Conversazione con Massimo Fuggetta di Bayes Investments, la società advisor del fondo che nel 2021 si colloca in cima alle classifiche per performance nella categoria Morningstar Azionario Italia
Massimo Fuggetta, chief investment office di Bayes Investments
Fra i migliori prodotti azionari disponibili alla distribuzione presso gli investitori retail del nostro Paese nel 2021 si è distinto il fondo Atomo – Made in Italy Fund con una performance che lo colloca fra i migliori fondi della categoria Morningstar Azionario Italia anche su orizzonti temporali anche più lunghi.
Abbiamo chiesto a Massimo Fuggetta, chief investment office della società Bayes Investments, che fa da advisor al fondo Made in Italy di spiegarci i segreti della strategia e il posizionamento per il 2022.
Qual è e come si articola il processo di investimento e selezione dei titoli in portafoglio? Come fronteggiate i rischi?
Il fondo è investito in circa trenta titoli di società italiane Small Cap quotate, per le quali riteniamo che il valore fondamentale sia largamente superiore al loro prezzo di mercato. Il portafoglio è normalmente pienamente investito, ma in casi eccezionali ci riserviamo la possibilità di usare strumenti derivati al fine di proteggere il valore del portafoglio da eventi esogeni.
Quali sono i titoli azionari che hanno permesso le performance del 2021? Qual è il tasso di turnover dei titoli in portafoglio e qual è l’holding period medio?
Il 2021 è stato per noi un anno straordinario, di cui siamo ovviamente molto soddisfatti. Salvo poche eccezioni, tutti i nostri titoli hanno registrato ottime performance, a cominciare da quelli quotati sul mercato ex AIM, su cui avevamo concentrato gran parte del portafoglio nel corso dei due anni precedenti. Ad esempio, Doxee, EdiliziAcrobatica, Reti e Sebino, il cui prezzo di mercato è duplicato o triplicato. Il nostro portafoglio ha un turnover molto basso, derivante da un processo di investimento basato su valutazioni di lungo periodo. Siamo investitori pazienti – il contrario dei traders. Alcuni dei nostri titoli sono in portafoglio da quando abbiamo lanciato il fondo nel 2016.
Quali aspettative e quali rischi incombono sul 2022?
È facile prevedere che il 2022 non sarà così formidabile, anche se è una previsione che mi piacerebbe vedere smentita. Ma crediamo che sarà ancora un anno molto positivo per le small cap italiane. Come sempre, ci saranno da fronteggiare periodi di volatilità – il primo a breve, specifico per l’Italia, è potenzialmente l’elezione del Presidente della Repubblica, che speriamo tutti si risolverà nel migliore dei modi, evitando figuracce. Gli ultimi cinque anni sono stati difficili – dal pericolo di Italexit nel 2018 alla pandemia del 2020. Ma, malgrado le varie asperità, il fondo ha più che raddoppiato il suo valore. Crediamo di poter fare anche meglio nei prossimi cinque anni, in cui chi investe nel nostro fondo, che è Pir compliant, ha l’ulteriore vantaggio di poter risparmiare l’imposta sul capital gain, che al 26% su un rendimento cumulato di cinque anni è una somma molto rilevante.
Quali le opportunità di crescita per Pmi quotate su Borsa Italiana derivanti dal Pnrr?
Il Pnrr rappresenta una grande opportunità per molte delle nostre società, a cominciare da quelle tecnologiche e digitali, come le menzionate Doxee e Reti, e quelle attive nel campo delle infrastrutture e della cybersecurity, come Intred, CY4Gate e Vantea Smart.
Parliamo di pregi e difetti delle nostre small cap; quali iniziative per promuovere una maggior cultura del capitale di rischio fra le Pmi sono state prese e quali servirebbero, perché?
Il mercato azionario italiano è sempre stato ed è tuttora piccolo rispetto alla dimensione dell’economia nazionale, con un numero di aziende quotate nettamente inferiore a quello di paesi simili, come Francia e Germania, per non parlare del Regno Unito. Ma negli ultimi anni il numero di società arrivate alla quotazione è notevolmente cresciuto ed è anzi in accelerazione, anche grazie allo sforzo concentrico da parte della pubblica amministrazione, che ha introdotto importanti incentivi fiscali, di Borsa Italiana, che ha svolto un ottimo lavoro di educazione e assistenza, e degli operatori di mercato, che hanno coadiuvato a vario titolo il processo di quotazione. Manca tuttavia un ulteriore importante tassello. Il numero di fondi come il Made in Italy Fund, focalizzati sulle small cap italiane, è molto limitato, e quindi limitata è la domanda naturale di small cap da parte di investitori professionali. Il motivo fondamentale è che è difficile per il risparmiatore italiano investire in fondi come il nostro, anche se il fondo è listato sul mercato ATFund di Borsa Italiana e quindi, in teoria, di accesso immediato. Invece l’acquisto di quote del fondo – anche su piattaforme primarie – non è disponibile. Quindi un risparmiatore, che può comprarsi in libertà tutti i titoli che vuole, inclusi i più rischiosi, se vuole invece comprare un fondo, regolato e meno rischioso, non può. Questo è un paradosso che richiederebbe un intervento legislativo, nonché la moral suasion di Assogestioni, nell’interesse dei risparmiatori e delle società di gestione che l’associazione rappresenta.
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