Pmi, quante opportunità dalla finanza alternativa
Dai mini-bond al venture capital, crescono i canali alternativi al credito bancario per le piccole e medie imprese. Ma li utilizza appena l’1% di chi ne avrebbe la possibilità
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Il 2018 ha segnato un nuovo record per il numero di emissioni di mini-bond in Italia. Inoltre, cresce il numero di Pmi che si avvicina a questo strumento, così come aumentano gli intermediari e gli investitori che lo prendono in considerazione. È quanto emerge dal quinto report annuale sui mini-bond della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui a fine 2018 il mercato ExtraMOT Pro, gestito da Borsa Italiana (è il listino più adatto per i mini-bond italiani), ha raggiunto la soglia dei 207 titoli quotati, il valore più alto mai visto. In particolare, i mini-bond si confermano quale fonte di finanziamento alternativa e complementare al credito bancario soprattutto in preparazione a successive operazioni con investitori istituzionali più compless,e come possono essere il private equity o la quotazione in Borsa.
Le imprese emittenti
La ricerca, considerando i parametri prima introdotti, ha identificato 498 imprese italiane che alla data del 31 dicembre 2018 avevano collocato mini-bond; di queste, 260 sono Pmi. Nel 2018 le emittenti sono state 176, di cui ben 123 si sono affacciate sul mercato per la prima volta, con un significativo aumento rispetto all’anno precedente. Nel 2018 sono più che raddoppiate le Srl emittenti rispetto al 2017 (da 21 a 45). Rispetto alle motivazioni del collocamento, si conferma come dominante l’obiettivo di finanziare la crescita interna dell’azienda (nel 56% dei casi, soprattutto per le Pmi). Al secondo posto emerge l’obiettivo di ristrutturare le passività dell’impresa (soprattutto per le grandi imprese). Seguono le strategie di crescita esterna tramite acquisizioni, e il fabbisogno di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante.
Le emissioni
Il database dell’Osservatorio comprende 746 emissioni di mini-bond effettuate dalle imprese del campione a partire da novembre 2012 (in alcuni casi le imprese hanno condotto più emissioni). Di queste, ben 636 hanno importo sotto 50 milioni di euro. Si tratta in gran parte di obbligazioni, ma compaiono anche 37 cambiali finanziarie, titoli che però sembrano perdere popolarità. Il valore nominale totale dei mini-bond nel campione supera 25,2 miliardi (4,6 miliardi considerando solo le emissioni fatte da Pmi, 4,9 miliardi considerando solo le emissioni fino a 50 milioni).
Il 2018 ha contribuito con 198 emissioni (in buon aumento rispetto al 2017) con controvalore totale di 4,3 miliardi (in diminuzione rispetto ai 12 mesi precedenti). La raccolta effettuata nel 2018 dalle Pmi è stata pari a 668 milioni. Delle 198 emissioni del 2018, 179 sono sotto la taglia di 50 milioni (controvalore raccolto 1,3 miliardi). Il valore medio delle emissioni è al minimo storico (22,40 milioni nel secondo semestre, 20,85 milioni nel primo semestre). Nel campione totale, il 54% delle emissioni è sotto la soglia di 5 milioni e addirittura nel 2018 la percentuale sale al 60%. Fra tutti i mini-bond, il 44% è stato quotato su ExtraMOT Pro, ma nel 2018 tale percentuale è scesa al 27 per cento. Cresce invece il numero di emissioni quotate all’estero (12% nel campione totale).
Il futuro
Per il 2019 le aspettative sono più conservative rispetto al passato, a causa dei primi segnali negativi che provengono dal ciclo economico, dell’incertezza sulle politiche di sviluppo interne e della possibile concorrenza delle operazioni di direct lending, che si vanno diffondendo sul mercato. Pensiamo dunque che i volumi del 2019 saranno abbastanza simili a quelli del 2018. Laddove i Pir non sono riusciti, grande speranza si nutre verso gli Eltif nel canalizzare risorse verso le Pmi non quotate e verso i mini-bond.