Petrolio, effetto Cina: l’Opec taglia ancora le stime sulla domanda
Il cartello lima la crescita 2024-2025 di circa 100 mila barili al giorno. Pesano soprattutto le attese sul ruolo (determinante) di Pechino
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Nuovo corso per l’oro nero. Dopo una lunga trattativa Opec e Russia hanno trovato l’accordo sui tagli alla produzione, nel tentativo di sostenere il prezzo del greggio.
La produzione verrà aumentata soltanto di 500 mila barili al giorno, e ci sarà una review mensile per il monitoraggio delle condizioni di mercato e per decidere gli incrementi mese per mese.
Una nuova strategia che spazza via i 2 milioni di tagli previsti dall’accordo precedente sottoscritto nell’aprile scorso da Opec+, il cartello dei principali Paesi produttori allargata alla Russia.
“Un’intesa ottima – commenta Stefano Gianti, analista di Swissquote – il migliore compromesso che si poteva trovare al momento. Tanto che anche i mercati hanno apprezzato portando il prezzo del Wti ai massimi da marzo, la quinta candela verde consecutiva sul grafico settimanale (+39% da inizio novembre)”.
Nei fatti, si tratta di un compromesso che dovrebbe accontentare tutte le parti in causa. L’Arabia Saudita, appoggiata dalla maggior parte dei Paesi Opec, voleva un prolungamento dei tagli alla produzione per altri tre mesi.
Una richiesta motivata dalla scarsa visibilità sull’andamento della domanda a inizio 2021. D’altra parte, una serie di paesi produttori vorrebbe allentare i vincoli per aumentare le esportazioni e rifornire le casse pubbliche, a sostengono delle economie nazionali provate dalla pandemia. L’aumento minimo da 500 mila barili al giorno, va incontro alla richiesta di chi è in difficoltà, ma non dovrebbe spaventare il mercato che temeva un più consistente aumento dell’offerta.
“Nel suo comunicato, il gruppo dei Paesi Opec+ ha ribadito il costante impegno per un mercato stabile, l’interesse reciproco delle nazioni produttrici, l’approvvigionamento efficiente, economico e sicuro dei consumatori e un equo ritorno del capitale investito. Considerando le diverse necessità dei Paesi, per molti è fondamentale sostenere il livello dell’export a prezzi via via crescenti, pertanto un aumento della produzione limitato, rispetto a quanto previsto inizialmente, va in questa direzione”, commenta Gianti.
Cosa aspettarsi dunque nel 2021? L’aumento della produzione di gennaio manterrà il mercato del petrolio in deficit. Ciò significa che le scorte di carburante che pesano sui prezzi continueranno a prosciugarsi. Se il gruppo fosse andato avanti con il pieno aumento dell’offerta, gli economisti del cartello avevano calcolato che il mercato sarebbe andato in surplus, minando potenzialmente il recente rialzo dei prezzi. Il compromesso, quindi, è stato valutato in modo soddisfacente da tutte le parti. A interessare gli analisti, però, è anche la relazione tra i protagonisti dell’OPEC+.
“Ha accettato di ridurre marginalmente i tagli alla produzione il prossimo anno dopo cinque giorni di difficili trattative, che hanno messo in luce differenti visioni strategiche tra i principali Stati aderenti. In particolare, per la prima volta, ci sono state avvisaglie di tensione tra Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita” spiega Massimiliano Schena, Direttore Investimenti di Symphonia SGR che aggiunge come “l’incremento produttivo più basso di quanto precedentemente previsto dovrebbe comportare un calo delle scorte nel primo trimestre 2021, nonostante un livello di domanda ancora debole. Di conseguenza, i mercati petroliferi potrebbero trovarsi in una situazione di undersupply nel 2021, per tornare ad una situazione di equilibrio solo verso fine anno, una dinamica che potrebbe continuare a sostenere il prezzo del greggio”.
“Nel 2020 abbiamo avuto un clamoroso shock sia dal lato dell’offerta che della domanda. Dal clamoroso crollo sotto zero, a -37$ per i contratti futures con scadenza a maggio, i prezzi hanno mantenuto una buona stabilità nella seconda parte dell’anno. Questo accordo diminuisce le incertezze, e contribuirà a mantenere una bassa volatilità nei mesi successivi” spiega Gianti.
Questo al netto della situazione Covid. “Il cartello Opec controlla la produzione, può cercare di controllare in buona misura i prezzi, ma non può controllare l’andamento della produzione industriale e dell’economia globale. E’ ovvio che le notizie legate alla diffusione del Covid-19 saranno fondamentali per tutti i mercati nel 2021, ma se non ci saranno sorprese dovremmo assistere ad una ripresa dei prezzi, con target fino a 60 dollari al barile per il WTI, ed una ripresa della domanda soprattutto dai mercati emergenti” commenta Gianti.
“Tuttavia – conclude Schena -, i tagli dell’OPEC + non dureranno per sempre e vi è una evidente competizione per accaparrarsi quote di mercato da parte dei principali operatori mondiali (l’Arabia Saudita ha un target 2022 di 11 ml b/ giorno mentre gli Emirati Arabi Uniti hanno un target di 4 ml b / giorno), mantenendo alto il rischio di un eccesso di offerta nel 2022, che potrebbe essere scongiurato qualora l’intensità della ripresa economica fosse particolarmente intensa nel prossimo biennio”.