Martini (Azimut CM): “Economia reale e mercati privati, la nuova frontiera della consulenza”
12 dicembre 2018
di EUGENIO MONTESANO
4 min
Evoluzione normativa e aumento della volatilità conducono a una contrazione dei margini della consulenza. Servono nuove soluzioni nella forma di strumenti alternativi che colleghino risparmi ed economia reale e di servizi che includano anche aspetti non strettamente finanziari.
Paolo Martini, amministratore delegato di Azimut Capital Management SGR
In un contesto regolamentare più complesso e con mercati sempre più sfidanti, ai consulenti finanziari è richiesto di far leva su un mix di competenze tecniche più completo e articolato. “È finita l’epoca dei consulenti bravi solo sull’aspetto relazionale” afferma Paolo Martini, amministratore delegato di Azimut Capital Management SGR. “Servono competenze più specifiche, ed è per questo che le reti investono sempre di più in formazione: per far sì che i clienti abbiano davanti a sé professionisti con una solida base di capacità ed esperienze”.
Vendere la performance dei prodotti o creare un servizio orientato prevalentemente sull’aspetto relazionale non basta più, come spiega Martini a FocusRisparmio: “Bisogna porre maggiore enfasi sull’importanza di offrire servizi che hanno un valore aggiunto che non è necessariamente legato ad aspetti di natura finanziaria”.
L’opinione generale, per quanto riguarda la MiFID 2, è che porterà a una riduzione dei margini. È così? La MiFID II è uno dei fattori che porteranno a una riduzione dei margini del 15-20% nei prossimi tre-cinque anni che sarà trasversale all’industria. Sicuramente il momento di mercato non è semplice, quindi il fatto che si espliciti maggiormente il tema dei costi, quando negli ultimi mesi c’è stata difficoltà nel generare performance, acuisce il problema della relazione tra costo e rendimento: senza ritorni è più difficile giustificare i costi. C’è anche un altro aspetto, rappresentato dall’entrata di competitor che hanno nel premium price e nella politica commerciale aggressiva un valore aggiunto, e che potranno ulteriormente spingere verso una riduzione dei margini.
Queste forze cambieranno volto all’industria? Assisteremo a una divaricazione tra chi riuscirà a garantire servizio e performance attutendo il colpo, e chi avrà più difficoltà a mantenere gli attuali margini. Ma nel momento in cui ci sarà maggior turnover da parte della clientela, se rispetto a prima sarà più facile perdere clienti, allo stesso tempo sarà anche più facile farne di nuovi. ci saranno singole aziende e singoli professionisti con marginalità un po’ più bassa, ma in presenza di una più ampia base su cui calcolare le fee. Anche per questo, il trend che si sta affermando con forza è quello di una sempre maggiore attenzione e concentrazione sulla crescita dei portafogli dei clienti e dei consulenti esistenti.
La nuova normativa europea ha cambiato i requisiti professionali introducendo una ‘selezione all’ingresso’ dei consulenti finanziari? In generale si sta assistendo a una maggiore selezione naturale da parte di quanti si avvicinano a questa professione. Mentre fino a pochi anni fa poteva essere tentata anche da chi non sapesse bene quale strada scegliere dopo gli studi, oggi c’è stato un forte innalzamento del livello percepito della qualità di questo mestiere. Insomma ci sono sempre meno consulenti ‘improvvisati’. Anche perché fare questo lavoro partendo da zero, senza un percorso molto chiaro, può essere un suicidio professionale: è quasi impossibile farcela se non si è motivati e inseriti in progetti con caratteristiche specifiche. Chi si avvicina alla professione oggi ha più competenze e un’impostazione diversa rispetto a cinque anni fa.
Quali criteri utilizza Azimut nel reclutamento dei professionisti? La selezione è più alta, sia per i primi ingressi che nel caso dei passaggi da una società all’altra. C’è dunque un maggior approfondimento nella fase di inserimento, e il tempo di reclutamento, studio e indagine delle soft e hard skill del consulente è senz’altro raddoppiato. Si va più in profondità per capire meglio motivazione, competenze, capacità di attrarre clientela – anche perché sul mercato sono arrivate molte nuove professionalità dal mondo delle banche che necessitano di una selezione molto più attenta, dal momento che, dopo essere starti dipendenti bancari, non è scontato che abbiano le basi e le attitudini del libero professionista. Bisogna trovare le persone giuste non solo in termini di portafoglio ma anche e soprattutto di atteggiamento e competenze.
