Dopo diversi anni in cui lo stock di Npe è calato, la crisi propizia un’inversione della curva. Masenza (PwC): “Un’opportunità che i fondi specializzati in strategie alternative non devono lasciarsi sfuggire”
Gli Npe (acronimo di Non-Performing Exposures) sono una delle asset class più promettenti su cui gli investitori, soprattutto istituzionali ma anche i private, possono investire nel prossimo futuro.
Lo dice a FocusRisparmio Pier Paolo Masenza, financial services leader di PwC: “Tutta la gamma di crediti problematici – dalle inadempienze probabili (Unlikely to pay, Utp) ai Bad Loans (Npl) – offre interessanti profili di rischio-rendimento. Da un certo punto di vista anche migliori rispetto a investimenti alternativi come ad esempio il debito subordinato”.
Anche perché il mercato vedrà una crescente offerta di nuovi Npe causati dalla crisi che stiamo tentando con fatica di lasciarci alle spalle. “Dopo diversi anni in cui lo stock di deteriorato è calato consistentemente, quest’anno è attesa un’inversione della curva. Fare una stima di quanto risalirà e in quali trimestri è complicato, riteniamo ci siano ancora troppe variabili in gioco e per questo non abbiamo ancora formulato stime e previsioni specifiche”, spiega Masenza.
Un’opportunità che i fondi specializzati in strategie alternative non dovrebbero lasciarsi sfuggire.
In arrivo nuovi flussi di Npl
Da poco iniziata la Fase 2 per il ritorno alla (nuova) normalità dopo il dilagare della pandemia “è difficile quantificare l’impatto del lockdown sull’esposizione debitoria delle imprese. Dal punto di vista qualitativo possiamo dire che è ragionevole aspettarsi un aumento della curva a causa dell’impatto sul Pil derivante dalle misure di quarantena”.
Il Decreto Liquidità emanato dal Governo Conte vuole spingere le banche a erogare prestiti veloci a tutte le imprese in difficoltà per il coronavirus. Le imprese italiane dispongono di liquidità limitata, che per la maggior parte delle Pmi si esaurirà entro i prossimi 90 giorni, e temono che i fondi previsti dalle misure statali non arrivino in tempo. È quanto emerge dal sondaggio realizzato da Cribis – società del gruppo Crif specializzata nella business information tra l’8 e il 20 aprile su un campione di imprese di varia dimensione.
Fra l’altro, sottolinea l’esperto, tutte le misure messe in piedi con i vari decreti non coprono le esposizioni classificate come deteriorate, quindi “quelle aziende che erano in una fase temporanea di crisi o in uscita dalle inadempienze, con l’emergenza COVID rischiano di tornare indietro verso una situazione di crisi conclamata”.
Secondo il rapporto annuale stilato dalla società di consulenza PwC, negli ultimi 4 anni i volumi lordi di Npe sono diminuiti significativamente, da un picco di 341 miliardi di euro a fine 2015 ai 135 miliardi di dicembre 2019.
Purtroppo – ribadisce il partner di PwC – la crisi attuale farà risalire lo stock portando a ricoprire parte di quel delta. Ci sono poi almeno due aspetti da considerare per stimare i nuovi flussi di Npe originati dalla crisi.
“Per prima cosa l’efficacia delle misure governative. Su questo punto però, data la straordinarietà dell’evento, è difficile fare confronti con il passato anche perché l’industria del credito non è più la stessa di 10 anni fa”, analizza Masenza. Il secondo aspetto riguarda il tasso di decadimento da Utp a Npl: per Masenza “negli ultimi due o tre anni questo rapporto aveva raggiunto percentuali intorno al 15% mentre ora potrebbe risalire verso i livelli conosciuti a seguito della crisi del debito sovrano del 2011-2012”.
L’analisi del mercato
Negli ultimi tre anni il mercato italiano dei crediti non performanti ha registrato transazioni per circa 190 miliardi, “gran parte dei quali usciti dai bilanci delle grandi banche impegnate nel processo di de-risking”. Di questi circa una settantina sono stati coperti dalle garanzie pubbliche Gacs.
“Nel primo trimestre 2020 abbiamo mappato transazioni per circa 2 miliardi di euro, una cifra abbastanza contenuta se confrontata con le cessioni dello scorso anno pari a circa 30 miliardi”, esamina Masenza, ma comunque il mercato andrà avanti perché “tutti coloro che avevano comunicato delle operazioni stanno procedendo, in primis UniCredit e altre grandi banche”.
“Non abbiamo ancora formulato stime puntuali sui volumi di transazioni Npe nel 2020, ma riteniamo che la cifra di 30 miliardi anticipata da alcuni operatori sia verosimile anche perché non pensiamo che il mercato si fermi”, dicono da PwC.
Inoltre, il decreto Cura Italia prevede una agevolazione fiscale per chi cede Npe entro dicembre 2020: l’aspettativa del team PwC è che ci sia una ripresa delle cessioni prima della fine dell’anno e un incremento importante nel 2021, “anche alla luce dell’innalzamento della curva dei nuovi flussi di cui abbiamo parlato”.
La carta dei Pir Alternativi
Per i fondi specializzati in questo tipo di asset class, dunque, dovrebbe prospettarsi un periodo sfidante e al contempo vivace. Una sfida, quella del rilancio dell’economia reale attraverso il supporto alle imprese, che passa necessariamente per nuovi strumenti d’investimento.
Fra questi è possibile annoverare i nuovi Pir Alternativi al vaglio del Ministero dell’economia e delle finanze e quello dello sviluppo economico. “Il tema degli investimenti illiquidi è molto tecnico, credo vada affrontato da operatori specializzati che riescano a seguire l’intera filiera del deteriorato, dall’origination dell’opportunità di investimento, all’underwriting e fino al servicing con strategie di recupero mirate a seconda dell’asset sottostante”, chiosa Masenza.
Secondo Luigi De Bellis, co-responsabile dell'ufficio studi di Equita, i Pir alternativi possono far ripartire l'economia prostrata da Covid-19 e gli Eltif sono il veicolo ideale per farli partire con slancio
Lo strumento non ha esaurito il suo potenziale, anzi. I Pir 3.0 in vigore da gennaio consentiranno una ripartenza della raccolta quando la volatilità sui mercati tornerà contenuta. In attesa dei pir alternativi
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