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Per Davide Gatti, head of Retail and Private Division di ANIMA Sgr, puntare sul monoprodotto, anche nel caso si tratti del Btp, significa per l’investitore conservare una concentrazione ancora troppo alta di rischio in portafoglio. La soluzione resta una asset allocation diversificata
Se il risparmiatore finale e il consulente finanziario, o il consulente stesso e il banker, interloquiscono in maniera migliore sulle scelte di investimento, per Davide Gatti, head of Retail and Private Division di Anima Sgr, è grazie all’evoluzione del mondo digitale. E non si tratta di un dettaglio da poco se si fa riferimento a una crisi epidemica come quella da Covid-19, durante la quale l’impossibilità di muoversi è stata attutita dalla possibilità di comunicare tramite la tecnologia. “Le altre crisi di mercato hanno portato dei movimenti molto più rilevanti rispetto alle ultime due crisi che abbiamo vissuto” fa notare Gatti, che fa risalire il merito di tale ammortizzamento all’avvento del digitale che ha permesso di non fermarsi totalmente, aiutando inoltre a creare un cliente più consapevole. Anche se al momento si ritrova di fronte ad un nuovo momento di crisi, ed è ammaliato dal comparto obbligazionario che ritorna a brillare, Gatti avvisa: “la soluzione migliore per il cliente resta la diversificazione”.
I mercati negli ultimi due anni hanno vissuto due momenti di crisi differenti. Il primo, che coincide con la pandemia da Covid-19, ha evidenziato l’esigenza di irrobustire il mondo digitale. Cosa è cambiato nel rapporto con il cliente? Quali innovazioni hanno attraversato la crisi per restare e di quali torneremo a fare a meno?
Quando parliamo di cliente, come società di produzione, pensiamo ai banker e a chi fa consulenza al cliente finale, anche se abbiamo un occhio di riguardo per il risparmiatore. La novità digitale l’abbiamo ritrovata all’interno della comunicazione. Siamo passati da una modalità totalmente fisica, a una in cui formazione, informazione e tutte quelle attività che fanno parte del “riscaldamento delle reti” sono diventate completamente digitali. È stata un’innovazione che ha portato enormi vantaggi alle case di produzione, perché possono comunicare in tempi molto rapidi eventuali news o approfondimenti di prodotto. Questo è stato sicuramente il cambiamento più forte che sono convinto resterà.
Lato banker quindi il digitale che peso ha nella scelta del prodotto da acquistare?
Prima del digitale per il cliente finale l’unico punto di accesso era il proprio consulente, e per il consulente gli unici momenti di connessione erano i roadshow. Adesso il digitale si pone come punto di forza. Entrambi i protagonisti prima di affrontare un investimento hanno la possibilità di informarsi tramite il web e presentarsi a un momento formativo con il consulente (nel caso del cliente finale, ndr) o con il banker (nel caso del consulente finanziario, ndr) con un bagaglio di informazioni molto più solido. Questo ha permesso una migliore esperienza sia di dialogo che di investimento.
Quindi il digitale ha portato ad avere degli interlocutori più consapevoli?
Sicuramente. Lo vediamo anche osservando gli ultimi dieci anni. Le altre crisi di mercato hanno portato dei movimenti molto più rilevanti rispetto alle ultime due crisi che abbiamo vissuto. Si tratta del frutto di tutta l’informazione, dell’attività di educazione finanziaria che è stata fatta e che in qualche modo ha lasciato il segno.
Un buon risultato quindi.
Certo perché l’investimento nel risparmio gestito non è un investimento da market timing. Ci vuole la consapevolezza del proprio orizzonte temporale, del proprio profilo di rischio. Nell’arco della vita di un portafoglio bisognerebbe cambiare la propria asset allocation al massimo cinque volte.
La seconda crisi che invece i mercati stanno vivendo è più profonda, quella relativa all’inflazione, all’energia e al conflitto in seno all’Europa. Perché ritenete alla luce di tali eventi che Anima Alto Potenziale Europa possa essere un buon prodotto per l’investitore in questo momento storico?
Si tratta di un prodotto che ha il vantaggio di investire in azioni europee con estrema flessibilità. Quando parliamo di flessibilità ci riferiamo alle manovre che può compiere il gestore con l’esposizione, portandola a zero se ritenesse ad esempio che non ci siano delle condizioni in linea con le aspettative del cliente. All’interno di questo strumento, che è un fondo comune di investimento che non ha dei tagli minimi di accesso, è possibile investire con un team con più di vent’anni di esperienza sul mercato e una capacità di gestire l’asset allocation in modo dinamico. Tale strategia del gestore ha contenuto la volatilità degli ultimi tre anni permettendo rendimenti alti che si sono aggirati attorno al 6% annuo.
Un’altra conseguenza di tale scenario è il ritorno all’obbligazionario. Cosa è cambiato per l’investitore italiano? Prevedete un abbandono dei fondi per un ritorno ai titoli di Stato?
È vero, quest’anno abbiamo visto un grande ritorno dell’obbligazionario nel portafoglio dei clienti. Si tratta della novità più interessante degli ultimi anni. Riscontriamo nei clienti la tentazione di tornare al monoprodotto, ma riteniamo che la soluzione per il cliente sia individuare il proprio orizzonte temporale e costruire una diversificazione adeguata al proprio portafoglio. Investire su un singolo emittente, anche se si tratta del Btp, la migliore emissione a disposizione in Italia, significa mantenere una concentrazione di rischio ancora molto alta all’interno del portafoglio. Con un fondo di investimento è possibile avere lo stesso tipo di rendimento del Btp, o circa, ma con un rischio decisamente più basso. Credo che la consulenza in questi anni abbia fatto un ottimo lavoro nel promuovere questo tipo di approccio.
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