Le crisi, la riorganizzazione delle catene del valore e le banche centrali. Secondo Benetti di Gam (Italia) Sgr, per gli investitori si preannuncia un altro anno complicato
Crisi, riorganizzazione delle catene del valore e banche centrali. Sono tre, a volerli riassumere, secondo Carlo Benetti, market specialist di Gam (Italia) Sgr, i pericoli che incombono sul nuovo anno e a cui gli investitori dovranno far fronte per poter sopravvivere dopo gli scorsi, terribili dodici mesi.
Per i mercati finanziari il 2022 è stato infatti il peggior anno dalla Grande Crisi Finanziaria. Sotto la spinta di inflazione, tassi in aumento, guerra e crisi energetica la capitalizzazione delle borse mondiali è diminuita di venticinque trilioni di dollari. E non è andata meglio nei mercati obbligazionari: il Treasury americano a dieci anni è balzato da 1,5% al 4%. Per Benetti proprio la disfatta delle obbligazioni è la parte più dolorosa di un anno complicato.
Non solo. Secondo il market specialist il 2022 è stato anche l’anno degli errori. “Le banche centrali – osserva – hanno riconosciuto in ritardo le caratteristiche di persistenza negli shock dell’offerta, hanno opacizzato la loro credibilità e perso molto denaro: l’aumento dei rendimenti e la valorizzazione mark-to-market delle obbligazioni acquistate in questi anni costituisce una perdita secca nei loro bilanci. E la velocità del cambio di direzione ha mostrato anche la vulnerabilità del sistema finanziario, la crisi di governo in Gran Bretagna ha rivelato ad esempio i livelli della leva finanziaria del sistema pensionistico britannico”.
Per Benetti, le dinamiche che hanno segnato il 2022 proseguiranno in questo avvio del 2023: inflazione, tassi di interesse, dubbi sulla crescita, iper-incertezza, anche se in queste settimane i mercati finanziari si mostrano ottimisti grazie al calo del gas e dei prezzi.
L’esperto punta infatti l’attenzione sui tanti segnali contraddittori. A partire dai verbali della riunione di dicembre della Fed, dove si legge la diffidenza verso i rally di borsa. “Tradotto in italiano semplice – spiega Benetti – i membri del Fomc temono che i rialzi dei listini si traducano in ‘effetto ricchezza’, ovvero nuovi consumi potenzialmente inflazionistici. Se proseguisse l’ottimismo nei mercati azionari, magari corroborato da notizie che confermino il rallentamento dell’economia, la Fed potrebbe portare a oltre il 5-5,25% il tasso di arrivo. Qualcuno ha osservato che il mandato della banca centrale potrebbe informalmente estendersi, per un po’ di tempo, anche ‘all’indebolimento del mercato azionario’”. Per questo nei prossimi mesi, a suo dire, si potrebbe assistere al tiro alla fune tra l’assertività delle banche centrali e i mercati che potrebbero voler vedere il bluff.
Altra incognita del 2023 è l’apertura dell’economia cinese. “Cautela prima di festeggiare, l’estensione dei contagi mette ancora a repentaglio l’efficienza nelle fabbriche e nei porti, la pressione dell’emergenza sanitaria potrebbe costringere il governo cinese a rivedere le modalità delle riaperture”, avverte l’esperto.
In sostanza, tra le molteplici fonti di incertezza, almeno tre richiederanno la massima attenzione degli investitori. “Nessuno può prevedere come evolveranno le ‘policrisi’”, avverte Benetti, riferendosi alle tante tensioni interconnesse che stanno segnando lo scenario attuale. Dalla guerra in Ucraina, al problema energetico, alla sostenibilità, passando per crescita economica, prezzi e tassi. “La posta in gioco nel conflitto ucraino supera la disputa territoriale e per quanto appaia lontana, tutti ci auguriamo che il 2023 sia l’anno della pace. In ogni caso, anche quando termineranno i combattimenti, è probabile che seguirà una guerra fredda gravida di incognite”, fa notare.
Poi c’èil problema della riorganizzazione delle catene del valore. Per l’esperto non sarà agevole sostituire in breve tempo e con efficienza le economie di scala e l’esperienza della manifattura cinese. “La priorità del governo cinese è la gestione dell’emergenza sanitaria mentre in politica estera è impensabile qualcosa di diverso dalla ricerca di una convivenza pacifica tra Stati Uniti e Cina”, aggiunge.
Infine, le banche centrali. Qui in gioco per Benetti non c’è solo la determinazione a stroncare l’inflazione ma anche la loro credibilità nella gestione (più) accorta della forward guidance. “Il 2022 non è stato un buon anno per la reputazione e la capacità di comunicare dei banchieri di Washington e Francoforte”, conclude.
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