Climi di consumo: migliora la fiducia in Europa, in ripresa anche l’Italia
Presentato da GfK l’indice di fiducia dei consumatori europei per il secondo trimestre dell’anno
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Sui mercati lo spauracchio si chiama Italexit; un’ipotesi altamente improbabile ma che crea forte turbolenza. Perché? Cosa succederebbe all’Italia se uscisse dall’euro? “Se l’Italia uscisse dall’euro e adottasse una nuova moneta innanzitutto, anche decidendo di mantenere il debito in euro, immediatamente il 170% del debito risulterebbe misurato sul Pil svalutato – spiega a Focus Risparmio Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet Am Italia – La svalutazione è quantificabile nella misura del 20-30%, ovvero pari alla perdita di competitività del nostro Paese misurata prendendo a riferimento l’andamento del costo del lavoro per unità di prodotto elaborato dalla Commissione europea o Ocse. Il ragionamento semplice che gli operatori possono fare per indovinare il livello al quale si assesterebbe la nuova Lira è infatti quello necessario a ripristinare le condizioni competitive pre-esistenti al lancio della moneta unica.
Incorporando questo rischio, il premio richiesto per detenere un Btp che potrebbe essere rimborsato in una moneta svalutata fino a un terzo diventa molto più ampio e volatile”. Tuttavia, ci sono molte ragioni per essere ottimisti. Rileva ancora Delitala: “Nell’ultimo Def (Documento programmatico del Mef, ndr), stilato da un governo uscente, troviamo un’indicazione sullo stato di salute del Paese. La combinazione di crescita nominale e avanzo primario derivanti dal vincolo di bilancio mostra che l’Italia nel 2018 parte da una condizione abbastanza positiva: siamo intorno al 2% (del Pil) di avanzo primario, con una crescita nominale vicina al 3%. Peraltro il debito/Pil converge anche se non velocemente quanto richiesto dal Fiscal Compact”.
Si tratta solo di un esercizio di stile: l’Italia resterà nella moneta unica. “L’ipotesi di uscita è altamente improbabile tanto che, secondo le nostre stime, lo spread di rendimento del Btp contro titoli tedeschi corrisponde a solo un 5% di probabilità di verificarsi – afferma Delitala – Va però detto che nella medesima fase, in un solo giorno, il 29 maggio, abbiamo sfiorato circa la metà del picco di rischio che avevamo sperimentato nel 2011-2012. Ed è evidente che è sufficiente un attimo per generare danni ingenti, mentre sono necessari anni per ricostituire la fiducia sui mercati. Una piccola nota di ottimismo deriva dal fatto che questa lezione possa essere servita un po’ anche ai nuovi politici, che probabilmente non avevano ben chiari alcuni meccanismi e conseguentemente tenderanno ad abbandonare la retorica anti-euro, senza considerare che oggi l’Italia è in una condizione macro decisamente migliore rispetto al 2011-2012 e che la concentrazione del debito domestico presso investitori esteri è passata da oltre il 50% al 30%”. Inoltre, diversamente da quanto accadeva nel 2011-12 con Grexit, il rischio contagio è contenuto e l’Italia vive una situazione di isolamento politico.