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Per molti gestori lo scenario è cambiato. E bisognerà adattarsi a un contesto di inflazione e tassi più alti. I rischi sono tanti ma le opportunità non mancano, a partire da bond e titoli value
Quello che sta per iniziare sarà un anno non facile, meno duro del 2022, ma con nuove regole di navigazione per i mercati. I gestori ormai ne sono consapevoli e in molti sono convinti che pandemia e guerra abbiano definitivamente messo in moto il processo che porterà ad un cambio di regime. “Ciò che ha funzionato in passato per gli investitori non necessariamente funzionerà di nuovo, non solo nel 2023, ma anche negli anni a venire”, sintetizza Sebastien Mallet, portfolio manager Global Value Equity Strategy di T. Rowe Price. Per chi saprà adattarsi, però, le opportunità non mancheranno.
Addio globalizzazione e ritorno del value
Secondo Mallet, le pressioni sulla domanda e sull’offerta derivanti dalla pandemia hanno avviato il mondo verso un’inflazione decennale, mentre sono anche emerse pressioni inflazionistiche strutturali e di lungo periodo. “È probabile che questo acceleri il passaggio a catene di approvvigionamento più corte e più affidabili, invertendo ulteriormente la tendenza alla globalizzazione che ha aumentato la produttività e fatto scendere i prezzi per gran parte del XXI secolo”, avverte, precisando che sono previsti anche maggiori investimenti e spese fiscali a sostegno di economie e consumatori.
“L’aspetto positivo per gli investitori value nel 2023 – stima l’esperto di T. Rowe Price – è che l’aumento dell’inflazione e dei tassi si è dimostrato storicamente favorevole ai titoli value. La natura distintiva di molti settori value del mercato fa sì che essi siano meglio posizionati per difendere gli utili e mantenere i margini di profitto durante i periodi di rialzo dei prezzi (utilities, industriali), mentre l’aumento dei tassi favorisce direttamente i titoli finanziari”.
L’inflazione più elevata e i tassi più alti, che a detta di Mallet caratterizzeranno il nuovo scenario, non sono però un prerequisito necessario per la sovraperformance del value. “I diversi tipi di value possono essere efficaci in una varietà di condizioni economiche e di mercato – chiarisce -. Sebbene molte parti dell’universo value siano sensibili all’economia, come le banche e i settori industriali ‘altamente ciclici’, esso comprende anche una buona rappresentanza di settori difensivi, come le utility e altri settori tradizionali con un forte potere di determinazione dei prezzi”.
Le tre dimensioni del 2023
Per Philippe Waechter, head of economic research di Ostrum Am, affiliata di Natixis Im, il 2023 avrà tre dimensioni: la fonte della domanda, la politica monetaria e la crisi energetica in Europa. “Per quanto riguarda il primo aspetto, riteniamo che i tre principali motori di crescita, Usa, Cina ed Eurozona, non sperimenteranno una forte accelerazione della domanda interna. Ciò è dovuto ad uno stesso rischio che abbiamo individuate in tutte e tre le aree geografiche, vale a dire un rischio di natura immobiliare”, spiega, aggiungendo che tra i timori c’è anche un cosiddetto effetto ricchezza negativo nel 2023, che penalizzerà i consumi.
Il secondo aspetto, per Waechter, è che la politica monetaria dovrà rimanere rigida per tutto il 2023 per evitare una ripresa dell’inflazione, cosa che implica un forte rischio di recessione per l’anno prossimo, prima di un ritorno ad una situazione più normale nel 2024. “L’ultima dimensione riguarda la specificità dell’Area dell’euro in materia di crisi energetica. Ciò riflette l’aumento del costo delle forniture, la carenza di produzione nucleare in Francia e le importazioni di gas a prezzi elevati” sottolinea, precisando che è questa l’equazione da risolvere nel 2023 per poter aspirare ad una ripresa dell’economia.
Sarà un mercato rialzista?
Quanto ai mercati, per Jean-Marie Mercadal e Eric Bertrand, rispettivamente head of investment strategies Ofi Holding e deputy chief executive officer e cio di Ofi Am, in questo contesto di grande ansia, il rally messo a segno da dopo l’estate è stato guidato da uno scenario potenzialmente più rialzista, basato sull’ipotesi che l’inflazione inizierà a diminuire e i tassi di interesse a stabilizzarsi, e sulla convinzione che dalla metà del 2023 i mercati si concentreranno sulla ripresa economica del 2024, mentre sul fronte geopolitico non potrà andare peggio del 2022.
Per i due esperti di Ofi Am però ci sono tre rischi di cui tenere conto. “Il più grande è che l’inflazione continui a salire se la ripresa cinese spinge al rialzo i prezzi delle materie prime. In tal caso, il tasso terminale dei Fed Funds non si attesterebbe più intorno al 4,5%, ma piuttosto al 6,0%, con una conseguente impennata dei rendimenti obbligazionari. Ciò avrebbe un forte impatto sui prezzi delle attività, comprese le azioni”, spiegano. L’altro pericolo è invece che la recessione si riveli più profonda di quanto stimato. “I mercati obbligazionari salirebbero, ma i titoli azionari sarebbero duramente colpiti dalle revisioni al ribasso delle previsioni sugli utili”, avvertono.
“Manteniamo una posizione neutrale sulle azioni e riduciamo di una tacca la nostra visione complessivamente costruttiva sulle obbligazioni – affermano dunque i due esperti di Ofi Am -. Indipendentemente dallo scenario, riteniamo che i recenti movimenti di mercato siano stati un po’ esagerati e che richiedano, come minimo, una pausa o addirittura un consolidamento”.
Nel loro scenario centrale, Mercadal e Bertrand considerano infatti probabile che entrambe le banche centrali raggiungano il loro famoso pivot alla fine del primo trimestre (rispettivamente al 4,75%/5,00% e al 2,75%/3,00%) e poi assumano un atteggiamento attendista per il resto dell’anno, in attesa che l’inflazione di base torni a livelli accettabili. “I mercati sembrano prezzare un abbassamento troppo rapido dei tassi a breve termine. Di conseguenza, è probabile che i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine tornino a salire un po’ prima di stabilizzarsi all’inizio del 2023. Stiamo prendendo profitto sull’high yield, ma vediamo ancora un certo valore nel carry offerto”, evidenziano.
“Le azioni sembrano voler evitare i prossimi due trimestri e proiettarsi verso un orizzonte più chiaro nella seconda metà del 2023. A nostro avviso, si tratta di una mossa azzardata e ribadiamo la nostra posizione neutrale per l’inizio del 2023. Probabilmente nelle prossime settimane si verificheranno alcuni episodi di volatilità, che ci permetteranno di riposizionarci sui mercati azionari sulla base della nostra aspettativa che riprenderanno la loro salita, una volta terminata la fase di rialzo dei tassi a breve termine”, concludono.
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