Gli analisti mettono in guardia dal “richiamo” dell’European Chips Act. Ubp: “A essere favorita sarà ancora la taiwanese Tsmc. Guardare solo a player Ue già affermati o ad eccellenze di filiera come ASML e ARM Holding”. Bain: “Attenzione al tema dei costi”
Un fiume di risorse per il settore dei chip europei. Bruxelles ha varato lo European Chips Act puntando 50 miliardi per tentare si emancipare il Vecchio Continente dalla dipendenza asiatica. Un intento con obiettivo lungo (2030) che potrebbe portare gli investitori a posizionarsi sul settore e in particolare sui player europei.
Gli analisti interpellati da FocusRisparmio mettono però in guardia dalle “sirene” legate al progetto Ue. “Quella dei chip – spiega Gianluca Di Loreto, partner Bain & Company – è una filiera molto complessa, che coinvolge Paesi di continenti diversi. Anche se i materiali di base ed i macchinari sono dislocati geograficamente, la maggior parte della lavorazione dei processori (wafer) e dei device che li utilizzano è concentrata a Taiwan, in Cina ed in Corea del Sud. Se consideriamo che un solo produttore, a Taiwan, domina più del 50% del mercato dei chip sotto i 40 nanometri (ovvero quelli di tecnologia superiore, utilizzati ad esempio negli smartphone), è facilmente comprensibile come mai l’Europa non giochi ad oggi un ruolo rilevante in questa partita. Investire nella produzione europea di chip significa quindi sviluppare, quasi da zero, un’intera filiera. E questo significa non solo sviluppare impianti, siti di produzione e processi, ma innanzitutto investire nelle competenze tecnologiche, ad oggi ancora non del tutto disponibili nel Vecchio Continente, per gestirli”.
Fares Benouari, senior portfolio manager di UBP
Inoltre, come sottolinea Fares Benouari, senior portfolio manager di UBP “il confronto con Stati Uniti, Cina e Corea del Sud, che dovrebbero spendere rispettivamente 52 miliardi di dollari entro il 2026, 150 miliardi di dollari entro il 2025 e 450 miliardi di dollari entro il 2030, è impietoso”.
Di conseguenza, per l’Ue non sarà facile aumentare drasticamente la propria quota di mercato nell’industria dei semiconduttori e il suo programma di stimoli rafforzerà i player già affermati piuttosto che creare nuovi campioni locali.
“Un beneficiario diretto del Chips Act dell’Ue è il colosso taiwanese TSMC, che è già in trattative con l’Ue per rafforzare la propria presenza in Paesi come la Lituania” spiega Ubp.
Così, guardando solo all’Europa, “crediamo che abbia più senso investire in aziende leader affermate piuttosto che in attori più deboli, che possono beneficiare solo indirettamente del Chips Act”, aggiunge Ubp. Tra i leder europei ci sono l’italo francese Stm e la tedesca Infineon.
Fortunatamente, ci sono due aree in cui l’Europa può vantare dei campioni nell’industria dei semiconduttori: ASML, che detiene il monopolio negli strumenti di litografia all’avanguardia usati per stampare disegni nanometrici sui wafer di silicio, e ARM Holding, player dalla posizione ultra-dominante nell’architettura per la progettazione di chip, fondamentale per rendere compatibili e funzionali chip diversi.
“La prima – spiega Ubp – ha subito un forte deprezzamento da inizio anno in concomitanza con la forte rotazione settoriale innescata da inflazione e tassi d’interesse più alti del previsto; la seconda, dopo lo stop all’acquisizione da parte di Nvidia, è ancora di proprietà di Softbank. Tuttavia, noi seguiremo con attenzione una possibile IPO nel corso del prossimo anno”.
Per Carlo De Luca, responsabile del team di asset management di Gamma Capital Markets, al netto del Chips Act, “è il momento ideale per i microchip, che sono un po’ scesi in correzione e hanno un p/e tra 10 e 20. I chip sono fondamentali per tutto il comparto auto e l’IoT. Ci sono tantissime società americane con p/e molto contenuti e che permettono di entrare nel settore con valutazioni basse e flussi di cassa certi”.
Bain solleva poi il tema dei costi. “Uno stesso chip, se prodotto in Europa, avrà dei costi comunque superiori rispetto ad uno prodotto in Asia. Dobbiamo quindi diversificare gli investimenti e concentrare la competizione su prodotti ad alto valore aggiunto (ad esempio device tecnologici e dei semilavorati che utilizzano questi chip), puntando sull’eccellenza tecnologica”.
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