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Per i protagonisti del settore è il momento giusto per investire. Ma da “Milano Capitali”, Gervasoni di AiFi mette in guardia l’esecutivo sul Golden Power
È il momento giusto per investire nel private market. Che non solo può essere una scelta vincente per i portafogli, ma può anche aiutare le aziende italiane affondate dalla crisi da cooronavirus a rialzare la testa. A una condizione, però: che il governo faccia la sua parte. E’ questo, in sintesi, ciò che pensano i principali protagonisti del settore, chiamati a discutere nel corso della tavola rotonda virtuale ‘Milano Capitali’ organizzata da Class E. Non sono mancati i distinguo, ovviamente, ma per tutti private capital e asset reali possono costituire un ponte tra finanza ed economia reale orientato al rilancio del Paese.
Tra i principali sostenitori di questo mercato, Angelo Viganò, head private banking di Mediobanca, secondo cui “è il momento migliore per investire”, tanto che Piazzetta Cuccia sta “cercando di essere protagonista”. “Il private market funziona e ha dato rendimenti importanti nel tempo – ha assicurato -. Ci teniamo moltissimo ed è un elemento chiave della nostra strategia”.
A sottolineare con forza l’utilità di questo tipo di investimenti è stato Andrea Montanino, presidente di Fondo Italiano d’Investimento Sgr. “Dopo questa crisi le aziende saranno più indebitate di prima anche perché le politiche pubbliche si basano su prestiti – ha sottolineato -. Le banche dovranno gestire un inevitabile aumento degli Npl e quindi dovranno rendere il credito più selettivo. Anche lo Stato sarà più indebitato e avrà poco margine per manovre economiche in futuro. In questo quadro il ruolo del Fondo Italiano diventa ancora più importante nella seconda fase”. Secondo Montanino occorre però allargare di più la scala perché in Italia ci sono 8 mila medie aziende che sostengono il sistema produttivo. “Dovrebbero salire a 12 mila in 5 anni. Dobbiamo lavorare molto con le medie”, ha avvertito.
C’è anche un’altra condizione per il successo, secondo i protagonisti del settore, e riguarda la politica. “L’ampliamento del perimetro del Golden Power deciso dal governo nel corso delle scorse settimane con il decreto Liquidità ha introdotto grossi paletti fino alla fine dell’anno e per tutti gli operatori del private equity ha creato grandi vincoli operativi a investire e disinvestire. “Rappresenta un’iniziativa che non dobbiamo assolutamente portarci dietro e che va bene solo nel brevissimo termine”, ha messo in guardia il d.g. di AiFi, Anna Gervasoni.
Quanto al nuovo dl Rilancio appena varato e passibile di ulteriori modifiche dopo l’analisi del Parlamento che avverrà nelle prossime settimane, la top manager ha osservato che “i capitali pubblici possono essere un volano incredibile per il rilancio del Paese, ma al tempo stesso rischiano di tramutarsi in una mazzata notevole se vengono impiegati male. Pertanto, ci impegneremo per far sì che il decreto venga ben indirizzato e non faccia danni al nostro sistema”.
La Gervasoni ha spiegato inoltre che AiFi aveva avanzato diverse richieste al governo, in vista della stesura dell’ultimo decreto. “Hanno ascoltato la nostra richiesta di far affluire più risorse al private capital, ma l’hanno accolta solo a metà – ha affermato -: bene la decisione di far affluire risparmi da clientela privata di taglio elevato, il che ha cambiato il cappello dei Pir per ricomprendere anche i clienti affluent e private che potranno così portare capitale agli Eltif. Tuttavia, non è stata accolta la richiesta di riconoscere incentivi pesanti a soggetti istituzionali italiani per sottoscrivere fondi riservati”. Quest’ultima, ha ricordato la Gervasoni, rappresenta un’asset class importantissima, perché da sempre è proprio il pubblico istituzionale a fornire capitali ai nostri fondi. “Su questo fronte – ha assicurato la numero uno di AiFi – il dialogo con il Governo continuerà nelle prossime settimane”.
