Reddito fisso, spazio agli alternativi
Per gli esperti, obbligazioni convertibili, subordinati bancari e private debt offrono buone opportunità di diversificazione. Ma occhio alla volatilità
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Come nel peggiore degli incubi, il timore che l’inflazione Usa potesse surriscaldarsi spinta dalle materie prime, dalle riaperture e da alcuni colli di bottiglia delle catene produttive è diventato realtà. Anzi, è diventato record. L’indice dei prezzi al consumo di aprile ha infatti messo a segno il maggior incremento da 13 anni a questa parte, registrando un incremento dello 0,8% su base mensile, ben oltre il +0,2% atteso dagli analisti, mentre il confronto annuo ha segnato un +4,2%, dal +2,6% registrato a marzo e superiore al 3,6% del consensus, il top dal 2008.
Stando ai dati del Bureau of labour statistics, il ‘core’ rate, ossia l’indice dei prezzi al consumo depurato delle componenti più volatili quali cibo ed energia, l’indicatore maggiormente tenuto d’occhio dalla Federal Reserve, ha registrato una variazione dello 0,9% su base mensile, rispetto al +0,3% atteso e del mese precedente, il maggior aumento mensile dall’aprile 1982. Il dato tendenziale ha mostrato invece un aumento del 3% dall’1,6% di marzo, contro il +2,3% delle aspettative di mercato.
Impressionante il dato su auto e camion usati, cresciuto del 10%,la maggiore impennata mensile da quando queste statistiche vengono registrate, cioè dal 1953, e del 21% rispetto all’aprile del 2020. Il settore servizi, esclusi quelli energetici, è aumentato su base annuale del 2,5%, con i servizi di trasporto che hanno registrato un rialzo del 5,6%.
Numeri da far tremare i polsi degli investitori che temono ormai da settimane nuove politiche meno accomodanti da parte della Banca centrale americana, nonostante le periodiche rassicurazioni di Jerome Powell e colleghi. Così i future, che già indicavano un’apertura in calo a Wall Street, hanno subito incrementato le perdite. A soffrire è in particolare il settore tech, sotto pressione da inizio mese: tutti i principali titoli sono in rosso nel premercato, da Alphabet a Microsoft, da Netflix a Facebook e Apple. Anche i titoli delle società che dipendono dalle riaperture delle attività e dall’allentamento delle restrizioni viaggiano in calo, come quelli di Carnival Corp, Boeing e United Airlines.
I future sul Dow Jones, che ieri ha archiviato la peggiore seduta da febbraio, cedono 210 punti (-0,61%), quelli sullo S&P 500 perdono 35,20 punti (-0,85%), quelli sul Nasdaq sono in ribasso di 186 punti (-1,39%). Il petrolio Wti al Nymex sale dell’1,18% a 66,05 dollari al barile. A terrorizzare gli investitori è soprattutto la corsa dei prezzi delle materie prime che sta alimentando il timore che l’inflazione possa intaccare il rimbalzo dell’economia Usa, andando a frenare anche la corsa del mercato azionario.
“Le cifre sull’inflazione erano tanto attese e hanno avuto un importante impatto sui mercati finanziari – commenta Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia -. L’inflazione è stata leggermente sottostimata dagli esperti della Federal Reserve e ora sarà necessario attendere e valutare se l’accelerazione rialzista dei prezzi al consumo possa essere solamente temporanea come dichiarato dai membri del board a causa delle attese sulla ripresa economica e del rialzo dei prezzi delle materie prime o se invece possa avere un carattere più duraturo”.
Tenendo conto dell’approccio della Fed sempre più data-driven, per Diodovich nei prossimi giorni aumenterà il numero di banchieri centrali statunitensi che vorrà discutere del processo di tapering. “Non solamente il presidente della Fed di Dallas, Kaplan, ma probabilmente si aggiungeranno altri membri hawkish del Fomc, come ad esempio il presidente della Fed di Kansas City, Esther George, e quello di Boston, Eric Rosengren”.
Per l’esperto il presidente Powell cercherà di mantenere la politica monetaria invariata il più a lungo possibile almeno fino a che le cifre sul mondo del lavoro si avvicineranno agli obiettivi. “Riteniamo che le discussioni saranno molto accese all’interno del Consiglio direttivo – osserva -. Per le scelte finali della Fed saranno fondamentali i prossimi dati sui non farm payrolls di maggio pubblicati il 4 giugno e le prossimi cifre su inflazione comunicate il 10 giugno”.
“Nella riunione del 15-16 giugno accompagnata dalle proiezioni macroeconomiche su Pil, inflazione e disoccupazione – conclude Diodovich -, riteniamo sia possibile che, in caso di dati preoccupanti su inflazione (ancora al di sopra del 4% a/a) e di un forte miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro, l’annuncio di una riduzione consistente degli stimoli monetari. Gli acquisti mensili di Treasuries e Mbs potrebbero passare da 120 miliardi a 60 miliardi di dollari. E non solo. Le prospettive sul rialzo dei tassi non sarebbero più fissate al 2023 ma al 2022”.
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