i settori che offre ampie opportunità di arbitraggio. In questo comparto, riteniamo vi siano quindi condizioni favorevoli per trarre valore dalle strategie macro globali, long/short e di arbitraggio. Pensiamo inoltre vi sia potenziale nei mercati privati, in particolare nel private debt: di fronte a una diminuzione dei tassi d’interesse, questo settore diventerà probabilmente sempre più interessante, offrendo un solido obiettivo di reddito per gli investimenti.
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Qual è il valore aggiunto dell’approccio adottato da UBP?
Preferiamo non investire in hedge fund che generano rendimenti principalmente attraverso il beta. Se l’obiettivo è questo, esistono opzioni più semplici ed economiche: a partire dagli ETF. Ci concentriamo invece sui gestori che riducono al minimo il beta e mirano a generare alfa. Cerchiamo inoltre player con un orientamento market neutral o leggermente lungo, ma non eccessivamente.
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