Brexit, Johnson stravince le elezioni britanniche. I mercati brindano
Probabile la chiusura dell’accordo con Bruxelles entro il 31 gennaio. Borse e sterlina in rialzo. Anche se, come sottolineano gli operatori, le incertezze restano. I commenti
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Alla fine BoJo ha ceduto. Travolto dagli scandali e da una raffica di dimissioni nella sua squadra, Boris Johnson ha annunciato formalmente le dimissioni da leader del Partito Conservatore britannico, maggioranza in Parlamento, precisando che resterà a capo del governo fino all’elezione del nuovo capo dei Tory, ad ottobre.
Favorita, per ora, per il trasferimento a Downing Street è la ministra degli Esteri, Liz Truss, ma la strada è tutt’altro che in discesa e la lotta per la leadership del partito potrebbe non risolversi alla fine dell’estate, lasciando il Paese e la già provata economia di sua maestà in balia di un periodo piuttosto lungo di incertezza.
E l’incertezza, si sa, non è mai bene vista dai mercati, che però hanno accolto la notizia delle dimissioni di Johnson con indici in rialzo e sterlina in rafforzamento. “L’incertezza politica tende a riflettersi immediatamente sulla sterlina, che ha registrato un modesto deprezzamento dall’inizio della settimana”, spiega Laura Foll, Uk portfolio manager di Janus Henderson, che osserva come in un’ottica di più lungo periodo, la valuta britannica continua a essere scambiata a un livello significativamente più basso rispetto a quello precedente al voto sulla Brexit nel 2016, per cui ogni ulteriore indebolimento esaspera le tendenze preesistenti, ad esempio aumentando il prezzo dei beni importati e facendo quindi salire l’inflazione.
“Il livello della sterlina ha anche un impatto diverso sulle differenti aree del mercato azionario britannico: le società con consistenti guadagni all’estero si avvantaggeranno di un beneficio di conversione positivo, mentre alcune società nazionali che si affidano all’acquisto di fattori produttivi in dollari subiranno un’ulteriore pressione al rialzo dei costi di input”, sottolinea la Foll.
Elliot Hentov, head of macro policy research di State Street Global Advisors, fa notare come la sterlina sia salita in media del +2,6% nel primo anno degli ultimi cinque primi ministri. “A parità di condizioni, un’espansione fiscale leggermente maggiore e un inasprimento monetario più marcato dovrebbero sostenere un po’ la sterlina. Ma di questi tempi – avverte -, le condizioni sono tutt’altro che pari e le dinamiche macro rimangono pericolosamente negative per la sterlina, a prescindere dalle dimissioni del primo ministro. Lo stesso vale per i tassi e i costi di finanziamento. Il cambio di leadership politica non è abbastanza significativo da influenzare i fondamentali”.
Sterlina a parte, per la portfolio manager di Janus Henderson l’incertezza politica arriva in un momento in cui il sentiment nei confronti dei titoli azionari britannici è già non particolarmente positivo, come dimostrano le valutazioni delle società di sua maestà, in molti casi più basse rispetto a quelle estere, e i recenti dati sui flussi netti delle azioni di Londra. “Gli eventi di questa settimana, anche se è improbabile che questo peso eccessivo sulle azioni del Regno Unito venga risolto nel breve termine, potrebbero far sì che, una volta insediato un nuovo leader, il rischio politico aggiuntivo percepito associato all’azionario del Regno Unito venga eliminato. In questo modo, l’incertezza politica che ha costituito parte dell’incognita sui titoli azionari del Regno Unito viene ‘superata’”, ipotizza la Foll.
Per Hentov c’è una piccola possibilità che i titoli azionari britannici anticipino gli sgravi fiscali, ma la politica e le politiche si concentreranno sugli aiuti per le famiglie e qualsiasi taglio delle imposte sulle imprese sarà minimo.
Certo, è troppo presto per fare ipotesi su cosa farà il prossimo primo ministro. Ma per la Foll, si troverà ad affrontare gli stessi vincoli della precedente leadership, ovvero cercare di percorrere una linea sottile tra il riportare le finanze pubbliche su un percorso più sostenibile e soddisfare una serie di pressioni a breve e lungo termine per aumentare la spesa.
Secondo l’head of macro policy research di State Street Global Advisors, l’addio di BoJo dovrebbe avere un impatto limitato sul mercato: il suo successore dovrà perseguire una modesta espansione fiscale, la politica estera dovrebbe essere leggermente meno conflittuale nei confronti dell’Ue, mentre la politica da falco nei confronti dell’Ucraina dovrebbe rimanere invariata.
“In termini generali – chiarisce -, la continuità politica reggerà. Sulla maggior parte delle questioni, non vi è la volontà di un cambio di rotta rivoluzionario; non ci sono in effetti grandi proposte politiche, perciò è difficile immaginare che un nuovo premier le possa inventare prima delle elezioni del 2024. Entro certi limiti, sarà necessario un impulso fiscale. In primo luogo, è probabile che l’economia registri una contrazione netta e visibile quando il nuovo premier assumerà l’incarico. In secondo luogo, il nuovo premier dovrà utilizzare il primo bilancio per lasciare un segno”. Ciò che per Hentov rimane incerto è la composizione dell’impulso fiscale: candidati come Sunak propendono per sgravi fiscali che dipendono dalla crescita o sono neutrali per il bilancio, mentre altri sono per sgravi fiscali finanziati dal debito.
Per Azad Zangana, senior european economist and strategist di Schroders, le dimissioni di BoJo potrebbero segnare la fine del populismo nel Regno Unito. “Il governo di Johnson si è spesso orientato verso politiche populiste e, sebbene sarà sempre ricordato per la Brexit, anche la recente politica fiscale ha seguito un approccio simile. È possibile che ciò abbia favorito la crescita nel breve termine, ma ha anche contribuito a un aumento dell’inflazione e del debito pubblico. La recente decisione di aumentare le imposte sulle aziende invece di quelle sulle persone fisiche o sulle vendite ne è solo un esempio”, argomenta.
Secondo Zangana l’impressione è che agli elettori non sia stato fornito un quadro completo dello stato dell’economia e delle finanze pubbliche. “Guardando avanti, le prospettive future dipendono da chi sarà il sostituto di Johnson. Un ritorno alla politica conservatrice tradizionale porterà probabilmente a una certa austerità nei prossimi anni, ma anche a politiche più favorevoli per le imprese. Tuttavia, se il nuovo primo ministro sarà un altro politico populista, potremmo vedere un approccio più simile per l’economia”, conclude.
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