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L’accordo di acquisizione da 44 miliardi di dollari ha sollevato perplessità dagli attivisti politici – intimoriti dagli effetti sull’informazione – e dagli osservatori di mercato, che temono contraccolpi su Tesla. S&P pone il social in creditwatch negativo
L’operazione era nell’aria già da giorni, ma la notizia che Elon Musk alla fine ha raggiunto un accordo per ottenere il controllo di Twitter con un’acquisizione da 44 miliardi di dollari ha portato un’ondata di scompiglio sul mercato. Del resto, non poteva essere altrimenti: non solo per l’entità in sé dell’operazione, ma per il clamore che accompagna in generale ogni manifestazione pubblica del Ceo di Tesla e SpaceX, acclamato da molti come un guru visionario (e considerato da molti altri come un personaggio controverso).
Inoltre, in questo caso l’acquisizione ha delle caratteristiche molto particolari: Twitter è un’azienda che ha ormai 16 anni di vita, ma ha sempre stentato a decollare economicamente al livello di altri social media e società tecnologiche. Non ha le dimensioni di Facebook e non è riuscita a sviluppare servizi altamente monetizzabili come la società di Mark Zuckerberg, che infatti ha ricavi di gran lunga superiori a quelli di Twitter (85,96 miliardi contro i 5 miliardi di dollari del social di microblogging). Anche il titolo non ha prodotto gli stessi ritorni economici di altre azioni analoghe, e oggi viaggia intorno ai 50 dollari, circa il doppio rispetto al prezzo di collocamento a 26 dollari nell’Ipo del 2013.
D’altro canto, però il canale è emerso come una delle piazze pubbliche più influenti del mondo e lo stesso Musk lo usa quotidianamente per comunicare con i mercati e le istituzioni (spesso anche in modo poco ortodosso e con conseguenze rilevanti). Infatti, il fine dichiarato dal tycoon sudafricano è proprio quello di “valorizzare” Twitter come forum di discussione e di comunicazione, perché il social è la “piazza digitale in cui questioni vitali al futuro dell’umanità vengono dibattute”. Musk si autodefinisce un “assolutista della libertà di parola”, e ha a più riprese criticato la moderazione di Twitter e la scelta di bloccare alcuni contenuti controversi, come disinformazione e tweet che violano le regole della comunità.
Secondo lui, i contenuti non andrebbero mai censurati e bloccati, e il futuro che immagina per Twitter deve includere una minore dose di moderazione e una maggiore dose di “free speech”. Musk inoltre che l’algoritmo di Twitter sia pubblico, che le società inserzioniste abbiano minore potere e che la piattaforma sia più user-friendly (per esempio con la previsione di un bottone che permetta di modificare i tweet già pubblicati, come avviene su Facebook e Linkedin).
Le considerazioni fatte sull’operazione sono oggi soprattutto politiche. Musk delisterà la società, e ne avrà quindi pieno controllo (un divertente contrappasso, fanno notare gli osservatori più maliziosi, per qualcuno che pochi giorni fa aveva criticato lo strapotere di Zuckerberg su Facebook). Gli attivisti politici si aspettano che le dichiarazioni programmatiche su una maggiore libertà di parola faranno proliferare ulteriormente le fake news e l’hate speech, e consentiranno a personaggi oggi bannati, come l’ex presidente Usa Donald Trump, di tornare ad arringare le folle sul social. E si domandano se il controllo di una sola persona su un social così delicato – che si ritiene abbia giocatoun ruolo rilevante in eventi storici come le primavere arabe, nonché sui disordini di Capitol Hill di gennaio 2021 – non sia preoccupante. Non a caso, ha affermato che le piattaforme devono essere responsabili. “Il presidente Biden ha parlato a lungo delle sue preoccupazioni sul potere delle piattaforme di social media, inclusi Twitter e altri, di diffondere disinformazione”, ha detto Psaki.
Un approccio più pragmatico spinge altri esperti a domandarsi quale sarà l’effetto dell’operazione su Tesla. Il patron di Amazon, Jeff Bezos, si è chiesto se la Cina adesso farà pressione sul produttore di auto elettriche per fare pressione su Musk e reprimere la libertà di espressione sul social. Edward Moya, analista del broker valutario Oanda, in una mail ai clienti ha ipotizzato che con l’acquisizione di Twitter Musk potrebbe iniziare a trascurare proprio la sua Tesla. Il titolo, in effetti, negli ultimi giorni ha patito il clamore del deal dell’anno: le azioni Tesla in cinque giorni sono scese da 1074 a 908 dollari circa (dopo aver segnato un minimo a 876).
E Twitter? L’operazione ha fatto lievitare le azioni del social, che il giorno dell’annuncio sono salite del 5,7% per chiudere la seduta a 51,70 dollari. Il deal valorizza infatti la società con un premio del 40% rispetto al valore di Borsa.
Non altrettanto entusiasta la reazione di S&P, che ha reagito all’annuncio mettendo Twitter in creditwatch negativo. Il takeover, spiegano gli esperti della società di rating, causerà una netta crescita della leva, al di sopra della soglia associata al downgrade dall’attuale rating BB+. La proposta di Musk, infatti, prevede l’emissione di 13 miliardi di dollari di nuovo debito emesso dalla compagnia e 12,5 miliardi di margin loan su 62,5 miliardi di azioni Tesla. S&P si aspetta di concludere il posizionamento in creditwatch, che potrebbe risultare in un downgrade di diversi notch sia della società che del suo debito, una volta che l’acquisizione proposta sarà conclusa e sarà possibile valutare la struttura patrimoniale, la strategia operativa e la governance della società come entità privata.
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