Due anni fa usciva il suo libro «Essere private banker 3.0». Se dovesse aggiornarlo oggi, quali sarebbero i capitoli o i temi da aggiungere e/o approfondire? Rispetto ad allora c’è una maggiore necessità di approfondire in maniera puntuale tematiche che non sono necessariamente o esclusivamente legate all’aspetto di gestione finanziaria degli asset – fatto salvo il fatto che questa componente della professione rimane la stella polare senza la quale non si può fare molta strada. Penso a due tematiche in particolare: il passaggio generazionale e la gestione integrata delle molteplici necessità dei clienti-imprenditori, temi che stanno crescendo e su cui i consulenti possono fare di più.
Un altro ambito da approfondire è senz’altro il mondo delle aziende quotate e non quotate, che due anni fa era una scintilla e oggi è divampata fino a ricoprire sempre maggiore importanza, in un’ottica di lungo periodo e di collegamento di investimenti e risparmi all’economia reale. Oggi un professionista non può permettersi di tralasciare la gestione di queste tematiche con i clienti, aiutandoli a riflettere sulle prospettive di investimenti caratterizzati da orizzonti temporali più lunghi e performance potenzialmente più interessanti in un contesto di bassi tassi di interesse.
Infine, approfondirei il concetto del lavoro di team. L’importanza di operare a stretto contatto coi colleghi per raggiungere risultati migliori, e in generale la constatazione che, a tendere, il lavoro sarà sempre più generalista e basato su conoscenze integrate e professionisti che mettono a fattor comune le proprie competenze intervenendo sul cliente di concerto e in maniera completa.
Perché è importante investire nei mercati privati (private debt, private equity, real estate e alternativi) oggi? Parliamo di un mondo nuovo, dunque di un tema dietro il quale si cela un lungo percorso formativo e informativo, che coinvolga tanto i consulenti quanto i clienti. C’è ancora poca consapevolezza quindi bisognerà affrontare questo fenomeno prima dal punto di vista sociale e successivamente da quello degli investimenti andando oltre gli slogan e il marketing. Per questo servono tempo e un lavoro capillare volto a diffondere l’importanza di questi strumenti per i risparmi dei clienti. Nei prossimi anni ci sarà un forte incremento di questo mondo, a partire da un abbassamento della soglia di ingresso, in modo da ampliare in maniera decisiva il bacino di clienti a cui si rivolgono questi prodotti.
Che ruolo possono ricoprire all’interno dei portafogli dei risparmiatori? I vantaggi potenziali sono anzitutto in termini di performance: evidenze statistiche mostrano come inserire asset class alternative nei portafogli aumenti la diversificazione abbassando il rischio generale del portafoglio. Avere un orizzonte temporale di sette-dieci anni aiuta poi ad autodisciplinarsi e a non assumere comportamenti dettati dall’impulsività che spesso danneggiano il portafoglio.
È chiaro che il target market deve essere adeguato, ma rinunciando a un po’ di liquidità sul 10% del portafoglio, il cliente può ottenere importanti vantaggi a medio lungo termine, oltre a contribuire positivamente all’economia del paese attraverso il trasferimento di flussi finanziari al mondo delle imprese, snodo decisivo in uno scenario attualmente non facile.
“Il Mercoledì della Consulenza” è la rubrica di FocusRisparmio.com che ogni settimana dà voce ai protagonisti del mondo della consulenza finanziaria per fare il punto sulle strategie di sviluppo, sulle principali novità e sull’andamento del settore.
Supportare la clientela rispetto alle esigenze complessive del patrimonio – finanziario e non – è la necessità per i banker e wealth planner del futuro. Parla l’a.d. del wealth management di Unicredit.
“Ciò che l’investitore dovrà continuare a guardare nel lungo termine sarà la capacità di generare ritorni e alpha positivi”. Parla il responsabile advisory della banca privata milanese.
Le norme MiFID in tema di product governance rendono necessaria una “clusterizzazione” tra consulenza premium a 360° per cogliere le esigenze del cliente-imprenditore e servizi standard per investimenti di piccole dimensioni. Parla l’a.d. di Allianz Bank FA.
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