Bce, Lagarde resta un’“incrollabile” colomba
Ocse: inflazione al top da 25 anni. Ma Lagarde non si discosta dalla linea accomodante. Lane: “Altamente improbabile un rialzo dei tassi nel 2022”
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L’inflazione calerà, e Lagarde non ha alcuna intenzione di seguire Powell. Nel giorno in cui Eurostat conferma che l’indice dei prezzi dell’Area euro ha toccato il 5% a dicembre scorso, il top da 25 anni, la Bce ribadisce che la strada è segnata. Poco importa se a novembre il tasso si inflazione era al 4,9% e un anno prima al -0,3%, all’Eurotower non hanno dubbi che i prezzi si stabilizzeranno per poi scendere nel corso del 2022. O perlomeno, non hanno dubbi le colombe.
Per l’Eurotower comunque l’inflazione nella zona euro resta attesa al 3,2% nel 2022. Per questo, come scandito stamattina su radio France Inter, la presidente Lagarde esclude un cambiamento della politica monetaria nel breve termine. Di fatto, ha spiegato, “consideriamo che durante il 2022, i prezzi si stabilizzeranno e caleranno gradualmente nel corso dell’anno”, anche perché le strozzature nelle catene di approvvigionamento globali “finiranno per risolversi”. E il calo dovrebbe proseguire nel 2023 e nel 2024.
Per la numero uno dell’Eurotower, un innalzamento dei tassi come prevede la Federal Reserve negli Usa avrebbe conseguenze nefaste nel Vecchio Continente. “Il ciclo della ripresa economica negli Stati Uniti è più avanti che in Europa. Quindi abbiamo ogni motivo per non agire in un modo così rapido e aggressivo come quello che si immagina farà la Fed”, ha assicurato. “Auspico che la politico monetaria sia un ammortizzatore della crisi e soprattutto non un freno alla crescita”, ha aggiunto, precisando di essere sempre pronta ad agire “se i dati ce lo richiedessero”.
Ma qualcosa all’Eurotower comincia a muoversi. Come emerge infatti dalle minute della riunione del 15 e 16 dicembre appena rese note, il board appare ormai spaccato. “Alcuni membri – si legge nei verbali – hanno mantenuto riserve su alcuni elementi del pacchetto proposto” così da “non poter sostenere il pacchetto complessivo”. Le riserve in questione riguardano, “in particolare, la ricalibrazione degli acquisti del Paa e l’estensione del periodo minimo di reinvestimento del Pepp, nonché la dichiarazione sulla flessibilità negli acquisti futuri di asset oltre i confini delle circostanze specifiche dell’attuale pandemia”.
Una spaccatura insomma, che comincia a pesare sempre di più tra la linea ultra-accomodante, che resta prevalente, e un’altra sempre più convinta che “i modelli calibrati su dati pre-pandemici potrebbero non essere adatti a cogliere importanti cambiamenti strutturali o un potenziale passaggio da un regime di inflazione più basso a uno più elevato”. E che oltretutto fa notare come “nella percezione pubblica le ripetute sottovalutazioni dell’inflazione siano probabilmente più problematiche delle sopravvalutazioni poiché il pubblico è generalmente meno preoccupato se l’inflazione effettiva risulta inferiore del previsto”.
Per questo anche se il Consiglio direttivo ha messo in luce che i suoi scenari di base elaborati si fondano su un netto calo dei prezzi dell’energia nell’orizzonte di proiezione e su “contributi dei prezzi dell’energia all’inflazione complessiva nel 2023 e nel 2024 ben al di sotto dei livelli medi storia”, nei verbali è messo nero su bianco che “è stato avvertito che non si può escludere uno scenario di inflazione più elevata più a lungo”.
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