La Bce resta colomba: tapering rimandato a settembre
Francoforte conferma il ritmo accelerato degli acquisti e alza le stime di crescita (+4,6% e +4,7%) e inflazione. Lagarde: “Qualsiasi discussione sull’uscita dal Pepp è prematura”
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Troppo presto per pensare di ridurre gli stimoli, ci sono ancora forti minacce alla ripresa. La Bce, nel consueto bollettino mensile conferma la linea Lagarde (e Draghi), spiegando che occorre ancora un orientamento “molto accomodante” della politica monetaria. I tassi di interesse di mercato sono infatti aumentati ulteriormente e ciò potrebbe tradursi in un inasprimento delle condizioni di finanziamento che sarebbe “prematuro e rappresenterebbe un rischio per la ripresa economica in atto e le prospettive di inflazione”.
Proprio a proposito dei prezzi i tecnici dell’Eurotower sottolineano che l’indice dell’area è aumentato negli ultimi mesi “principalmente a causa di effetti base, fattori transitori e un incremento dei prezzi dell’energia”, e la tendenza continuerà nella seconda metà dell’anno, ma che le previsioni indicano “un aumento graduale” nell’orizzonte di medio periodo.
In ogni caso, a Francoforte si studia il piano B. Secondo Sebastian Schmidt, economista senior della divisione politica monetaria della banca centrale, per l’inflazione bisogna prevedere un whatever it takes fiscale. In un articolo del bollettino di ricerca della Bce, Schmidt osserva che con la politica monetaria arrivata al limite nel tagliare i tassi d’interesse, la ‘via di fuga’ per sfuggire a una trappola di bassa inflazione, evitando quanto accaduto in Giappone, è la politica di bilancio, in grado di influenzare l’attività economica e l’inflazione, e attivabile perché “la spesa pubblica non è vincolata allo stesso modo i cui lo sono i tassi d’interesse”.
L’articolo ipotizza, quando i tassi sono arrivati al minimo, un aumento della spesa pubblica “di qualsiasi dimensione necessaria” per sostenere la fiducia del settore privato. Per farlo nell’area euro, dove la politica fiscale resta decentrata, secondo l’autore “prevenire una trappola auto-avverante di bassa inflazione può essere un motivo in più per creare una capacità di bilancio centralizzata in Europa”.
Intanto, però, stando al bollettino, la situazione per ora non desta particolare allarme. L’economia dell’area euro sta infatti gradualmente ripartendo ed è atteso un “netto miglioramento nella seconda metà del 2021, via via che i progressi nelle campagne di vaccinazione consentono di allentare ulteriormente le misure di contenimento”. Certo, sottolineano da Francoforte, “allo stesso tempo permangono incertezze”, in particolare ovviamente il diffondersi delle varianti del virus, le cui implicazioni per le condizioni economiche e finanziarie “continuano a rappresentare una fonte di rischi al ribasso”.
Secondo le proiezioni, l’attività dell’Area dell’euro dovrebbe tornare a crescere nel secondo trimestre del 2021 e, sospinta da una netta ripresa dei consumi privati e da una riduzione delle attuali interruzioni delle catene di approvvigionamento, mostrerebbe una forte ripresa nella seconda metà dell’anno, consentendo al Pil in termini reali di superare il suo livello precedente la crisi a partire dal primo trimestre del 2022. Inoltre, tra il 2021 e il 2023 la combinazione di sovvenzioni e prestiti connessi con Next Generation Eu dovrebbe fornire uno stimolo aggiuntivo pari a circa lo 0,5% del Pil all’anno.
E a questo proposito, le politiche di bilancio nazionali, avvertono da Francoforte, dovrebbero continuare a fornire sostegno essenziale e tempestivo alle imprese e alle famiglie maggiormente esposte alla pandemia in corso e alle misure di contenimento associate. “Allo stesso tempo – si precisa -, gli interventi di bilancio dovrebbero rimanere temporanei e anticiclici, assicurando altresì che siano sufficientemente mirati da rimediare efficacemente alle vulnerabilità e di sostenere una rapida ripresa dell’economia dell’area dell’euro”.
Quanto agli istituti di credito, anche se le banche hanno continuato ad aumentare la loro capacità di assorbimento delle perdite nel quarto trimestre del 2020 aumentando la capitalizzazione, l’aumento del rischio di credito e la bassa redditività potrebbero ridurre la loro capacita di offrire credito. “Come emerge dall’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro di aprile 2021 – sottolinea l’Eurotower -, nel primo trimestre di quest’anno le banche hanno nuovamente inasprito i propri criteri di concessione dei prestiti (seppure solo a favore delle imprese e in misura più contenuta rispetto ai due trimestri precedenti), riflettendo un’accresciuta percezione del rischio e una diminuzione della propensione a tollerarlo, dovute alla pandemia”.
Infine, un accenno ai corsi azionari, rispetto ai quali la Bce non vede segnali evidenti di sopravvalutazione. “Sono aumentati su entrambe le sponde dell’Atlantico – si legge -, raggiungendo massimi storici negli Stati Uniti, sulla scia delle maggiori aspettative di crescita degli utili e dei tassi di sconto rimasti su livelli relativamente bassi. Nell’area dell’euro i corsi azionari sono aumentati in un contesto di tassi di sconto persistentemente bassi e, in particolare, di una forte ripresa delle aspettative di crescita degli utili societari. Tuttavia i mercati azionari continuano a indicare una ripresa disomogenea tra settori e paesi” e “nel contempo, non vi sono segnali evidenti di sopravvalutazione o assunzione di rischi eccessivi”.
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