Per Giorgio Solcia, managing director di Caceis, il recente rallentamento delle registrazioni di fondi esteri è circostanziale. Ma nel lungo periodo il mercato si farà più concentrato e specializzato. Specie in Italia. Ecco perché servirà un nuovo modello di servizio. Dalla tecnologia alle fund platform, ecco come la società si prepara al futuro
Giorgio Solcia, managing director di Caceis
Nel 2022 il controvalore delle quote di fondi esteri distribuiti in Italia ha toccato i 220 miliardi di euro. Un dato, emerso dall’Osservatorio sottoscrittori di Assogestioni, che conferma l’importante peso raggiunto da questo segmento per l’industria complessiva del risparmio gestito tricolore. Eppure sono diversi i cambiamenti che promettono nei prossimi anni di trasformare il settore e, con esso, anche la fisionomia di uno dei player più importanti al suo interno: il Sip. Tra gli operatori pronti a intercettarli c’è Caceis, che vede nell’efficienza e nella tecnologia i driver del futuro. Il managing director Giorgio Solcia ha raccontato a FocusRisparmio in che direzione si muove la corrente e come la società si prepara a navigare le acque.
A cosa è dovuto il recente rallentamento nella registrazione di fondi?
Quello cui abbiamo assistito nei primi mesi del 2023 è un rallentamento figlio anzitutto di una frenata degli investimenti e quindi della raccolta. Due dinamiche da imputare ad inflazione e aumento dei tassi, che hanno creato condizioni sfavorevoli alla raccolta di fondi. Questo vale in modo particolare per il mercato italiano, dove la liquidità è sì elevata ma viene tenuta in giacenza a causa di un certo attendismo sia da parte dei risparmiatori sia da parte degli investitori focalizzati sui private asset. Al quadro macro si è poi sommato un tema di concorrenza, sia perché i titoli di Stato continuano a fare gola nonostante tassi reali negativi sia perché sono emerse nuove fonti di interesse: non solo i depositi a termine ma anche i bond bancari, emessi in grande quantità dagli istituti per fare funding. Non è mancato, infine, il fattore regolamentare: i timori che gli inducements venissero azzerati, ipotesi rivelatasi infondata, ha frenato per un certo periodo le iniziative.
Un rallentamento circostanziale, insomma. Quali trend vedete, invece, su un orizzonte di lungo periodo?
Se è vero che di rallentamento circostanziale si è trattato, tanto che già si nota una ripresa dei fondi obbligazionari e a cedola, non si può ignorare come alcune tendenze di lungo periodo siano comunque destinate a ridurre i volumi di registrazione. Mi riferisco ai vincoli normativi ma anche alla riduzione della capacità di differenziazione dei distributori e al consolidamento, che certo avranno un certo impatto sull’attuale modello ad architettura aperta. Nel caso specifico dell’Italia, a questi driver si sommeranno le prassi del mondo consulenziale, sempre più orientato ad allocare la propria distribuzione sui fondi best performer piuttosto che su prodotti generalisti. Si tratta di dinamiche che noi accogliamo con favore, perché utili ad efficientare un mercato in cui sono troppi i player a proporre fondi di diritto estero e sono troppi quelli che lo fanno cercando di coprire tutte le asset class senza incanalare loro expertise verticali in prodotti performanti. Del resto, non siamo gli unici a pensarla così: i nuovi entranti si focalizzano sempre più sulle gestioni istituzionali o su quelle da fund buyer così come gli stessi asset manager trovano sempre meno conveniente affrontare i costi di compliance per registrare prodotti non competitivi.
Come evolverà il modello di servizio Sip e in che modo state agendo per interpretare tali cambiamenti?
