Coronavirus e petrolio: ecco i veri impatti
In attesa della riunione Opec+ del 5 marzo gli operatori sono in attesa della decisione della Russia su un ulteriore taglio alla produzione. E l’agenzia IEA taglia le stime sulla domanda
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Tra i settori economici che potrebbero soffrire di più per il Coronavirus c’è senza dubbio il lusso. Per quanto riguarda l’Italia, è la Fondazione Italia Cina a dirci in quale misura: l’organizzazione stima una riduzione del 25% dei 5 milioni di pernottamento di cinesi attesi in Italia, un calo che avrà un forte impatto sulla vendita dei beni di lusso, “in quanto circa il 30% degli acquisti Tax Free sono effettuati da turisti cinesi”.
Non solo: nel 2019 l’Italia si è piazzata al quinto posto per esportazioni nel settore lusso con un ammontare pari a 63 miliardi di euro, il 2,7% in più rispetto all’anno precedente. Il Coronavirus spariglia le carte anche sul fronte dell’export, tanto che “per il 2020 la situazione potrebbe cambiare totalmente con la possibilità di ritornare ai livelli del 2014 e del 2015”, dice a Focus Risparmio Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia.
“Dalla fine di dicembre, l’epidemia, che ha causato oltre 90 mila contagi e quasi tre mila vittime, di cui il 90% in Cina, ha provocato uno stop sia della produzione che della catena di distribuzione, sia dei viaggi che della circolazione dei cittadini cinesi, nel tentativo di contenerne la diffusione. Già a quel punto, le organizzazioni di settore in Italia hanno iniziato a stimare i danni economici per l’industria italiana. La situazione non ha fatto altro che peggiorare da quando il coronavirus è arrivato anche in Lombardia e Veneto, a fine febbraio, con i primi casi di contagio nel lodigiano che, in pochi giorni, hanno portato il paese al terzo posto per numero di infetti e vittime”. E le aziende continuano ad aggiornare le perdite attese. “Al momento riteniamo che nel primo semestre le perdite in termini di calo dell’EBITDA possano essere comprese tra il 15 e il 25%, questo tenendo conto del fatto che la diffusione del coronavirus in Cina sembra in via di riduzione mentre in Europa non sembra ancora aver raggiunto il picco massimo. Le aziende del settore stanno aspettando ulteriori sviluppi in merito alla diffusione del Covid-19 per pubblicare una revisione degli obiettivi annuali, sebbene una revisione della guidance appaia ormai inevitabile in considerazione anche del fatturato per aree geografiche”, afferma Diodovich.
A Piazza Affari i titoli non hanno mostrato di essere più resilienti alle perdite rispetto ad altri. “Dobbiamo tener conto che per tutte le società del settore lusso quotate l’area geografica Asia-Pacifico più Giappone rappresenta tra il 30 e il 50% del fatturato. Analizzando l’andamento dei titoli dalla chiusura di venerdì 21 febbraio, prima della scoperta del focolaio nel lodigiano, possiamo notare che Moncler ha evidenziato una discesa di 10 punti percentuali, Ferragamo di 14 punti percentuali, Brunello Cucinelli del 7% (Safilo -10% e Prada -7%). Guardando la performance dei titoli luxury dalle chiusure di metà gennaio nel momento più critico per i mercati cinesi i ribassi delle aziende del lusso sono ancora simili: Moncler -19%, Ferragamo -23% e Brunello Cucinelli -20%”, rileva Diodovich.
Non sappiamo però come andrà finire e fare ipotesi è difficile. “Al momento è ancora difficile misurare l’impatto effettivo del Coronavirus sull’economia e sul mondo degli investimenti in generale; tanto più su un singolo settore come quello del lusso. L’epidemia, e le misure attuate per contrastarla, avranno un impatto tanto più profondo quanto più a lungo si protrarranno, e al momento non vi è alcuna certezza in merito”, dice Stefania Paolo, Country Head per l’Italia di BNY Mellon Investment Management, che d’altro canto nota che ci sono già ricadute che sicuramente si rifletteranno sui bilanci del primo trimestre – e sulle quotazioni delle aziende nel breve termine. “Il settore del lusso in particolare è influenzato da due fattori negativi collegati al virus: da un lato, la riduzione dei consumi nelle regioni colpite, Cina, Italia e Giappone in primis, mercati importanti per i luxury brand. Dall’altro, il blocco o rallentamento della filiera per le aziende del settore che hanno delocalizzato la produzione in Asia”.
Tutto questo sta determinando una volatilità e un indebolimento delle quotazioni a livello globale; basti guardare all’indice S&P Global Luxury Index, composto dalle 80 principali società quotate nel settore, che ha perso il 13% tra il 20 e il 28 febbraio; un calo di poco superiore al -12% circa dell’S&P 500 nello stesso periodo. “D’altro canto – continua Paolo – come accade ormai da più di 10 anni, le cattive notizie e i rischi di shock determinano misure monetarie straordinarie che vengono accolte favorevolmente dai mercati. Così, possiamo già assistere a un rimbalzo delle valutazioni dopo l’annuncio della Fed di un taglio d’emergenza dei tassi, cui ci si aspetta facciano seguito misure simili da parte di altre Banche Centrali”.
Sul fronte dei portafoglio, la situazione attuale evidenzia ancora una volta, conclude la numero uno italiana di BNY – l’importanza di selezionare attivamente azioni di alta qualità, di aziende con bilanci solidi, un ricorso non eccessivo alla leva finanziaria, e la capacità di generare ricchezza nel lungo periodo, distribuendola sotto forma di dividendi agli investitori. Il lusso, e in particolare il made in Italy, presenta diversi titoli con queste caratteristiche, e soprattutto può beneficiare di trend strutturali come l’ampliamento della classe media nei Paesi emergenti e l’accesso ai brand luxury da parte di un crescente numero di persone in tutto il mondo; fattori strutturali che, nel lungo periodo, potranno contrastare l’effetto di breve termine del Coronavirus”.