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Tra rallentamento della crescita e stretta normativa, Pechino sta creando allarme sui mercati. Ma per gli addetti ai lavori non è il momento di scappare: meglio essere selettivi
Ultimamente Xi Jinping ha creato più di qualche tensione sui mercati. Non che Pechino sia in genere fonte di certezze e di stabilità per gli investitori, ma nelle ultime settimane i provvedimenti adottati o solo annunciati dal governo hanno scatenato un deciso sell-off. Molti gestori però sono convinti che non c’è da allarmarsi, che la reazione degli operatori alle recenti normative sia eccessiva e che, soprattutto, non è il momento di ridurre indiscriminatamente i titoli del Dragone in portafoglio: meglio essere selettivi. Pechino infatti non ha alcuna intenzione di affossare le aziende domestiche (molte delle nuove regolamentazioni dovrebbero avere un impatto limitato), ma sta cambiando gli obiettivi di crescita.
“L’Indice Msci China ha perso oltre il 30% dopo che il Presidente Xi ha annunciato grandi cambiamenti nel modo in cui alcune società saranno regolate – osserva Robin Parbrook, co-head of asian equity alternative investments di Schroders -. Infatti, la gran parte di esso è avvenuto negli ultimi due o tre mesi, quando in Cina si è realmente cominciato a discutere del funzionamento del mondo dell’istruzione, con l’obbligo per il settore del tutoring doposcuola di operare senza scopo di lucro. Questo sviluppo ha rappresentato un campanello d’allarme per gli investitori in riferimento ai rischi normativi in Cina”.
Per l’esperto Schroders gli annunci fatti dal presidente in questo periodo sulla prosperità comune, il progresso, la mobilità sociale, non sono cosa nuova: ciò che ha sorpreso gli investitori è stata piuttosto la a velocità con sui si è mosso per regolare molti settori chiave, in particolare in quello di internet. Difficile dunque prevedere cosa accadrà di qui in poi. “Probabilmente abbiamo passato il momento peggiore, ma il rimbalzo potrebbe essere lieve guardando avanti – afferma Parbrook -. Inoltre, assisteremo probabilmente a ulteriori annunci, soprattutto in questi settori. Il Presidente Xi e il Pcc affermano di mirare a una riduzione dei prezzi nel settore immobiliare, così come dei costi in quello sanitario. Siamo abbastanza prudenti su quei settori che rientrano chiaramente nel target degli obiettivi politici che mirano alla prosperità comune”.
In questo contesto, dunque, per l’esperto Schroders conviene fare una buona selezione. “Gli investitori possono acquistare società occidentali con un’alta esposizione verso la Cina, come Louis Vuitton, Nike o Adidas – afferma -. Oppure possono ottenere esposizione alla Cina attraverso le azioni quotate sulla Borsa di Hong Kong, o attraverso le A-share quotate sulle Borse di Shenzhen o Shanghai. O ancora, possono acquistare i titoli delle multinazionali presenti in Cina, come ad esempio Schindler o Kone”. Non solo: ci sono diverse società cinesi molto interessanti che non sono influenzate dai rischi normativi delle società di consumo, in particolare alcune delle aziende di export, e alcune del tech. “Il beta dalla Cina probabilmente ora è relativamente basso, ma restano comunque molte opportunità, dato che il mercato continua a essere inefficiente”, conclude.
Un invito alla calma arriva anche dal Team Global Fixed Income, Currency And Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management, secondo cui anche se il rallentamento della ripresa cinese e le riforme normative avviate da Pechino stanno intaccando la fiducia degli investitori, le politiche di sostegno fiscale e monetario varate dal governo centrale dovrebbero creare un contesto fondamentale favorevole per l’intero segmento dei Mercati Emergenti.
