Il tycoon porterà più rischi che opportunità sui mercati pubblici. Meglio allora investire su quelli privati, che continueranno a crescere. Dalle infrastrutture all’IA, dove punta la bussola della casa di gestione
Niente inflazione o banche centrali. È la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi la variabile che promette di cambiare in maniera drastica l’equazione dei mercati nel 2025. Ma se molti asset manager credono che gli effetti del tycoon sulle Borse saranno perlopiù positivi, tanto da virare con decisione sulle azioni USA nelle loro scelte di allocazione, gli esperti di Legal & General (L&G) sono convinti del contrario. Ecco perché, guardando all’anno venturo, puntano su un n’asset class molto più legata a dinamiche strutturali e megatrend che al quadro macro: gli alternativi.
Lushan Sun, Private Credit research manager di LGIM
Il punto di partenza della view di LGIM sulla categoria è rappresentato dal credito privato. “Anche se i tagli dei tassi ridurranno la redditività rispetto agli ottimi livelli osservati nel 2024”, afferma la strategist Lushan Sun, “riteniamo che il rendimento complessivo dovrebbe essere interessante rispetto agli spread molto ristretti del corrispettivo pubblico”. La stima della casa, nello specifico, è di circa 5%-8% per il segmento investment grade e dell’8%8-12% per quello sub-investment grade. Ma i fattori di supporto sono anche altri. Nella prospettiva dell’esperta, fattori come la decarbonizzazione e la digitalizzazione faranno infatti da traino per una ricca stagione di emissioni che vedrà nelle energie rinnovabili e nei data center le maggiori opportunità. “Ci aspettiamo una ripresa delle attività di M&A nel 2025”, ha aggiunto la specialista, precisando che la spinta maggiore in tal senso arriverà dalla Trump e da ulteriori tagli dei tassi. Questi fattori dovrebbero ridurre la pressione sugli spread e giocare a favore dei finanziatori, anche se restano fondamentale nella view dell’esperta “una solida sottoscrizione” e “la ricerca di un’adeguata compensazione per il rischio assunto”.
La spinta dell’IA su private equity e venture capital
Nonostante un’attività di dealmaking e di exit rimasta fiacca nel 2024, anche il private equity e il venture capital sono sulla buona strada per vivere un anno danno protagonisti. E il volano di crescita consisterà nell’intelligenza artificiale. “Il capitale investito in questo settore da inizio anno sia in tramite il primo canale sia per mezzo del secondo” , precisa l’outlook di L&G, “ha superato i 150 miliardi di dollari ed è quasi il 60% in più rispetto al 2023” . Questo lascia margine agli esperti della casa per pensare che, nonostante alcuni punti interrogativi sulla valutazione e sulla redditività a lungo termine delle società di IA, il comparto continuerà a guidare l’attività di investimento nel 2025.
Nonostante attese per tagli della Fed fino a 100 punti base entro marzo, la casa di gestione USA è convinta che anche il reddito fisso offra prospettive positive. “I rendimenti continuano a essere attrattivi rispetto a quelli degli anni passati”, ha detto la responsabile delle Strategie Attive Colin Reedie, precisano che anche gli spread non dovrebbero ampliarsi più di tanto nell’immediato futuro e quindi offriranno vantaggi di carry. Ma le note positive per il comparto vengono anche dalla traiettoria delle emissioni. “Nel momento in cui il ciclo di ribassi si esaurirà”, ha proseguito l’esperta, “le imprese inizieranno a contrarre debiti a più lunga scadenza in modo da corrispondere cedole inferiori per un periodo più lungo”. In questo contesto, è la view espressa dalla dirigente, il credito a breve potrebbe essere ricompensato per aver assunto una duration maggiore mentre le strategie a ritorno assoluto dovrebbero riuscire a garantire protezione dall’eventuale volatilità dei tassi.
Ma resta l’incognita Trump
Tim Drayson, head of EConomics di LGIM
Gli esperti della società non dimenticano comunque di sottolineare come l’insediamento di Trump alla Casa Bianca possa cambiare profondamente lo scenario globale, soprattutto attraverso le politiche commerciali. Se infatti la reazione delle borse subito dopo l’esito del voto ha mostrato come gli investitori ritengano la nuova amministrazione positiva per la crescita del Paese, sono più d’una le criticità che gli specialisti intravedono all’orizzonte. “Un forte aumento dei dazi rischia provocare non solo una fiammata dell’inflazione ma anche un impatto importante sull’espansione del PIL attraverso i danni che causerebbe alle supply chain del settore privato e quindi all’occupazione”, ha detto Reedie.
Gli ha fatto eco Tim Drayson, head of Economics di L&G, che ha citato l’ipotesi di una “recessione globale” nel caso in cui il tycoon applicasse davvero dazi al 60% sulla Cina e al 10% sul resto del mondo. “Molti si basano sulla prima esperienza del tycoon alla guida del Paese ma rispetto a quando divenne presidente la prima volta l’inflazione è al di sopra e non al di sotto dei livelli target e il rapporto deficit/PIL è molto più elevato rispetto al passato”, ha invece detto lo specialista a proposito della misure interne. Ne deriva che dalla politica fiscale, anziché i tanto attesi stimoli, potrebbe arrivare una spending review e l’abrogazione dell’Inflation Reduction Act per rifinanziare i tagli delle tasse in scandenza. Secondo lo specialista, il consenso starebbe anche sottovalutando l’estensione e l’impatto dei dazi. Durante la prima amministrazione Trump si è osservato come le ripercussioni di questi si siano riversate soprattutto sui prezzi dei beni, risultando in redditi reali e spesa dei consumatori inferiori. Allora però, il tasso delle tariffe era cresciuto di appena il 2%. Se stavolta il tycoon dovesse davvero applicare il 60% sulla Cina e il 10% sul resto del mondo, come dichiarato in campagna elettorale, allora l’impatto sarebbe otto volte superiore ed è impossibile prevedere chi ne sarebbe più danneggiato. Non è da escludere che le catene di approvvigionamento profondamente modificate, la minore fiducia e gli investimenti in calo delle imprese, assieme con politiche fiscali più stringenti, possano anche innescare una recessione globale.
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