Troppi i segnali dai mercati che portano verso questo esito, secondo l’economista della casa di gestione. Come interpretare il nuovo contesto di investimento partendo da 4 grafici fondamentali
Robert Lind, economista di Capital Group
Crisi delle materie prime, inflazione, politiche monetarie delle principali banche centrali e deglobalizzazione. Sono ben quattro gli indizi indicati da Robert Lind, economista di Capital Group, che sommandosi fanno qualcosa di più di una prova per includere nel prossimo futuro dell’economia globale la parola recessione.
“Nessuno ovviamente ha la capacità di prevedere il futuro, tantomeno gli economisti”, chiarisce. “Quello che facciamo è fornire ai nostri portfolio manager view che permettano di prendere decisioni di investimento informate in relazione ai dati macroeconomici disponibili. Questi dati oggi ci portano a pensare che quello che definiamo come recessione sia difficilmente evitabile per molte delle maggiori economie globali. Non dobbiamo quindi più chiederci se accadrà, ma quando e quanto durerà questa crisi”.
I dati principali del contesto macro racchiusi in 4 grafici
Le discussioni nel team di oltre 50 economisti di Capital Group, rivela Lind, si concentrano su una serie relativamente ristretta di metriche fondamentali che costituiscono le direttrici principali della crescita globale.
I PMIs manifatturieri, indici che aggregano le previsioni di approvvigionamento dei manager deputati agli acquisti, sono certamente tra i principali proxy dell’andamento generale di un’economia. Il loro andamento dalla fine del 2021 ad oggi segnala un rapido e generalizzato avvicinamento a 50, valore sotto il quale l’economia è considerata in fase di contrazione, in tutte le principali aree che concorrono alla formazione del dato sulla crescita globale.
Il movimento rappresentato in grafico non risulta dissimile a quello osservabile in corrispondenza della fase più acuta della pandemia. A cambiare sono però le determinanti. A fronte di un unico fattore esogeno nel 2020, siamo oggi in presenza di una quantità di elementi, tanto interni quanto esterni ai mercati, che unitamente concorrono alla view espressa da Lind.
“La domanda che ci dobbiamo porre è se stiamo entrando in un nuovo regime caratterizzato da maggiore inflazione e tassi nominali più alti”, afferma l’economista.
La risposta è sostanzialmente affermativa, con un riferimento alle similarità dell’attuale situazione con quella vissuta in corrispondenza dello shock energetico degli anni ’70. Anche in quel caso il fattore inflazione andava a costituire la spinta fondamentale per l’azione delle banche centrali, la Federal Reserve su tutte, che, secondo l’economista, “appaiono oggi convinte di avere perso la presa sull’obiettivo del controllo dell’inflazione e quindi disposte a muoversi con grande velocità nel rialzo dei tassi, con inevitabili effetti depressivi sulla crescita”.
L’ultimo elemento che caratterizza fortemente l’attuale contesto economico è la crisi del mercato dell’energia, particolarmente acuta in Europa a causa delle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Al netto degli effetti legati alla gestione dell’emergenza, la domanda che invita a porsi Lind è relativa ad un mutamento di lungo periodo nella dinamica dei prezzi delle materie prime dovuta ad una modalità di formazione dell’offerta strutturalmente diversa rispetto al passato.
“Attualmente abbiamo due forze contrastanti in questo settore. Da un lato quella che spinge i prezzi verso l’alto per effetto delle tensioni geopolitiche e dall’altro un rallentamento dell’economia che spinge in direzione opposta”.
Il quadro complessivo di un’economia in contrazione coincide, infine, secondo l’esperto con un progressivo ritorno della frammentazione geografica. Prendendo in considerazione le principali aree che contribuiscono alla crescita globale i fattori determinanti non possono, quindi, che differire. Le mosse della Fed per gli Stati Uniti, la guerra in Ucraina per l’Europa e una progressiva trasformazione politico-economica in Cina rispetto a quanto vissuto negli ultimi dieci anni. “La globalizzazione è chiaramente ad un punto critico e non tornerà così come l’abbiamo conosciuta”, conclude Lind. Un contesto in cui l’unica certezza è il cambiamento, per l’economia così come per i portafogli.
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