“Riteniamo che la probabile flessione della crescita in Cina nel terzo trimestre sarà verosimilmente temporanea – sottolineano gli analisti – , anche perché, fattore non secondario, la variante Delta sembra aver raggiunto il picco, consentendo quindi all’attività economica di riprendere. Inoltre, le politiche fiscali e monetarie rimangono estremamente accomodanti”.
“Ci attendiamo dalla Banca Popolare Cinese – proseguono – un ulteriore taglio al coefficiente di riserva obbligatorio e ulteriori misure di allentamento, considerato che solo il 51% della quota delle emissioni annuali di titoli di Stato speciali in valuta locale si è concretizzato. Ci attendiamo inoltre un finanziamento delle misure di sostegno all’occupazione e alle infrastrutture, a tutto vantaggio di un proseguimento della crescita. La conferma di questo scenario di base per la Cina e l’avanzamento delle campagne vaccinali secondo i programmi in numerosi paesi dovrebbero creare un robusto quadro fondamentale per i Mercati Emergenti più in generale”.
Malgrado quindi il quadro dei fondamentali possa presentarsi meno positivo di quanto non fosse a inizio estate, per gli esperti il contesto generale degli Emergenti resta quindi perlopiù favorevole. “Se verranno confermate le attese di tassi core bassi ma leggermente in aumento nel trimestre a venire, alcuni segmenti all’interno dei Mercati Emergenti diventeranno interessanti. I titoli di stato cinesi offrono tuttora un carry interessante e anche il debito governativo High Yield in valuta forte dovrebbe offrire non solo carry, ma anche il potenziale per una leggera compressione degli spread”, aggiungono.
Per Monica Defend e Alessia Berardi, rispettivamente global head of research ed head of emerging macro and strategy research di Amundi, la politica di Pechino è destinata a diventare più accomodante, alla luce del rallentamento della dinamica di crescita e dei rischi legati all’inflazione. L’allentamento della politica giungerà dal lato del credito e da quello fiscale, mentre si presume che la banca centrale cinese manterrà un atteggiamento accomodante sulla liquidità senza tagliare i tassi di interesse”, chiariscono.
Per le due esperte nel breve termine Xi Jinping si muoverà lungo tre direzioni principali. “La crescita del Pil continua a rimanere un obiettivo importante – argomentano -. La Cina intende raddoppiarlo entro il 2035 rispetto al 2021: ciò implica che il tasso di crescita del Pil annuo diventerà progressivamente più basso nei prossimi vent’anni, passando dal 5,5% annuo al 4% annuo. Spostarsi verso una crescita di maggiore qualità significa investire nel capitale umano, con una popolazione che, secondo le stime Amundi, raggiungerà il picco nel 2026; la transizione verde in tema di emissioni di carbonio raggiungerà il vertice nel 2030 e ci sarà una canalizzazione più efficiente del credito L’apertura della Cina deve essere garantita attraverso una catena di fornitura indipendente e un mercato finanziario sempre più rilevante dal punto di vista globale (Nuova Via della Seta, internazionalizzazione del renminbi)”.
Il secondo pilastro, secondo Defend e Berardi, riguarda la diffusione della ricchezza, con un aumento della quota del reddito medio attraverso la redistribuzione del gettito fiscale, una riduzione degli squilibri urbani- rurali e regionali e un rafforzamento delle normative, come quelle antimonopolio e anticorruzione.
Infine, i terzo luogo, per sviluppare un meccanismo di credito più efficiente e un mercato finanziario aperto è indispensabile disinnescare i rischi finanziari. “I primi passi sono già visibili nel numero crescente di default: le grandi imprese statali stanno facendo notizia su tutti i media e stanno mettendo a dura prova l’agenda di derisking finanziario. Il modo in cui Pechino gestirà le aziende statali in grave difficoltà, dove il rischio finanziario potrebbe arrivare a livelli sistemici, rivelerà il reale impegno del governo nei confronti della sua agenda e la sua tolleranza al rischio”, concludono le due esperte di Amundi.
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