Debito globale, allarme FMI: al 93% del PIL quest’anno
Supererà i centomila miliardi di dollari. E nel 2030 arriverà al 100%. Necessario un aggiustamento del 3-4,5% del PIL ogni anno. “Ritardare richiederà un intervento più ampio”
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Una pausa, non uno stop. Con altri due probabili aumenti dei tassi da qui a fine anno. Come atteso dai mercati, la Federal Reserve per la prima volta in quindici mesi si concede un’interruzione momentanea nella stretta monetaria e lascia il costo del denaro fermo tra il 5% e il 5,25%. Ma la guerra contro l’inflazione è tutt’altro che vinta, il target del 2% resta lontano e la previsione dell’istituto centrale è che nel 2023 i tassi a stelle e strisce possano salire ancora di mezzo punto percentuale. Mentre per eventuali tagli si dovrà attendere almeno il 2024.
L’obiettivo della pausa, come pronosticato dalla maggior parte degli analisti alla vigilia, è infatti quello di consentire al Fomc, il comitato di politica monetaria, di “valutare le informazioni in arrivo e le loro implicazioni”. Una decisione presa all’unanimità, con quasi tutti i governatori che giudicano necessari entro fine anno nuovi rialzi.
Il comunicato diffuso al termine della due giorni di riunione parla infatti di prezzi ancora “elevati” e le dot plot, le tabelle allegate ogni tre mesi allo statement, riportano la stima di tassi al 5,6% alla fine di quest’anno (mezzo punto sopra l’attuale livello) e al 4,6% il prossimo. A marzo il picco era al 5,1%. Nel lungo periodo, la previsione è di un costo del denaro al 2,5%.
“Future azioni dipenderanno dall’impatto della stretta e dagli sviluppi economici e finanziari”, spiegano i banchieri, che dunque non danno per scontato l’ulteriore ritocco e assicurano di essere pronti a rivedere la politica monetaria se dovessero emergere i rischi tali da impedire il raggiungimento degli obiettivi della stabilità dei prezzi e della massima occupazione. Stesso concetto ribadito dal presidente Jerome Powell in conferenza stampa. “Restiamo fermamente impegnati a portare l’inflazione al target del 2%”, ha spiegato il numero uno della banca centrale americana, sottolineando come i rischi sono ancora al rialzo. “Vogliamo vedere prove tangibili” di un calo dei prezzi e la “strada è ancora lunga”, ha ripetuto. Liquidando di nuovo come “inappropriato” ipotizzare tagli quest’anno: “Parliamo di un paio di anni”, ha scandito.
Intanto l’economia americana continua a mostrarsi resiliente. I banchieri centrali hanno infatti migliorato nettamente le stime di crescita per quest’anno, all’1,0% dallo 0,4% stimato a marzo, e limato quelle per i due anni successivi (+1,1% nel 2024 e +1,8% nel 2025). Il tasso di disoccupazione è atteso ora al 4,1% nel 2023 (dal 4,5%) e al 4,5% il prossimo anno, mentre l’inflazione calerà prima al 3,2% (3,3% la stima precedente) e poi al 2,6%, per arrivare al 2,1% nel 2025.
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