Debito emergente in valuta locale, tre ragioni per essere ottimisti
Banche centrali, ricerca di rendimento e basse valutazioni favoriscono l’asset class. Ma è importante diversificare. La view di SPDR ETFs
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Ci risiamo: una nuova crisi torna a scuotere l’Argentina. Tutto è partito dall’inaspettato risultato delle primarie di metà agosto, che hanno portato un vantaggio di 15 punti al peronista Alberto Fernándes, rivale dell’attuale presidente Mauricio Macri. Quest’ultimo gode dell’apprezzamento degli investitori per il suo approccio market-friendly, mentre la possibile vittoria del suo avversario spaventa i mercati soprattutto alla luce del possibile ritorno in auge della sua alleata, l’ex presidentessa Cristina Fernandez de Kirchner, che durante i suoi due mandati tra il 2007 e il 2015 si è al contrario distinta per politiche interventiste e chiusura agli investimenti esteri. Il risultato ha quindi portato a un pesante crollo del peso argentino (che ha perso oltre un quarto del suo valore contro il dollaro nel mese di agosto e ha zavorrato le altre valute emergenti) e delle obbligazioni governative.
“La fuga degli investitori offshore, ma soprattutto di quelli locali, ha forzato la Banca Centrale dell’Argentina a bruciare 13 miliardi di dollari di riserve di valuta estera per evitare che il peso crollasse fino ad essere fuori controllo, con implicazioni non solo per l’inflazione ma anche per il rapporto debito/Pil dell’Argentina”, commenta Delphine Arrighi, gestore del fondo Merian Emerging Market Debt di Merian Global Investors. Il presidente Macri è stato inoltre costretto a imporre una serie di controlli sulla circolazione dei capitali. Ma quello che fa più paura, in un Paese che ha già fatto default, sono le prospettive di continuità delle politiche economiche nel caso in cui l’opposizione vada al potere, e in particolare la volontà da parte della nuova amministrazione di ripagare il debito.
“Il brusco ma necessario aggiustamento del deficit fiscale e di quello delle partite correnti, portato avanti dall’amministrazione Macri nel corso dell’ultimo anno di mandato si è dimostrato essere troppo gravoso per gli argentini”, argomenta Arrighi. Questo è il motivo per cui la popolazione ha spostato il sostegno verso il candidato moderato peronista Fernández, “le cui promesse elettorali al momento mirano a un target più ampio di deficit fiscale e alla ristrutturazione del debito estero”, spiega l’esperta. Eppure, il trauma dei diversi default è ancora presente, e gli scossoni di agosto hanno già diffuso il panico, spingendo molti a ritirare rapidamente i depositi. E innescando un pericoloso circolo vizioso. “Questo panico ha reso il meccanismo di trasmissione della politica monetaria totalmente inefficace, come abbiamo visto l’anno scorso, e ha pesato sulla valuta. Tuttavia, più debole è la valuta, più elevato è il rapporto debito/Pil del Paese che, a sua volta, ostacola la ripresa nel valore dei suoi bond denominati in dollari”, sottolinea Arrighi.
Dato che le riserve di valuta estera sono limitate, e in rapida diminuzione, per ripagare il debito il governo è stato costretto a mettere i controlli sui capitali, che almeno aiutano a tenere il Paese a galla, sebbene abbiano effetti distorsivi. “Alla luce di ciò, tali misure sono benvenute, finché restano targettizzate e temporanee. Questa strategia dovrebbe anche innescare una discussione più ordinata sul tema della ristrutturazione del debito estero con i detentori dei bond e il Fmi, che dovrebbe essere più incline a erogare la prossima tranche nel corso delle settimane a venire, su garanzia che tali finanziamenti non verranno utilizzati per facilitare fughe di capitale”, afferma Arrighi.
Per capire quale sia l’outlook di lungo periodo del Paese occorrerà certamente aspettare di vedere le mosse della prossima amministrazione. E quindi ci vorrà del tempo anche per farsi un’idea delle possibili ripercussioni della crisi argentina sulle asset class dei Paesi emergenti. Ma c’è chi mantiene un moderato ottimismo al riguardo. Per esempio, il team Multi Asset di Milano di Gam Sgr sottolinea che il crollo dei prezzi delle obbligazioni argentine ha avuto ripercussioni tutto sommato contenute sull’asset class del debito emergente in valuta forte. “L’allargamento dello spread verso il Treasury avvenuto in agosto è stato causato per la maggior parte dal rally del governativo americano e solo in subordine dal contagio della crisi argentina”, osservano gli esperti di Gam. Inoltre, i prezzi attuali incorporano già gli effetti di una pesante ristrutturazione. Quindi, concludono, in un momento in cui i rendimenti sono bassi ovunque “i fondamentali del debito emergente nel proprio complesso rappresentano un’interessante combinazione rischio/rendimento”e l’asset class continua “a meritare spazio all’interno di un portafoglio ben diversificato”.