Dall’aggiornamento dell’Osservatorio di Assogestioni, la conferma di come le piccole e medie imprese restino il target principale di questi strumenti. E la conferma di un mercato da 19 miliardi
Anche in tempi di grande instabilità, continua il supporto dei Piani individuali di risparmio alle PMI italiane così come al più ampio universo delle società non quotate. La conferma arriva dall’ultimo aggiornamento all’Osservatorio PIR di Assogestioni, che mostra come l’incidenza della parte ordinaria di questi strumenti raggiunga l’8% del flottante dell’EGM e il 9% delle mid-cap contro appena l’1,3% del Ftse Mib. Una fotografia, integrata con i dati a giugno 2023, che restituisce l’immagine di un mercato dal valore di 19 miliardi di euro.
I dati, elaborati come sempre dall’Ufficio Studi dell’assocazione che riunisce gli asset manager attivi nella Penisola, mostrano come i PIR ordinari abbiano anche superato ampiamente i livelli minimi di investimento per le società a minore capitalizzazione: sul 70% del portafoglio in emittenti italiani, investono infatti il 51% al di fuori del Ftse Mib e il 17% ad esclusione sia del Ftse Mib che del mid-cap mentre la normativa prescrive il 25% in un caso e il 5% nell’altro. “Questi strumenti hanno supportato in particolare la crescita dell’EGM, come dimostrano i 230 milioni di euro di investimenti che ne costituiscono parte del flottante”, spiega il Senior Research Analyst Riccardo Morassut. Che aggiunge: “Dalla loro nascita, il numero delle società quotate nell’ex AIM è più che raddoppiato, passando da circa 90 a 193, proprio a dimostrazione di come i Piani individuali di risparmio abbiano reso più liquido e spesso questo segmento di Borsa Italiana”.
Un peso crescente sui listini
Fonte: Incidenza degli investimenti azionari dei PIR ordinari sul flottante, per indice. Fonte: Osservatorio PIR, Assogestioni.
I dettagli su classi di fatturato e numero dei dipendenti delle aziende nel mirino dei PIR ordinari attestano invece che le aziende target sono effettivamente quelle più piccole: il 46% delle risorse allocate all’Egm è andato a società con un fatturato fino a 50 milioni euro mentre ad avere meno di 250 dipendenti è il 54%. Non solo. Un’ulteriore conferma del sostegno al tessuto produttivo del Paese arriva dallo spaccato settoriale, perché oltre un terzo delle aziende del listino su cui investono questi strumenti appartiene all’industria.
Il non quotato nel mirino dei PIR alternativi
Quadro simile per i PIR alternativi, un mercato che oggi si contraddistingue per 1,5 miliardi di euro di attivi. La composizione del portafoglio attualmente investito risulta infatti molto favorevole alle imprese non quotate, che pesano per l’84% del totale, mentre dolo l’8% è diretto all’EGM (il 5% in small-cap e il 2% in mid). In particolare, il 32% del mercato private riguarda aziende con un fatturato inferiore ai 50 milioni mentre quelle che superano tale soglia rappresentano il 52% del totale. Anche il 36% delle società EGM incluse negli investimenti dei PIR alternativi fattura meno di 50 milioni, mentre il 48% delle aziende quotate sull’EGM che ricevono flussi dai PIR alternativi ha un fatturato da 50 a 250 milioni. “Il consolidamento dei primi risultati conferma come questi strumenti si stiano muovendo nella direzione pensata dal legislatore. Sono infatti circa 600 milioni gli investimenti effettuati dai PIR alternativi, di cui oltre il 90% relativi a PMI ad alto potenziale”, conclude Morassut.
PIR e classi di fatturato
Fonte: Investimenti azionari dei PIR, per indici e classi di fatturato. Fonte: Osservatorio PIR, Assogestioni.
Infine, confrontando gli investimenti azionari effettuati dai PIR ordinarie da quelli alternativi, emerge come l’81% di questi ultimi riguardi aziende con fatturato fino a 250 milioni euro contro il 15% riferibile ai primi.
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