Solo la tecnologia può garantire l’omnicanalità richiesta dai distributori e ridurre tanto i costi operativi quanto i rischi. Ecco perché, per noi, l’innovazione rappresenta l’investimento prioritario. Ed essendo gli ultimi arrivati in Italia abbiamo potuto dotarci di un’infrastruttura più efficiente e flessibile della media. Il ruolo di Sip come accentratore di esigenze del distributore è poi sempre più indispensabile. Stiamo quindi cercando di promuovere flussi standardizzati in modo che, a fronte di un investimento iniziale da parte dei distributori, si crei una sola struttura tecnologica interamente a carico nostro ma capace di favorire economie di scala e risparmi di costo. Sempre in chiave efficienza, molto importante sarà anche la relazione con i transfer agent. E anche su questo fronte abbiamo un vantaggio, perché Caceis unisce questa funzione a quella tradizionale di Sip. Si tratta di un’espansione nella catena del valore che è fondamentale in un mercato dove sono coinvolti numerosi attori. Espansione in cui ci aiuterà molto l’acquisizione delle operation europee di Rbc, leader sul mercato del transfer agent, che ci porterà a essere numero uno in Lussemburgo in questa attività.
Sullo sfondo resta il tema dei trasferimenti tra Sip. Sul punto siamo coinvolti in tavolo di Abi e Assogestioni, nell’ambito del quale vorremmo creare con gli altri Sip una struttura più efficiente di flussi per ridurre in maniera importante il trasferimento di fondi tra Sip e distributori. Crediamo infatti che serva uno sforzo coordinato per creare un mercato alternativo come accade, ad esempio, nel mondo della custodia dei titoli.
I dati che avete presentato al Salone del Risparmio 2023 mostrano che, nel 2021, le piattaforme di distribuzione sono arrivate a rappresentare il 26% degli UCITS grazie a una crescita del 31%. A cosa si deve questo successo?
Crediamo che questo modello stia favorendo quell’uniformazione di mercato che ancora manca, perché contribuisce a unificare i flussi e agisce da fattore di efficienza informatica, tecnologica e burocratico-normativa. La piattaforma di distribuzione offre però anche diversi vantaggi commerciali, di servizio e strategici. Accentra, ad esempio, le attività regolamentari e di compliance stipulando un unico accordo con le case e ripartendolo sui suoi distributori. Aspetto che riduce, in capo al singolo distributore, la complessità e l’onerosità di gestire molteplici relazioni con molteplici attori a monte della filiera. Sulla scorta di questo unico accordo di sub-distribution, il distributore guadagna poi l’accesso a tutti i prodotti di tutte le case con cui il Sip si è legato. Inoltre, non dovrà più essere lui a far valere singolarmente il proprio potere negoziale ma potrà sfruttare la maggiore forza contrattuale esercitata dal Sip per spuntare distribution fee più convenienti. In ultimo, la fund platform è in grado di raccogliere e fornire ai distributori quei dati, preziosi a fini commerciali e di marketing ma anche regolamentari, che altrimenti sarebbero costosi e difficili da reperire.
Come vi state muovendo per intercettare questo trend?
Come CACEIS stiamo investendo molto su questo modello di servizio. Di recente abbiamo rilevato il 33% di Fund Channel, piattaforma B2B di fund distribution che si propone di facilitare la distribuzione di fondi ed ETF attraverso la tecnologia. Con la società abbiamo stipulato una partnership strategica che ci ha portati alla creazione di una soluzione verticale integrata per il mercato italiano retail in cui noi ci occupiamo della parte operativa e loro di quella distributiva.
C’è un altro progetto su cui stiamo lavorando sempre nell’ottica di semplificare i collegamenti tra gli operatori e uniformare i flussi in uscita dai distributori verso le case prodotto: stiamo infatti valutando di offrire un servizio di fund agent verso i fondi di diritto italiano. Si tratta di un servizio informatico che potremo svolgere sempre in partnership con la fund platform e con il quale potremmo produrre due vantaggi: ridurre i flussi informatici e creare economie di scala. Questo andrebbe a beneficio di tutti i distributori di fondi non solo di case captive in quanto ci sarebbe un’unica fund platform capace di negoziare, calcolare e liquidare tutte le retrocessioni sia per i fondi esteri che per quelli italiani.
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