Mosca, l’ombra del default fa tremare gli investitori
Secondo Bloomberg a rischio ci sono 150 miliardi di dollari. E per gli analisti il fallimento potrebbe essere decretato già a metà aprile
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Il conto alla rovescia è iniziato. Le cedole per 117 milioni di dollari che Mosca avrebbe dovuto pagare entro mercoledì scorso non sono ancora state accreditate. E così per il Cremlino si fa sempre più incombente lo spettro default, mentre prova a contrattaccare avvertendo che i Paesi Ue perderanno 500 miliardi di euro dallo stop dei commerci e dal ritiro reciproco degli investimenti.
“Ci risulta che gli investitori non abbiano ricevuto il pagamento della cedola sugli Eurobond 2023 e 2043 denominati in dollari statunitensi del governo russo quando il pagamento era dovuto il 16 marzo 2022, a causa di difficoltà tecniche legate alle sanzioni internazionali”, scrivono gli analisti di S&P, che hanno deciso di declassare il rating del debito russo in valuta estera a lungo termine e quello in valuta locale a lungo termine da CCC- a CC, mantenendo entrambi sotto osservazione con implicazioni negative. I rating della Russia rimangono sotto osservazione perché S&P, avvertono gli analisti, potrebbe “abbassare il rating a ‘SD’ (default selettivo)”, se il governo russo non dovesse effettuare il pagamento in tempo.
Scope Ratings, la società di rating europea con base in Germania, ha intanto annunciato di aver ritirato i suoi rating sul credito alla Federazione Russa, per “ragioni di business, con una decisione conforme alle sanzioni” emanate dall’Unione europea.
Nei giorni scorsi l’ipotesi di un fallimento di Mosca si era fatta più probabile quanto il governo di Putin aveva annunciato che avrebbe pagato gli investitori dei Paesi ‘ostili’ in rubli. Il Cremlino ha però poi accettato di saldare il conto in dollari e derogato alle sue ‘contro-sanzioni’ che impedivano il deflusso di capitali dal Paese. Giovedì il ministero delle finanze russo ha allontanato l’ipotesi crack, affermando di aver adempiuto all’obbligo di pagamento alla banca corrispondente estera, Jp Morgan. Questa, secondo le agenzie americane, avrebbe ricevuto l’incasso e lo avrebbe girato a Citibank per i pagamenti finali. I fondi, però, potrebbero essere temporaneamente bloccati in attesa del via libera delle autorità statunitensi.
Secondo quanto riportato da Bloomberg, la Russia ha trasferito dollari americani per pagare le cedole e un portavoce del Tesoro ribadisce che le sanzioni Usa non impediscono a Mosca di effettuare questi pagamenti. Se i soldi però non dovessero materializzarsi, il Cremlino avrà trenta giorni di tempo per provvedere, ovvero fino al 15 aprile. Se entro quella data il Cremlino risultasse inadempiente, allora il default sul debito estero diventerebbe realtà. Con conseguenze imprevedibili per i mercati.
Ma anche se la Russia dovesse infine pagare i suoi creditori, scongiurando il fallimento, a detta degli investitori il Paese potrebbe essere comunque già compromesso a causa delle sanzioni. “Ci sono numerosi casi di mercati emergenti che hanno affrontato una simile disruption sul lato dell’offerta – osserva George Brown, economist di Schroders -. Sanzioni, cattiva gestione economica, o una combinazione delle due cose, impongono una grande pressione sulle importazioni, che alla fine genera carenze sia di valuta estera che di beni. Ne consegue inevitabilmente un’inflazione strutturalmente più alta, che porta a una crescita economica più debole e a un deprezzamento sostenuto delle valute. Esempi in questo senso includono Argentina e Venezuela, ma forse il paragone più rilevante è l’Iran”.
Per l’economista le sanzioni possono avere effetti contrastanti, ma lasciano cicatrici profonde e durature sul Paese target. “Anche se sopraggiungerà il rimorso, è improbabile che un voltafaccia del governo possa fare la differenza. La sua reputazione è stata distrutta agli occhi del mondo e potrebbe non riprendersi più”, avverte.
Per quanto riguarda il mercato russo, i cui titoli sono stati esclusi dall’indice Msci, la situazione resta piuttosto complicata. “Dall’invasione dell’Ucraina, il mercato azionario russo è diventato per lo più non investibile in seguito a una serie di sanzioni occidentali e ai limiti posti dalla Banca Centrale russa ai movimenti sui tassi di cambio all’estero”, evidenziano gli esperti di T. Rowe Price, stando ai quali l’esclusione non causerà immediatamente ulteriori pressioni sulle azioni russe perché sul mercato locale il trading rimane congelato, e per il trading di titoli gdr/adr. “Anche se il mercato locale dovesse riaprire, è probabile che gli investitori stranieri rimangano interdetti dal trading finché la Russia manterrà i controlli sui capitali”, affermano.
Per gli analisti di T. Rowe Price, l’eventuale decisione di includere nuovamente la Russia in futuro si baserà sugli sviluppi del conflitto e sul feedback degli operatori sui mercati. “Anche se il mercato locale dovesse riaprire, è probabile che ciò avvenga solo per gli investitori locali, dato che la Russia cerca di evitare deflussi di valuta estera e di proteggere il rublo. Ci aspettiamo che la negoziabilità per gli investitori stranieri rimanga limitata”, chiariscono, precisando che però ciò che conta di più a lungo termine è la tabella di marcia per l’abolizione dei controlli sui capitali da parte della Russia e dell’Occidente. “Questo dipenderà probabilmente dai negoziati diplomatici, che potrebbero portare allo sblocco delle riserve della banca centrale, insieme a qualsiasi azione sulle sanzioni alla banca centrale e sull’accesso al sistema di pagamenti Swift”, concludono.
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