Marcialis (MC Advisory): “Non è semplice fare il gestore o il cf dopo covid-19”
8 aprile 2020
di ALESSIO TRAPPOLINI
4 min
Per l’esperto i cf devono far sì che i portafogli abbiano una robustezza sufficiente a garantire una seria ripresa dei patrimoni e i clienti capire che è bene avere un orizzonte d’investimento più ampio
Raimondo Marcialis fondatore e amministratore delegato della società di consulenza MC Advisory
Raimondo Marcialis fondatore e amministratore delegato della società di consulenza MC Advisory, offre ai lettori di FocusRisparmio una lucida analisi sulle conseguenze della crisi covid-19 sull’industria dell’asset management.
A monte, spiega l’esperto, le Sgr dovranno far fronte a una fisiologica riduzione delle masse gestite mentre a valle della filiera il compito delle reti e dei consulenti finanziari sarà quello di saper comunicare con i clienti e trasmettere i nuovi paradigmi che il mercato impone e “far sì che i portafogli abbiano una robustezza sufficiente a garantire una seria ripresa dei patrimoni”.
Ad aiutare i professionisti in questa sfidante mission sarà la tecnologia vista “non più come una moda” ma come “strumento per veicolare contenuti dall’alto tasso tecnico”. Ecco l’intervista integrale.
Come sarà l’industria e quali sfide dovrà affrontare dopo la crisi covid-19?
Fare il gestore dopo la crisi covid-19 non è semplice. È evidente che l’industria avrà difficoltà a mantenere le attuali masse e poi farà fatica a recuperarle. Vedo un duplice problema: da un lato la perdita di patrimonio causata dai riscatti, dall’altro l’andamento dei mercati; a ciò si aggiunge una ridotta propensione al rischio dei risparmiatori. In questo quadro, il processo M&A – già in atto peraltro anche all’estero – non è certo destinato a rallentare. In questo momento subirà una fisiologica pausa poiché la situazione è ancora troppo confusa, ma una volta passato il picco della crisi le case prodotto avranno la necessità di fare massa critica attraverso alleanze, partnership, fusioni, acquisizioni ma anche investimenti, ricerca, innovazione di prodotto. Quest’ultimo punto è il più sfidante. Costruire prodotti a basso rischio è difficile visto il contesto di rendimenti sotto zero delle obbligazioni. In questa fase fare il gestore non è semplice, eppure i clienti devono capire che, proprio per le caratteristiche dello scenario esterno all’industria, è bene avere un orizzonte d’investimento abbastanza ampio, di almeno 4 o 5 anni.
Qui entra in gioco il ruolo del consulente o, più in generale, della distribuzione. Quali sfide per chi sta a valle della filiera?
Fino ad ora i consulenti finanziari hanno visto crescere le masse medie pro capite e questo è stato frutto di un’intensa operatività delle reti che si sono rese resilienti a discorsi come costi o cadute dei mercati. Oggi la crisi rende evidente che per una parte residuale di operatori potrebbero emergere situazioni di difficoltà. Ecco perché il mantenimento di masse sufficienti diventa un elemento di criticità. A mio avviso le reti di una certa dimensione rimarranno stand alone, sono cresciute tanto e bene negli ultimi anni, mentre per quelle minori dovranno affrontare maggiori criticità. Qui entrano in gioco, di nuovo, le competenze. I consulenti devono essere in grado di comunicare ai clienti i nuovi paradigmi che il mercato impone e far sì che i portafogli abbiano una robustezza sufficiente a garantire una seria ripresa dei patrimoni.
Su cosa possono far leva i cf?
Vedo con immediatezza due elementi forti che coinvolgono i consulenti direttamente operativi sul mercato, ossia una forte rivalutazione degli strumenti telematici – primo aspetto – utilizzati per veicolare contenuti dall’alto tasso tecnico – secondo aspetto. Per forza di cosa le relazioni via web sono diventate più praticate, quindi anche nel nostro settore nasce la predisposizione verso pratiche di consulenza digitalizzata e questo, a mio avviso, ha delle conseguenze.
Quali?
La distanza richiede per sua natura un approccio tecnico e molto più preciso. In questo senso il roboadvisory, attraverso le piattaforme di consulenza digitale, riempie di contenuti tecnici la relazione fra consulente e cliente, e la rafforza. Prima il roboadvisory veniva visto come una moda ancora lontana rispetto alla cultura dei clienti. Credo che questo momento storico che stiamo vivendo comporterà un cambiamento radicale di questa percezione. Nel futuro vedo un rapporto consulente-cliente più organizzato in termini di contenuti tecnici e di chiarezza della proposta che si fa al cliente.
In termini generali, quali sono le priorità da affrontare subito per il bene dell’industria?
Per prima cosa rivedere quel groviglio di regole che prende il nome di MIFID 2 con l’obiettivo deve essere l’innalzamento degli standard qualitativi del servizio reso al cliente. Per ora sono target solo parzialmente centrati. Poi la formazione: ritengo imbarazzante la differenza che esiste oggi fra le reti di consulenza specializzate e il sistema bancario commerciale, dove il ritardo sulla formazione è tragico e si traduce in minore competizione, prezzi più alti e minore qualità del servizio.
Come fare per ripristinare i livelli di rischio pre-coronavirus?
Bisogna avere pazienza. Oggi i valori che vediamo nei mercati sono troppo disordinati. Per capire se e quando ci sarà una ripresa il parametro più importante cui bisogna guardare è l’occupazione, quindi l’evoluzione del mercato del lavoro. I mercati finanziari come di consueto sapranno anticipare la ripresa ma per ora è necessario procedere con gradualità, tornando ad aggiungere rischio un po’ alla volta, quasi come un piano di accumulo.
Quali sono le asset class che riusciranno a superare la crisi in maniera più agile?
Quello che rimarrà dopo il coronavirus, parlando di mercati, è una maggior inflazione – difficile da quantificare – e una maggior richiesta di risk premia per le obbligazioni governative. Su questo segmento si gioca la partita del futuro poiché nel futuro più prossimo rappresenterà una scarsissima possibilità di ricavi, e servirà invece a stabilizzare la parte più difensiva dei portafogli. Quindi dopo la crisi, a mio avviso, la ricerca di rendimento passerà necessariamente per il mercato azionario oppure il segmento obbligazionario high yield. Attenzione però ai rischi, poiché soprattutto l’hy sarà un’area di mercato molto esposta a possibili fenomeni di credit crunch – fondamentale sarà il ruolo delle agenzie di rating.
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