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In Europa l’indice Sentix risale oltre le attese. I mercati attendono l’inflazione Usa di marzo. Per gli asset manager cruciale sarà anche la stagione delle trimestrali
Si è aperta all’insegna di un lieve ottimismo la settimana post-pasquale dei mercati. In attesa del responso sull’inflazione Usa di marzo (in uscita martedì), dall’Europa è infatti arrivato un segnale di miglioramento del morale degli investitori: l’indice Sentix si è attestato ad aprile a -8,7 punti dai -11,1 di marzo, oltre le attese di -9,9 degli analisti. Un sentiment di cauta fiducia che non è stato scalfito dai dati sulle vendite al dettaglio di febbraio dell’Eurozona, calate dello 0,8% da gennaio e del 3% rispetto al 2022, ma comunque in linea con le attese del mercato per un rallentamento dei consumi.
Attesa per l’inflazione Usa
A decidere come proseguirà la settimana sarà però soprattutto il dato dell’inflazione statunitense di marzo. Le attese convergono su una frenata dei prezzi al 5,1% dal 6% di febbraio, che dovrebbe convincere la Federal Reserve ad optare per un aumento dei tassi dello 0,25% il prossimo 3 maggio. In questo senso, gli investitori guardano con molta attenzione anche alla pubblicazione delle minute dell’ultima riunione del Fomc, sempre in uscita martedì, da cui si spera emergano conferme di un imminente rallentamento della stretta monetaria.
La view dei gestori
Per ora, tra gli operatori continua a regnare la cautela mentre si tiene d’occhio qualsiasi segnale possa dare indicazioni sullo stato di salute dell’economia globale. Per Gilles Guibout, gestore del fondo Wf Italy Equity di Axa Im, cruciale in questo senso sarà l’imminente stagione delle trimestrali, perché permetterà di farsi un’idea su come sia partito il 2023 e di iniziare a misurare l’impatto della crisi bancaria. “Bisognerà capire se il rialzo dei tassi da qui a fine anno porterà a una recessione o a un significativo rallentamento dell’economia, e già si vedono alcuni segnali, come la frenata delle richieste di credito”, sottolinea.
Secondo Guibout, infatti, la recente crisi dell’industria del credito dipende dalla repentina stretta monetaria che comincia a pesare sui finanziamenti. “Sarà interessante capire, dai risultati delle prossime trimestrali, se ci sono segnali di un rallentamento dell’attività o di progetti rimandati a causa dell’aumento del costo del denaro. E se la riapertura della Cina abbia anch’essa avuto un impatto sui bilanci societari”. Il gestore si aspetta mercati ancora volatili e continua a preferire “società che combinano una struttura finanziaria solida con la capacità di aggiustamento dei prezzi, visibilità e prospettive di crescita attraverso l’esposizione a tematiche di lungo termine”.
Raccomanda cautela anche Michele Morganti, senior equity strategist di Generali Investments, secondo cui gli effetti ritardati dell’inasprimento monetario e la crisi nel segmento bancario determineranno una crescita del Pil più contenuta, inducendo così una maggiore avversione al rischio. “La nostra posizione verso l’azionario rimane per ora di sottopeso, anche se non ampio poiché sia l’allocazione degli investitori sia la volatilità del settore rimangono contenuti”, afferma, chiarendo di prevedere rendimenti positivi limitati nei prossimi 12 mesi. “Rimaniamo in attesa di migliori livelli di acquisto una volta che l’inasprimento delle politiche, la crisi bancaria e il rallentamento economico saranno pienamente scontati”, precisa.
Secondo Morganti, le valutazioni dell’indice S&P 500 segnalano possibili rendimenti negativi a breve termine, con rischi crescenti dovuti alla minore propensione al credito da parte delle banche e alle accresciute possibilità di rallentamento. “La discesa dei tassi intervenuta di recente è un elemento di supporto ma dubitiamo che ciò aiuterà le azioni nel breve termine. A livello geografico, privilegiamo Cina, Regno Unito, Giappone e Area euro rispetto agli Usa, anche se in misura ridotta”, conclude.
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