6 min
Credito, mercati secondari e infrastrutture le maggiori opportunità per Goldman Sachs. Recessione probabile nel 2024, cautela sulle valutazioni. Sale l’interesse per i coinvestimenti coi gestori
Non smettere di crescere l’appeal dei private asset tra gli investitori. Con i mercati secondari, il credito e le infrastrutture sempre più oggetto di desiderio nonostante una recessione sia considerata dai più (77%) possibile per il 2024. È quanto emerge dall’ultima survey di Goldman Sachs, secondo cui il 64% del campione vede un miglioramento delle condizioni di investimento nel mercato e il 22% le ritiene stabili. Uno studio che ha coinvolto tra giugno e luglio oltre 200 società tra general e limited partner, testimoniando il rinnovato ottimismo sulle opportunità offerte dal comparto.
📰 Leggi anche “Private equity e venture capital: flussi giù nel semestre“
Nonostante le diffuse preoccupazioni per una sovra-allocazione, si legge nel documento, una quota più alta di società limited partner risulta sotto-esposta a strumenti alternativi. Non solo. La principale sfida non legata agli investimenti è ora, secondo i general partner, il fundraising, divenuto sempre più difficile. Mentre, nella valutazione di questi ultimi, i limited partner considerano il track record come fattore cruciale, rendendo più difficile l’ingresso di nuove società. “Non solo molti limited partner sono sotto-allocati nella maggior parte delle strategie, ma la maggior parte di essi sta aumentando le esposizioni”, spiega Francis Idehen, partner e Us head of alternative multi-strategy solutions in Goldman Sachs Am. “Tuttavia, anche se si torna a un’attività di investimento più normalizzata rispetto a quella del 2022, queste società dichiarano di volere rapporti più solidi con i general partner, con una riduzione degli impegni e un aumento delle attività di coinvestimento”, precisa.
I rischi: recessione in testa
A preoccupare di più gli investitori non sono i fattori di mercato, ma i possibili rischi macro. In primis una recessione (48%), seguita da un conflitto geopolitico (46%), dall’inflazione (43%) e dai tassi di interesse (37%). Quanto alla situazione economica, il 77% degli intervistati si aspetta una contrazione negli Stati Uniti nei prossimi due anni, il 23% nel 2023 e il 53% nel 2024. Più nere le aspettative per l’Eurozona: qui è il 90% ad attendersi una recessione, il 42% già quest’anno e il 44% il prossimo. Anche le prospettive per la politica monetaria e il carovita variano da regione a regione. Negli States, il 49% intravede un aumento del costo del denaro, mentre il 45% pensa rimarrà invariato. Viceversa, a livello globale, il 51% immagina tassi fermi entro fine anno e il 40% più alti. Per l’Eurozona, l’ipotesi si un aumento è sostenuta dal 63% del campione.
Un quadro che, stando a Idehen non sembra comunque minare la fiducia nel comparto. “Anche in presenza di questi timori, i limited partner riconoscono l’importanza di rimanere costantemente investiti nei mercati privati”, sottolinea l’esperto. Che aggiunge: “Non vogliono ripetere gli errori nel 2001 o nel 2008, quando molti si sono ritirati dagli investimenti alternativi e hanno poi dovuto lottare per colmare i buchi dell’anno precedente nei loro portafogli. Vogliono mantenere la rotta, assistiti da una solida gestione attiva”, avverte.
Le allocazioni odierne e tra 2-3 anni
Tra le otto principali asset class, le maggiori allocazioni medie comprendono buyout (12,2%), private credit (10,1%), real estate (9,6%), infrastrutture (6,4%), growth (5,1%), mercati secondari (5,1%), venture capital (3,9%) e investimenti opportunistici/distressed (2,6%). Al contrario, nelle strategie di private equity sono molto più propensi a una sotto-esposizione. E le aree maggiormente sotto-allocate riguardano i coinvestimenti (51%), gli investimenti opportunistici/distressed (46%), le infrastrutture (44%) e il venture capital (41%). L’eccezione è rappresentata dai buyout, con un 27% di sovra-allocazione e un 26% di sotto-allocazione.
“I limited partner rimangono maggiormente sotto-allocati nelle strategie che offrono punti di accesso differenziati ai mercati privati, in particolare nelle allocazioni nei mercati secondari, opportunistiche e infrastrutturali”, osserva Idehen, secondo cui questi soggetti hanno un interesse maggiore per le opportunità di co-investimento perchè desiderano stabilire relazioni più profonde con un numero minore di general partner favoriti. Mentre il 58% dei limited partner non ha esposizioni nei segmento, il 59% prevede di aumentarla nei prossimi due o tre anni. I mercati secondari sono al secondo posto (48%) per l’aumento delle allocazioni, seguiti dal credito privato (46%), dal venture capital (41%), dalle infrastrutture (40%) e dagli investimenti opportunistici/distressed (40%).
