Finanza alternativa, le pmi italiane incassano 4,23 miliardi
Il 58% in più rispetto allo scorso anno. In testa private equity e venture capital, seguono invoice trading e minibond. Boom del lending
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Colpite sì, ma non affondate. Le pmi italiane hanno resistito nel complesso allo tsunami Covid, tanto che il 35% di loro ha mantenuto invariato il proprio merito creditizio nel 2020. E nel 2021 ci si attende un miglioramento, o comunque stabilità, anche nello scenario negativo. A certificarlo è un’analisi dell’ufficio studi Modefinance, da cui emerge che lo scorso anno, a fronte di un Pil nazionale in contrazione dell’8,6%, “non si è registrato lo spostamento di massa verso le classi di scoring peggiori come CC e CCC”. Dunque le imprese tricolori si sono dimostrate di fatto capaci di superare un periodo di importante difficoltà per l’economia italiana mantenendo inalterata la propria situazione economico-finanziaria.
Da segnalare che, nonostante questo, si è assistito a uno schiacciamento della curva della distribuzione con una minore concentrazione delle aziende nelle fasce centrali (B e BB), a favore sia di quelle a rischio maggiore (da CCC a D), sia di quelle a rischio minore (da BBB in su).
Partendo dalle classi centrali, si evidenzia infatti come la classe di scoring B (considerabile appena al di sotto della sufficienza) abbia registrato un calo di aziende dal 21,48% al 17,55%, mentre la concentrazione di aziende nella classe BB (configurabile come la classe di sufficienza) sia passata da 25,51% al 23,42%. Guardando alle classi di maggiore rischio, intese come quelle che vanno da D a CCC, si può osservare come queste abbiano complessivamente visto aumentare la percentuale di aziende al loro interno dal 10,14% al 12,19%; un aumento contenuto, ma che ha tuttavia riscontrato il principale rialzo all’interno della classe CC (+34,81%), da considerarsi di gravità patologica.
Per quanto concerne infine le classi più sane, cioè quelle da BBB a AAA, queste sono complessivamente passate dal 42,86% al 46,85%. Il maggiore aumento all’interno delle classi sane si è registrato nella classe A, da considerarsi buona, che ha registrato un incremento della concentrazione al suo interno pari al +15,19%.
Un’ultima osservazione può essere fatta sul popolamento della classe D. Questa classe ha vissuto nel triennio 2017-2019 un lieve, ma costante, incremento della percentuale di pmi al suo interno, sebbene contenuto nei numeri, essendo tale percentuale passata dallo 0,13% allo 0,16%. Il 2020 era atteso come un anno di numerosi fallimenti: al contrario, la percentuale di aziende allineate nella classe D è risultata essere lo 0,10%, mostrando pertanto un miglioramento positivo nonostante la pandemia.
L’area d’analisi che ha sicuramente risentito in modo più diretto gli effetti dell’emergenza sanitaria nel 2020 è sicuramente quella della redditività. Dallo studio, che ha analizzato un campione di 89mila aziende con fatturato compreso tra i 2 e i 50 milioni di euro, emerge infatti come il blocco delle attività abbia impattato direttamente sul fatturato e, a cascata, su tutti i margini e i rapporti che rispecchiano la profittabilità.
Il fatturato aggregato è sceso a quota 441,55 miliardi di euro, in contrazione del 33,64% rispetto all’anno precedente Le pmi in perdita sono passate dall’11,7% del totale del campione analizzato al 16,09%. Per il 2021 le stime presentano tre distinti scenari (positivo, neutro o negativo) “a seconda di come venga valorizzata una eventuale crescita di ricavi con effetti più o meno positivi sul merito creditizio del campione analizzato”.
Guardando le matrici di transizione dei casi neutro e positivo, il merito di credito migliora la maggior parte delle volte. Nello scenario neutrale, le imprese nelle fasce centrali mostrano una probabilità di upgrade intorno al 30%, probabilità che invece cala al di sotto del 20% per le classi più fragili. Anche per lo scenario negativo si osserva come le probabilità maggiori siano quelle di mantenere invariata la propria classe di rating, a dimostrare come la crescita stimata del Pil nel 2021 è comunque un ottimo segnale per le imprese per riprendere quel percorso di miglioramento del merito creditizio bruscamente interrotto dalla pandemia di Covid-19.
“I risultati dell’analisi sono incoraggianti – commenta Mattia Ciprian, ceo e co-fondatore di modefinance – e dimostrano ancora una volta come il rating sia, ancor più che una valutazione della qualità economico-finanziaria dell’impresa, un’attestazione della sua resilienza e della sua capacità di reagire in maniera efficace agli impatti macroeconomici. Le pmi italiane già in seguito alla crisi del 2008 avevano intrapreso un percorso fondamentale di autovalutazione e monitoraggio del proprio stato di salute, percorso che ha permesso loro di arrivare più strutturate alla vigilia del 2020 e che va incoraggiato attraverso lo sviluppo di strumenti di auto analisi sempre più avanzati e capillari”.
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