Intanto gli operatori non se ne stanno con le mani in mano. “Non siamo particolarmente preoccupati per la situazione delle aziende che abbiamo in portafoglio e, anzi, abbiamo già deciso che nei prossimi mesi cercheremo di fare operazioni di rafforzamento, aumenti di capitale, per puntellare le imprese che già oggi ci vedono nella compagine dei soci”, ha assicurato il fondatore di Tip, Giovanni Tamburi, la cui strategia è di aiutare queste imprese a “fare ulteriori acquisizioni” sfruttando le tante opportunità che la crisi è destinata a far emergere nei prossimi mesi. Proseguendo in questo senso lungo il solco di una strada che Tip ha già tracciato da tempo, considerando che “da quando siamo entrati nel loro capitale, quella ventina di società che abbiamo in portafoglio hanno già condotto in porto oltre cento acquisizioni”, ha ricordato il banchiere. Tamburi non esclude neppure che Tip possa acquisire direttamente nuove quote di minoranza in aziende quotate e non, anche se non nell’immediato. “Mi posizionerei verso fine anno o inzio 2021, non prima”, ha spiegato.
A differenza del passato, l’interesse dell’investment company milanese potrebbe concentrarsi anche su casi di post restructuring, vale a dire su aziende che “iniziano a vedere la luce al termine di una risturuttrazione aziendale, hanno risolto i loro problemi con il ceto bancario e possono aver bisogno di capitali freschi per fare il salto di qualità e rilanciarsi definitivamente”. Le opportunità non mancheranno di certo, considerato che “storicamente in Italia le imprese sono sempre state sottocapitalizzate”, ha osservato ancora il numero uno di Tip.
Per investire con successo, però, sono necessari tre ingredienti per Claudia Vacanti, responsabile sviluppo prodotti di Banca Generali, il cui gruppo è attivo nel settore da un po’ di anni. “Oggi abbiamo uno stock importante di investimenti. Alla base di questo successo di volumi ci sono tre ingredienti – ha spiegato -: l’individuazione di business che hanno un profilo di rischio relativamente contenuto, quindi crediti sanitari e finanziamento all’export. Hanno al proprio interno la possibilità di estrarre un premio di illiquidità per garantire la creazione di valore per i clienti. Altro ingrediente di successo è l’idea di prodotto che presuppone la creazione di un ponte tra il risparmio e l’economia reale e quindi presuppone conoscenza del mercato privato e delle dinamiche distributive, dei bisogni dei clienti e di come lo strumento possa incontrare il bisogno dei clienti. Altro ingrediente è la durata”. Non solo. Necessario “a un’innovazione così importante – ha aggiunto la Vacanti – importante è rilevante avere anche un meccanismo banca e una rete distributiva di eccellenza per trasmettere questi contenuti al cliente”.
Pronta per l’azione anche Azimut, che punta a diventare un “player di riferimento” nel mercato dei prodotti alternativi in Italia dove da una parte ci sono “risparmi della clientela privata su conti correnti o depositi” e dall’altra parte “abbiamo un tessuto imprenditoriale di piccole e medie imprese non quotate”. A spiegarlo, Marco Belletti, amministratore delegato di Azimut Libera Impresa sgr, secondo cui con l’emergenza Covid “le imprese hanno una necessità sempre più impellente di poter accedere al capitale degli imprenditori privati”.
Punta infine sull’e-commerce Andrea Di Camillo di P101 Sgr. “Qualunque azienda che sia oggi nei portafogli dei fondi più blasonati di private equity è stata una start up”, ha evidenziato, aggiungendo che proprio in questa fase di emergenza pandemica l’accesso alla tecnologia e al mondo dell’e-commerce, figli di quelle che un tempo erano appunto piccolissime aziende, è stato fondamentale. “Non si tornerà indietro su questi fronti”, ha avvertito.
Poi Di Camillo ha anche analizzato in che modo il settore del private market sa cambiando. Per il manager, gli investitori istituzionali italiani non conoscevano lo strumento del venture capitale anche perché lo Stato in passato non ha supportato i valori del settore: “Da allora un po’ di strada è stata fatta. Oggi finalmente questi investitori iniziano a vederci e a tenerci sotto-traccia, anche se siamo solo all’inizio. Bisogna continuare in questa direzione per farci guardare di più da queste grandi istituzioni”, ha concluso.