I segnali di rallentamento dell’economia Usa e la Reserve Bank of Australia fanno sperare in un aggiustamento di rotta sulla politica monetaria. Ma per i gestori è meglio esser cauti
Il quarto trimestre del difficile 2022 parte all’insegna della speranza. Complice l’ottima performance di Wall Street, anche l’Europa comincia a credere (di nuovo) in una svolta. Se i listini americani sono stati sostenuti soprattutto dal calo dei rendimenti dei titoli di Stato Usa, stabilizzatisi dopo che quelli sul T-bond decennale hanno superato la soglia psicologica del 4%, nel Vecchio Continente, così come in Asia, a far sperare ancora di più è stata la mossa della banca centrale australiana. La Reserve Bank of Australia ha infatti alzato i tassi di appena un quarto di punto, meno delle attese del mercato.
Non solo. A rincuorare gli investitori è stato l’indice Ism manifatturiero americano che, sceso ai minimi da due anni, ha mostrato come l’attività nel settore manifatturiero statunitense sia rallentata il mese scorso e si stia avvicinando a una contrazione. Un segnale di raffreddamento dell’economia Usa che potrebbe portare la Fed, nonostante la retorica rialzista che i suoi componenti continuano a ribadire, a rallentare il ritmo della stretta monetaria. E magari spingere anche la Bce a fare, seppure con tempi e modi diversi, lo stesso. All’Ecofin il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha detto chiaramente che ormai non si può più escludere “una contrazione dell’attività economica nell’Ue durante l’inverno”.
Così, tra gli addetti ai lavori c’è chi ipotizza che la banca centrale americana potrebbe persino rallentare il ritmo della stretta già entro fine anno. Parlando a un evento, il presidente della Fed di New York, John Williams, ha detto di attendersi che l’inflazione scenda a circa il 3% entro la fine del 2022 anche se ha poi sottolineato come per toccare il 2% ci vorrà di più.
La view dei gestori
Andrew Lake, head of global fixed income di Mirabaud Am
Restano comunque cauti i gestori che prevedono ancora parecchie turbolenze sia per il reddito fisso che per l’obbligazionario. Per Andrew Lake, head of global fixed income di Mirabaud Am, siamo vicini al picco del pessimismo, ma bisogna essere realistici e rimanere cauti fino a quando non si inizierà a vedere un trend di riduzione dell’inflazione e dell’attività economica.
“Nonostante le turbolenze, riteniamo che al momento ci siano eccezionali opportunità di investimento nel reddito fisso”, assicura spiegando che il reddito fisso a breve scadenza appare interessante per gli investitori più avversi al rischio. “I Bund a 2 anni rendono oltre il 2% e i Treasury Usa oltre il 4%. Anche i costi di copertura di 200 pb dovrebbero rientrare nel tempo, visto l’impegno della Bce nella lotta all’inflazione. La Bce è un po’ in ritardo rispetto agli Stati Uniti in termini di attività sui tassi d’interesse, ma aumenterà i tassi in modo aggressivo”, afferma.
L’altra area del reddito fisso in cui Lake vede un notevole potenziale è la duration lunga. “Mentre iniziamo a vedere un rallentamento dell’inflazione e un picco dei tassi, osserviamo una convessità significativa della curva”, osserva, chiarendo che per quanto riguarda il posizionamento continua a coprire il rischio di credito e di duration. “Ma siamo molto vicini ai livelli in cui inizieremo a ridurre le nostre coperture sulla duration – afferma -. Il credito vede ancora un po’ di vendite, dato che la recessione e l’indebolimento dei risultati societari non sono ancora del tutto scontati. Aspettiamo questo momento prima di impegnarci nuovamente nell’acquisto di rischio di credito. Nel complesso, siamo stati più attivi nelle coperture che nel mercato cash”.
James Stuttard, head of global macro team e portfolio manager di Robeco
Secondo James Stuttard, head of global macro team e portfolio manager di Robeco, le speranze di un’inversione di tendenza sembrano eccessivamente ottimistiche, date le prospettive di politica monetaria e il margine relativamente limitato per una politica fiscale che cambi le carte in tavola. “Solo gli spread swap sull’euro si trovano a livelli di recessione o di crisi – evidenzia -. Negli ultimi 50 anni, ogni singolo picco recessivo degli spread creditizi è stato preceduto da un picco dei rendimenti dei titoli di Stato, di solito di molti mesi o addirittura anni. Non crediamo che questa volta sarà diverso. Ci aspettiamo di assistere a due picchi: prima i rendimenti dei titoli di Stato e poi gli spread creditizi. Il problema è che il divario potrebbe essere di diversi mesi, e forse di molti punti base, più in là nel tempo”.
Christophe Braun, investment director di Capital Group
Quanto all’equity, secondo Christophe Braun, investment director di Capital Group, sembra di essere nelle prime fasi di un mercato azionario che sta iniziando a mostrare una certa ampiezza dopo una forte concentrazione sui titoli di crescita legati alla tecnologia nei settori IT, dei consumi discrezionali e dei servizi di comunicazione, soprattutto negli Stati Uniti.
“Con l’aumento della volatilità dei mercati a causa della stretta monetaria, dei livelli elevati di inflazione e delle tensioni geopolitiche – afferma quindi Braun -, gli investimenti in dividendi potrebbero svolgere un ruolo più importante nel rendimento totale di un portafoglio. Storicamente, i dividend grower tendono a generare rendimenti maggiori rispetto ad altre strategie basate sui dividendi, mantenendo al contempo un livello relativamente buono rispetto al mercato più ampio. I dividend grower possono anche offrire una certa resistenza all’aumento dell’inflazione e dei tassi d’interesse, soprattutto grazie a utili più solidi”.
Per Lewis Grant, senior portfolio manager global equities di Federated Hermes, mentre gli investitori azionari sono sballottati da ondate di rischi geopolitici che non danno segni di tregua, l’imminente stagione degli utili fornirà una view specifica della portata di questi eventi di natura geopolitica portando con sé un aspetto potenzialmente dirompente. “Le aspettative hanno resistito sorprendentemente bene nonostante le tensioni macro e, con un sentiment così negativo da parte degli investitori, non ci sarà da tempo da perdere per le società che non riescono ad intercettare le attese. Un portafoglio ben diversificato è fondamentale per attenuare le oscillazioni di questi mercati”, raccomanda.
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