📰 Leggi anche “NB: agli italiani piacciono sempre di più i private assets“
Cautela sul real estate
La prima scelta per la diminuzione delle allocazioni è il real estate (28%), cui segue growth (16%) e buy-out (15%). “Con gli asset immobiliari in fase di repricing e un portafoglio di oltre 2mila miliardi di dollari a scadenza nei prossimi , non sorprende che alcuni limited partner continuino ad adottare un atteggiamento cauto”, puntualizza Jim Garman, partner e global head of real estate investing di Goldman Sachs. E gli analisti si aspettano ulteriori dislocazioni in futuro, man mano che il mercato si adatta alla nuova realtà economica. Uno scenario che porterà opportunità per i general partner in grado di accedere e gestire gli asset in aree caratterizzate da innovazione tecnologica, cambiamenti demografici e sostenibilità.
Le valutazioni
“Se la maggior parte dei limited partner ritiene che il private equity e il settore del real estate siano sopravvalutati, non sorprende che siano più selettivi nelle loro allocazioni”, aggiunge Michael Brandmeyer, partner e co-head dell’external investment group (XIG) di Goldman Sachs Am. “Investono con general partner che stanno ritornando a concentrarsi sui driver di valore fondamentali, utilizzando meno la leva finanziaria e puntando su asset capaci di promuovere la creazione di valore attraverso il consolidamento, l’efficienza operativa e nuove fonti di crescita per aumentare la creazione di valore sul lungo periodo”.
I limited partner ritengono poi che i mercati azionari, sia pubblici che privati, dal corporate al real estate, siano generalmente costosi. Questa stessa view è condivisa da oltre il 72% in merito a private equity e private real estate. Il 54% del campione ritiene che anche per il public equity sia lo stesso e il 41% condivide questa opinione per il public real estate. In linea, invece, le valutazioni di reddito fisso pubblico (72%) e private credit (59%), giudizio che sta alimentando l’interesse per il quest’ultimo.
La gestione in un contesto di exit più lento
Sebbene la maggioranza dei general partner continui a ritenere che le exit complete attraverso la vendita di asset siano lo strumento più adatto per ottenere liquidità nel prossimo anno, molti limited affermato di poter gestire processi di disimpegno più lenti anziché cercare sostegno dal mercato secondario. Invece di vendere (10%), un numero maggiore si dedica all’investimento in fondi secondari (45%). Una situazione che potrebbe cambiare qualora gli sconti si riducessero e le società decidessero di ridurre i loro portafogli nel prossimo anno.
A fronte di un rallentamento del numero di deal, in seguito al calo dell’attività di M&A, i general partner sono poi più propensi a rivalutare le posizioni in base ai valori delle transazioni sul mercato privato (il 44% parla di “grande impatto”) e in base alle variazioni di metriche quali i ricavi (38%) e i margini Ebitda (25%). Le valutazioni del mercato pubblico probabilmente avranno un “impatto moderato”, stando al 56% degli intervistati. Per quanto riguarda i prossimi cinque anni, il 33% dei partecipanti alla survey stima che intelligenza artificiale e data science saranno i principali driver dell’evoluzione degli investimenti alternativi, seguiti da un maggior accesso da parte del pubblico retail (20%) e i cambiamenti del ciclo economico (16%).
Progressi verso gli obiettivi di investimento sostenibile
Nonostante il 75% degli investitori ritenga che la sostenibilità sia una priorità, il 43% dei general partner ha registrato progressi significativi nel raggiungimento degli obiettivi di investimento sostenibile mentre solamente il 18% dei limited afferma altrettanto. A livello settoriale, i primi rispecchiano questo aspetto nelle loro scelte allocazione, evidenziando una maggiore attenzione per le energie rinnovabili (21%) rispetto a un anno fa.
Le aspettative
Quanto alle aspettative, i limited partner cercano relazioni più solide con i general partner, puntando su un minor numero di impegni (36%) e su una maggiore attenzione ai rapporti già in essere (32%). Se il 23% di loro sta riducendo significativamente il deployment, solo il 4% lo sta mettendo in stand-by. Al fine di valutare la performance, le società continuano a preferire il tasso di rendimento interno e il multiplo sul capitale investito rispetto alle più sofisticate metriche di Pme (Public Market Equivalent).
Per valutare i gestori, il fattore più indicato dai limited partner è il track record (51%), seguito dall’esperienza operativa (48%). I general reputano le competenze settoriali (69%), il track record (66%) e la diversificazione delle fonti (63%) fattori in grado di differenziarli dalla concorrenza. Per sfruttare al meglio le opportunità, entrambi i gruppi si trovano ad affrontare sfide quali le competenze operative (53% per i general partner, 42% per i limited partner), lo sviluppo e il consolidamento della cultura incentrata sul lavoro in team (50% e 31%), la fidelizzazione e la motivazione del team (28% e 36%) e il recruiting di talenti (28% entrambi).
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.