Fed, per i gestori Powell aspetterà ancora: occhi su settembre (e sul dot plot)
I mercati non si aspettano tagli dei tassi prima della fine dell’estate. Ma prende piede l’ipotesi che il Fomc possa poi procedere con due riduzioni consecutive
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L’inflazione è in ritirata, i tassi d’interesse stanno scendendo e l’economia globale sembra aver tenuto. Per gli investitori istituzionali il quadro di fine 2024 lascia spazio all’ottimismo per l’anno che verrà, seppure con qualche preoccupazione. A partire da valutazioni azionarie che sembrano aver corso troppo e dalla traiettoria che seguirà il costo del denaro. È quanto emerge dall’ultima survey di Natixis Investment Managers, che ha intervistato 500 grandi operatori a livello globale per un totale di 28mila miliardi di dollari di asset in gestione tra pensioni, assicurazioni, fondazioni, dotazioni e fondi sovrani.
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Dopo un biennio di bull market in cui gran parte dei guadagni si è concentrata sui nomi del tech, per gli istituzionali le valutazioni costituiscono ora il rischio numero uno (47%): due terzi (67%) sono infatti convinti che attualmente queste non riflettano i fondamentali. Tre quarti (75%) ritengono poi che il 2025 sarà l’anno in cui i mercati si renderanno conto del peso delle quotazioni, anche se per il 72% la sostenibilità dell’attuale rally sarà determinata delle banche centrali. La politica monetaria è infatti indicata come seconda principale fonte di preoccupazione (43%).
Sul fronte macro, il sentiment è significativamente migliorato nel corso degli ultimi 12 mesi: il numero di istituzionali che ritiene inevitabile una recessione è sceso infatti dal 51% ad appena il 30%. Quasi due terzi (57%) non prevedono affatto una contrazione economica nel 2025 e meno di uno su cinque (18%) pensa ad una recessione tale da stroncare l’attuale rally. In definitiva, la stragrande maggioranza (64%) auspica un atterraggio morbido nella propria regione e solo il 20% è preoccupato per uno scenario di no landing. La quota di chi si aspetta un cosiddetto atterraggio duro è invece di appena il 10% e solo il 6% si preoccupa della stagflazione. Di contro, la corsa dei prezzi non è più un grande cruccio: oltre tre quarti vedono il carovita in calo (38%) o fermo ai livelli attuali (38%) nel 2025. Nel complesso, due terzi (68%) sono fiduciosi che l’inflazione raggiungerà i livelli target nel corso del prossimo anno, mentre poco meno di un terzo (32%) è preoccupato per possibili picchi che possano danneggiare l’economia globale.
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Nonostante l’ottimismo, gli istituzionali continuano comunque a temere un ampio ventaglio di minacce economiche per l’anno a venire. Le preoccupazioni maggiori riguardano le relazioni tra Stati Uniti e Cina (34%) e l’espansione dei fronti militari in corso (32%). Sebbene le loro prospettive di mercato siano ottimistiche, insomma, i grandi investitori restano pur sempre realistici: prova ne è che per molti la volatilità aumenterà sul fronte azionario (62%), obbligazionario (42%) e valutario (49%) nel corso dei prossimi dodici mesi. Guardando ad altri ambiti, mentre il sentiment sulle criptovalute è più che raddoppiato (38% rispetto al 17% del 2024), data la natura speculativa di tali investimenti e la volatilità che li accompagna, il 72% non li ritiene adatti alla maggior parte degli investitori e un altro 65% crede non siano un’opzione legittima per gli istituzionali. Tuttavia, i piani di portafoglio mostrano un elevato livello di fiducia, con il numero di chi sta attivamente diminuendo il rischio nei portafogli sceso al 48% dal 56% nel 2024. Inoltre, quattro su dieci affermano di voler assumere attivamente un rischio maggiore nel 2025.
Secondo Marco Barindelli, country head per l’Italia di Natixis IM, pur vedendo una serie di rischi all’orizzonte, gli istituzionali sembrano fiduciosi della loro capacità e di quella del mercato di resistere alle pressioni geopolitiche e ai potenziali cambiamenti macroeconomici per uscirne vincitori. “Pochi stanno modificando la strategia a lungo termine, ma riconoscono di poter aumentare le proprie possibilità con modifiche tattiche a livello di allocazione”, spiega. Precisando che il successo a lungo termine “sarà ancora determinato dalla capacità di leggere i fattori macroeconomici e di mercato di oggi”.
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Il 2025 promette bene poi soprattutto per i mercati privati. Gli istituzionali prevedono infatti di continuare ad aumentare gli investimenti in alternativi, dato che oltre sei su dieci (61%) credono che un portafoglio 60:20:20 supererà il tradizionale mix 60:40 di azioni e obbligazioni. Per quanto riguarda la destinazione dell’allocazione di quel 20%, i grandi investitori sono convinti di voler aggiungere più asset privati in portafoglio. Tra tutte le loro scelte, quasi tre quarti (73%) sono più ottimisti sul private equity nel 2025, con un notevole aumento rispetto al 60% di un anno fa. La survey fa poi notare come sia probabile che la situazione cambi nel corso del prossimo anno, dal momento che per quasi otto su dieci (78%) la riduzione dei tassi migliorerà il flusso di transazioni nei mercati privati, e per quasi tre quarti (73%) nel 2025 sarà emesso più debito privato per soddisfare la crescente domanda dei mutuatari. In generale, il 65% dichiara di guardare a nuove aree di interesse, come le opportunità legate all’intelligenza artificiale.
Guardando ai mercati emergenti, recentemente zavorrati dal deterioramento dell’economia cinese, per quasi otto istituzionali su dieci (79%) un contesto di crescita inferiore sarà la nuova normalità per Pechino. E sei su dieci (60%) ritengono che il peggioramento delle condizioni cinesi frenerà la crescita degli emergenti. Tuttavia, gli investimenti in questo universo appaiono più positivi: oltre la metà (53%) degli intervistati afferma che sono pronti a decollare. A tal fine, per tre quarti (75%) sarà necessario un allentamento della politica monetaria nei mercati sviluppati per contribuire ad accelerare la crescita. Quasi tre quarti (74%) ritiene poi che un consapevole decoupling con la Cina offrirà ad altri emergenti l’opportunità di scalare la classifica globale. Oltre sei su dieci (62%) affermano che la regione Asia ex-Cina sarà la migliore opportunità di questo universo nel 2025, e altrettanto (63%) crede nel superamento dell’India come primo mercato emergente per gli investimenti.
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Infine, per quasi tre quarti (70%) i mercati favoriranno la gestione attiva nel 2025 e quasi sette su dieci (67%) affermano che i loro investimenti gestiti attivamente hanno sovraperformato i loro benchmark negli ultimi dodici mesi. Secondo la survey, considerando l’evoluzione dei tassi e del credito, è probabile che gli istituzionali beneficeranno degli investimenti attivi. Nel complesso, sette su dieci (70%) sono convinti che questo tipo di gestione sia essenziale quando si punta sull’obbligazionario.
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