Gestione Patrimoniale: la rivoluzione dei Millennial
Clienti da 68 trilioni di dollari entro il 2045. Gli studi di Capgemini e Simon-Kucher & Partners
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In un mondo che sta diventando sempre più digitale, i veri protagonisti saranno i Millennial, sia nell’utilizzo dei nuovi servizi bancari sia nell’approcciare in modo innovativo agli investimenti e alla consulenza. E su quest’ultimo fronte giocherà un ruolo fondamentale il passaggio di ricchezza che nei prossimi anni avverrà tra Baby Boomer, Generazione X e Millennial. Le conferme arrivano da due sondaggi condotti da Mfs e Hype relativamente alle rispettive competenze: gli investimenti per Mfs e i servizi bancari per Hype.
La paura del domani
Il sondaggio di Mfs, “Offrire consulenza ai Millennial nell’era digitale” ha esaminato gli atteggiamenti, le percezioni e i comportamenti dei singoli investitori Millennial in Italia, rilevando che i tre quarti degli intervistati desiderano espandere le loro conoscenze in materia di investimento, con il 25% che ha evidenziato un crescente bisogno di consulenza finanziaria negli ultimi 12 mesi. Allo stesso tempo, però, si sentono sopraffatti dalle diverse opzioni d’investimento disponibili e faticano a guardare al futuro con ottimismo. E tra le principali preoccupazioni c’è il “domani”, come la paura di non essere in grado di risparmiare abbastanza in vista della pensione. “Gli investitori Millennial hanno sofferto le conseguenze della crisi finanziaria del 2008 e della crisi del debito dell’eurozona, che per molti hanno causato difficoltà a livello occupazionale, e ora stanno attraversando un’altra, crudele, battuta d’arresto: la pandemia da coronavirus – commenta Andrea Baron, managing director Italia di Mfs Investment Management – Alla luce di tutta quest’incertezza economica, non stupisce apprendere che nutrono così tanti timori. Tuttavia, il fatto che tanti membri di questa coorte stiano pensando al futuro e vogliano prendere il controllo delle proprie finanze è incoraggiante”.
Millennial e consulenti
I risultati del sondaggio evidenziano un disallineamento tra consulenti finanziari e Millennial relativamente agli obiettivi d’investimento. A causa dei timori per il futuro, probabilmente, l’obiettivo principale (36%) degli investitori è generare reddito dai propri investimenti, e meno della metà di loro si considera tollerante al rischio. Un dato in contrasto con l’opinione dei consulenti, secondo cui i Millennial preferirebbero invece concentrarsi sulla crescita del patrimonio e sull’aumento del valore del portafoglio (49%). Questo disallineamento può essere legato al fatto che il 56% dei consulenti ha indicato di non essere in grado di attrarre clienti giovani o di attrarne solo una quota marginale, mentre il 9% non considera affatto questa fascia d’età. La mancanza di patrimoni (73%) e di modelli di business adeguati (24%) sono le ragioni principali per cui i consulenti non si dedicano a questa generazione. “A prima vista potrebbe sembrare che i Millennial non possiedano capitali cospicui, tuttavia, stiamo per assistere al trasferimento di un enorme volume di ricchezza dai Baby boomer alla Generazione X e ai Millennial (stando al sondaggio, il 60% degli investitori Millennial italiani ha ricevuto o si aspetta un’eredità) – sottolinea Baron – I consulenti che risulteranno avvantaggiati nel lungo termine sono quelli disposti a interagire con i Millennial e a creare una customer experience in grado di soddisfare le loro esigenze. Ciò apre una finestra di opportunità che permette ai gestori patrimoniali come Mfs di aiutare i consulenti finanziari a colmare il divario con gli investitori Millennial”.
Servizi finanziari all’avanguardia
E sempre i Millennial, al fianco anche della Generazione X (i nati tra il 1996 e il 2010), sono i risparmiatori che guardano con maggiore interesse alle nuove evoluzioni del mondo bancario. Lo testimonia anche l’ultima indagine condotta dalla challenger bank Hype, che annovera tra i suoi maggiori utilizzatori entrambe le generazioni. L’indagine evidenzia che, se da un lato si conferma una tendenza alla multi-bancarizzazione (oltre il 70% del campione possiede anche un conto presso un istituto tradizionale), dall’altro continua a diminuire la frequenza con cui si accede fisicamente alla filiale bancaria: quasi il 63% degli intervistati titolari di altri conti si è recato in filiale al massimo 2 volte in un anno. Aumenta anche il livello di soddisfazione rispetto alla fruizione di servizi a valore aggiunto.
“L’incremento di fiducia che registriamo nei confronti delle challenger bank è la diretta conseguenza della loro maturazione in termini di servizio e della capacità di intercettare e adattarsi alle esigenze del pubblico con grande dinamismo – fa notare Antonio Valitutti, Ceo di Hype – Gli utenti hanno ormai piena consapevolezza del fatto che queste realtà possono concretamente migliorare la gestione dei servizi finanziari e ne colgono l’opportunità. Non sorprende che si tratti di un fenomeno di portata mondiale: persone e abitudini sono cambiate e continueranno a farlo, solo chi riuscirà ad assecondarle con un’offerta in continua evoluzione rimarrà competitivo sul mercato”.
Gli obiettivi futuri
Ma come deve essere la banca del futuro? I rispondenti al sondaggio condotto da Hype hanno un’idea piuttosto chiara dei nuovi servizi che vorrebbero avere sulle loro piattaforme digitali. Al primo posto, desiderato dal 20,9% dei rispondenti, c’è il cashback immediato sugli acquisiti in negozio. Al secondo (con il 16,2%) c’è l’esigenza di poter visualizzare e gestire i diversi conti correnti da un’unica App, per poter avere sempre sotto controllo la propria situazione finanziaria a colpo d’occhio (il 67% degli intervistati con un conto presso una banca tradizionale afferma che il proprio istituto non offre servizi basati sull’analisi aggregata di conti di istituti differenti). La banca digitale, poi, è diventata un valido alleato per gestire in modo oculato il proprio denaro. Forse è anche per questo che gli utenti vorrebbero vedere sviluppati sempre di più servizi come il salvadanaio digitale (14,3%) e la possibilità di fare investimenti attraverso l’App (14%).
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