Effetto Covid sui megatrend
L'impatto colossale della pandemia su priorità e abitudini di vita ha accelerato trend già in atto come la digitalizzazione e il cloud. Ma ne ha anche rallentato altri
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Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Giugno – Luglio 2020 |
Il Coronavirus ha accelerato la digitalizzazione e riportato in auge i titoli growth, dati per spacciati dopo un rally lungo dieci anni. “Lo stile growth ha sovraperformato il value in modo schiacciante e regolare: negli ultimi dieci anni un rendimento annuale del 5,8% contro il –1,3% per il value. Fatto 100 il picco di mercato di ottobre 2007, l’indice value in Europa ha più che dimezzato il proprio valore, a 49, mentre il growth è arrivato a 120”, dice a FocusRispamio Lorenzo Gazzoletti, direttore generale di Montpensier Finance.
“Solo in tre sugli ultimi 13 anni il value ha fatto meglio del growth, e sempre di qualche punto percentuale (2009, 2013 e 2016)”. Secondo Gazzoletti sono tre gli elementi per spiegare questa vittoria schiacciante del growth: “la discesa inesorabile dei rendimenti tedeschi a 10 anni che, appiattendo la curva, fortemente correlata con i growth, ha fatto malissimo al value (i tre anni di sovraformance del value sono i soli tre anni di risalita dei tassi in Europa, ndr)”. Il secondo elemento è la mancanza di crescita strutturale nell’economia e nelle aziende in Europa: aziende che assicurino una crescita degli utili sopra il 10% sono sempre più rare nel mondo post Lehman e quindi strapagate dagli investitori. “Ci sono poi – prosegue Gazzoletti – dei fattori di declino secolare per vari settori value: il petrolio, le banche, l’automotive, le materie prime. All’alba dell’uscita dalla crisi da coronavirus, è certo che il mercato è sempre più sbilanciato verso il growth a discapito del value. Lo scarto di valorizzazione tra growth e value è ai massimi storici e riteniamo improbabile una rotazione violenta, perché nel mondo post-Covid i fattori che spingono il growth si sono rinforzati, e molto: bassa crescita di Pil e fatturati, molto debito ovunque, tassi nominali negativi, curva dei tassi appiattita, inflazione bassa. Settori come technology, healthcare e consumer discretionary continueranno a essere portati da queste forze strutturali”.
Non è del tutto d’accordo Raphaël Moreau, gestore e analista di Amiral Gestion, che pure rileva l’ampia e duratura sovraperformance dei titoli growth sui value: “ciò è avvenuto in un contesto caratterizzato da un’elevata incertezza globale e da tassi d’interesse record. I tassi Usa a 30 anni sono ora inferiori all’1,5%, per cui le società che offrono chiaro ed evidente profilo di cash flow vengono utilizzate come proxy per le obbligazioni e sono valutate a tassi di sconto corrispondenti molto bassi. Queste aziende oggi vengono scambiate con un premio molto elevato rispetto a quello del resto del mercato; premio che non si vedeva dalla bolla Internet del 2000. Questo è il paradigma in cui sono avvenute le contrattazioni per un certo periodo. Ma di tanto in tanto i paradigmi cambiano e bisogna essere consapevoli del rischio che è attualmente insito nelle valutazioni di questa fetta di mercato”.
D’altra parte, Moreau invita a osservare che “le azioni low growth si scambiano su livelli assoluti molto bassi, come nel 2000, in particolare nel segmento small cap. Non bisogna essere necessariamente ottimisti per trovare degli affari in questo universo: vediamo molte realtà in grado di generare un elevato cash flow. Anche se sono meno sexy e offrono meno potenziale di crescita rispetto a quelle che oggi sono sulle prime pagine dei giornali, ciò non significa che siano di bassa qualità. Al contrario, molte di loro sono leader nei rispettivi settori, perciò dovrebbero trarre vantaggio dal ritorno alla normalità”.
In un mondo con deficit molto elevati, dove si è “stampato” molto denaro, è interessante notare come la maggior parte degli operatori consideri i tassi d’interesse estremamente bassi come un dato di fatto. Anche i titoli value e le small cap tendono a sovraperformare fortemente nelle fasi di recupero dell’economia. “Ci troviamo nel bel mezzo di una delle recessioni più profonde mai registrate, nella speranza di andare verso una ripresa sostenuta, una volta che il virus sarà passato: questo dovrebbe essere un importante fattore a sostegno dei titoli value”, dice Moreau. Bisogna però essere selettivi ricercando aziende di qualità, “poiché quelle che si adatteranno lentamente, così come le società con bilanci deboli, potrebbero scomparire nel corso dell’attuale recessione”.