Consulenti finanziari, le responsabilità familiari frenano le professioniste
Anche nella consulenza è forte il divario di genere per quanto riguarda prospettive, reddito e soddisfazione lavorativa. La ricerca Bocconi per Anasf e Jp Morgan AM
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Ottimisti sui rendimenti, attesi quest’anno anche a doppia cifra, ma prudenti nelle scelte di portafoglio, dove prevale il reddito fisso. Nonostante il contesto complicato, gli investitori individuali globali non perdono la fiducia nel futuro e continuano a essere positivi sulle proprie finanze. È quanto emerge dall’annuale sondaggio targato Natixis Im, che ne ha intervistati 8.550 con un patrimonio superiore ai 100 mila dollari in 23 Paesi (Italia compresa). Uno lavoro che rivela come l’attesa sul lungo periodo sia di ottenere ritorni del 13% oltre l’inflazione. Con il divario tra aspettative di investitori e consulenti finanziari che, seppure in calo dal 2021, resta al 42%.
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Nel dettaglio, oltre due terzi degli intervistati (69%) hanno una visione positiva della propria situazione finanziaria mentre solo il 22% si sente stressato. Nonostante economia e mercati abbiano subito cambiamenti e scossoni di cui c’è piena consapevolezza, per il 2023 l’aspettativa media è di ottenere ritorni superiori dell’8,6% al carovita. La fiducia nel futuro sembra dunque resistere, anche se si temono i rischi associati: il 62% degli investitori vede nell’aumento dei costi quotidiani la principale paura finanziaria; il 44% si dice molto preoccupato per l’impatto sulle proprie finanze di una spesa ingente e inattesa; il 36% teme l’aumento delle tasse. Meno temuti paiono invece fattori come le spese per l’assistenza sanitaria (28%) o la perdita del lavoro (24%)-
Per oltre la metà degli investitori (58%), l’inflazione è la principale preoccupazione sugli investimenti mentre due terzi (66%) affermano che sta incidendo significativamente sulla capacità di risparmiare in ottica pensione. Il 60% ritiene quindi di dover investire di più per compensare il carovita e il 76% afferma che l’aumento dei costi ha evidenziato la necessità di accantonare di più, ma solo il 32% lo sta effettivamente facendo. Il secondo rischio più temuto per i portafogli (38%) è quello di una recessione. Seguono il 37% che indica la volatilità del mercato e il 28% che segnala l’aumento dei tassi di interesse.
In risposta al nuovo contesto, quasi uno su due (47%) ha più fiducia nella sovraperformance dei bond nel 2023 rispetto alle azioni e il 46% ha aumentato i propri investimenti obbligazionari in risposta all’aumento dei tassi. Tuttavia, mentre quasi sei su dieci affermano di comprendere il ruolo di questi titoli nei portafogli e l’impatto dell’innalzamento dei tassi (57%), solo il 2% (171 su 8.550) sa spiegare cosa questo comporti davvero. Si attesta al 27% al quota di chi ha selezionato una sola risposta corretta e il 30% ha dichiarato di non saperlo.
Dopo i buoni risultati registrati negli ultimi anni da investimenti passivi e i portafogli fai-da-te, grazie alla costante traiettoria al rialzo dei mercati, ora gli investitori si trovano a dover ricalibrare i portafogli al nuovo contesto. Solo sei su dieci (63%) riconoscono che i fondi indicizzati forniscono ritorni paragonabili a quelli del mercato, mentre il 66% ritiene che li aiutino a minimizzare le perdite e il 61% li considera meno rischiosi rispetto ad altri investimenti. Inoltre, sembra che i risparmiatori abbiano perso di vista il quadro generale: il 26% definisce il rischio come esposizione del proprio patrimonio alla volatilità, il 23% come perdita di ricchezza e solo l’11% come il ì mancato raggiungimento degli obiettivi finanziari a lungo termine.
I consulenti finanziari hanno invece il doppio delle probabilità di definire il concetto nella sua accezione corretta (24%), il che dimostra i vantaggi di rivolgersi a un professionista finanziario più propenso a concentrarsi sul lungo termine. La recente inflazione ha evidenziato l’importanza dell’advisory per il 68% degli intervistati ma solo il 51% ritiene di averne bisogno. Alla domanda su quali servizi destino di più il loro interesse, la pianificazione finanziaria e del reddito pensionistico sono in testa con il 46% e il 43%. Mentre, sugli investimenti, gli investitori desiderano che il proprio consulente offra soluzioni sostenibili (43%), opportunità di sui mercati privati (34%) e strategie efficienti dal punto di vista fiscale (32%).
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Nonostante la flessione dei mercati dello scorso anno, il campione ha dichiarato di aver generato ritorni positivi in media dell’1,9%. In Italia il dato si attesta invece all’1,2% e, sul fronte delle attese per il 2023, sale all’11,5% (oltre la media globale dell’8,6%). Al contrario, con una prospettiva di lungo periodo, la cifra scende al 9,6%, leggermente più in basso rispetto alla media globale del 12,8%. La maggior parte degli intervistati sembra prevedere un ritorno al mercato toro che ha generato rendimenti totali medi annui del 14,6% dallo S&P tra il 2012 e il 2021, compresi guadagni del 30% nel 2019, del 18% nel 2020 e del 28% nel 2021. Le aspettative di rendimento a lungo termine, pari al 13% annuo, riflettono questo elevato livello di ottimismo.
Per Marco Baridelli, responsabile per l’Italia di Natixis Im, sembra che gli investitori siano ancora ancorati ai risultati ottenuti in passato. “Ora credo si debbano rivalutare i portafogli ponendo al centro delle decisioni gli obiettivi finanziari a lungo termine aumentando la componente attiva nelle scelte di investimento”, avverte.
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