Streaming, cloud e gaming: chi vince contro l’epidemia (e nel lungo periodo)
La quarantena globale accelera la domanda di nuove tecnologie e premia le aziende che credono in questo trend secolare. Ecco cosa pensano i gestori
4,30 min
La poca chiarezza nei negoziati, la debolezza della sterlina e l’incertezza causata dall’epidemia Covid19 hanno lacerato il sentiment degli investitori stranieri verso l’economia della Gran Bretagna.
Dopo più di quattro anni dal referendum con cui i cittadini britannici hanno chiesto di uscire dall’Unione europea (Brexit) e malgrado i legami siano stati ufficialmente interrotti a gennaio, le due parti devono ancora costruire il loro nuovo rapporto in molti settori prima della scadenza di fine anno, tra i quali il commercio, l’immigrazione, il confine irlandese, i diritti dei cittadini e l’accesso alla pesca.
“Al momento non vedo alcuna possibilità di firmare un accordo. L’ambiente tossico di Westminster ha spinto l’Ue in una posizione passivo-aggressiva. Il problema principale è che non resta molto tempo prima della scadenza del termine, quindi è praticamente impossibile che venga raggiunto un accordo. Se Bruxelles e Londra trovassero un modo legale per estendere il periodo di transizione, le possibilità di raggiungere un accordo aumenterebbero. Tuttavia, anche questa opzione sembra remota a causa delle molteplici disposizioni di legge che rendono quasi impossibile una proroga”, sintetizza Ludovic Colin, head of global flexible bonds di Vontobel Asset Management.
In caso di un mancato accordo, entro la fine dell’anno il Regno Unito uscirebbe dall’Unione Europea in modo unilaterale senza garantirsi un accesso privilegiato al mercato unico. Questa prospettiva, secondo gli analisti, sarebbe stata causa di un gran numero di conseguenze economiche e logistiche negative per moltissimi settori, vista anche la grande integrazione delle catene del valore sulle due sponde della Manica.
Per Colin la situazione economica del Regno Unito dopo il Covid19 è una delle peggiori nei paesi sviluppati. “Aggiungete alcune dure barriere commerciali con il suo partner più importante e avrete un quadro terribile. L’Ue sarà meno colpita da una hard Brexit, e quindi la conseguenza è ovvia: tassi negativi nel Regno Unito, una crisi della sterlina inglese e una massiccia sottoperformance delle attività legate al Regno Unito”.
“A nostro avviso, le trattative continueranno probabilmente fino agli ultimi giorni dell’anno, anche se i leader di entrambe le parti hanno fissato diverse date per chiudere un accordo nelle prossime settimane. Gli sviluppi sulla Brexit rimangono estremamente mutevoli ed entrambe le parti stanno opponendo resistenze alle richieste dell’interlocutore. In assenza di un’intesa entro la fine dell’anno, l’aspetto forse più importante – ossia il commercio – violerebbe le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC)”, spiega David Zahn, head of european fixed income.
“Il nostro punto di vista è che un’eventuale uscita senza accordo rappresenterebbe principalmente un rischio specifico per gli asset britannici e, in uno scenario estremo, un rischio per la tenuta politica dell’Ue. Nel contesto attuale entrambi i rischi sono sfumati dalla recessione globale, che potrebbe diluire gli effetti specifici anche di una Brexit dura, almeno nel breve. Tuttavia, non si può escludere che questo fattore guadagni rilevanza nelle prossime settimane tra le preoccupazioni degli operatori causando volatilità su alcune asset class. Per quanto riguarda i portafogli, crediamo che il nostro approccio diversificato contribuirà a tenere sotto controllo questo fattore di rischio”, si legge in una comunicazione a cura di Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm.
Ecco perché investire in titoli britannici è diventato molto rischioso. “Dal mio punto di vista – dice Colin di Vontobel Am –, a parte alcuni nomi specifici, le aspettative di crescita del Regno Unito in combinazione con una potenziale Brexit no-deal rendono i nomi britannici troppo rischiosi rispetto ad altre aree geografiche. Tuttavia, se i mercati iniziassero a fissare i prezzi con un premio di rischio più elevato sui nomi britannici, prenderei in considerazione l’ipotesi di andare selettivamente a lungo, a condizione che anche il costo della copertura valutaria diminuisca”.
Dal punto di vista valutario, conclude il fund manager, “preferisco vendere sterline contro euro piuttosto che contro dollari per diminuire il rischio. Ma se gli investitori temono una Brexit senza compromessi, dovrebbero essere sottopesati in sterline fino a fine anno”.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.