Lo specialista aurifero della casa di investimento britannica condivide il suo outlook sull’oro, spiegando perché tanto quello fisico quanto l’azionario delle società di estrazione aurifera potrebbero riacquistare fascino l’anno prossimo.
L’andamento dell’oro nell’ultimo trimestre è stato poco soddisfacente. Nel mercato si è parlato di un calo di fiducia da parte degli investitori a causa della mancata performance positiva dei prezzi durante il recente sell-off sui mercati emergenti. Tuttavia, considerato quanto i titoli azionari dei mercati sviluppati abbiano mantenuto una forte performance durante quel periodo, non sorprende che i prezzi dell’oro non siano saliti.
Lo scenario suggerisce dunque che gli investitori non fossero alla ricerca di un bene rifugio. Eppure secondo alcuni osservatori il pessimismo odierno sull’oro appare eccessivo e il metallo giallo, pertanto, sarebbe pronto per un rally. Tra questi c’è Ned Naylor-Leyland, gestore del fondo Merian Gold&Silver per la casa di investimento Merian Global Investors, nuova incarnazione di Old Mutual Global Investors dopo il recente rebranding. “Ritengo che l’anno prossimo l’oro si apprezzerà, dal momento che i tassi di interesse reali scenderanno”, spiega l’esperto a FocusRisparmio.
Un outlook che sembra cominciare a trovare riscontro nei dati relativi ai flussi su strumenti di investimento legati all’oro. Secondo le statistiche diffuse a inizio mese dal World Gold Council, l’associazione che raggruppa le principali aziende minerarie aurifere, il mese scorso gli Etf americani collegati all’oro hanno interrotto una serie di deflussi che durava da quattro mesi, registrando afflussi per 561 milioni di dollari. Ancora meglio hanno fatto i corrispondenti fondi europei (+678 milioni).
Il 2018 è stato un anno difficile per i metalli preziosi: rilevazioni di Deutsche Bank al 31/10/2018 mostrano rendimenti in calo per oro (-5%) e argento (-13,5%). Come e perché potrebbero andare meglio nei prossimi mesi? L’aumento dei tassi di interesse solitamente si riversa sul prezzo dell’oro: a spingerlo verso l’alto sono i tassi di interesse reali negativi, viceversa tassi reali positivi determinano un calo dei prezzi. Il motivo per cui gli ultimi 12 mesi non sono stati esaltanti è che la Fed ha mantenuto le promesse su un numero sempre maggiore di rialzi dei tassi. Questo non determina un buon ambiente di investimento per l’oro, mentre al contrario il dollaro ha fatto molto bene.
Per assistere a un aumento del prezzo dell’oro è necessaria una maggiore inflazione o un numero minore di rialzi dei tassi. Quest’ultimo scenario è quello che ritengo più plausibile, in quanto legato al calo dell’azionario, dinamica che con ogni probabilità segnerà i mercati nel prossimo anno. Che sia il bear market dell’equity, le guerre commerciali o di una serie di dati macroeconomici inferiori alle attese, una qualsiasi di queste variabili porterà il mercato obbligazionario a fare marcia indietro sull’attesa di un ulteriore irrigidimento della politica monetaria. Detto diversamente, uno shock di qualsiasi tipo soffierà il vento nelle vele dell’oro.
Alcuni osservatori sostengono che il ciclo abbia raggiunto il suo picco e che la recessione è alle porte. Come andrà l’oro quando i mercati azionari invertiranno la rotta? Ogni giorno gli investitori reagiscono al consenso di mercato sull’andamento dei tassi e sull’inflazione. In questo momento le obbligazioni scontano prospettive ottimistiche di crescita economica sostenuta e inflazione benigna. Ma se il mercato azionario dovesse perdere terreno i tassi di interesse reali collasseranno perché la Fed dovrà tornare ad assumere una politica monetaria non convenzionale. In questo scenario, l’oro aumenterà di valore.
Ha ancora senso diversificare gli investimenti scommettendo sull’oro? Può ancora considerarsi un bene rifugio? Se le banche centrali acquistano lingotti d’oro a scapito dei Treasury, come sta effettivamente avvenendo, penso che la risposta sia ovvia: certo che lo è. L’oro è l’unico vero bene rifugio al mondo perché il denaro reale è rappresentato da oro e argento, non da note di credito. Il problema è che da oltre 50 anni gli investitori si sono abituati all’idea che le obbligazioni siano equivalenti al denaro. Li usiamo come moneta di scambio, ma non lo sono davvero.
Oltre che in oro fisico, in quali strumenti finanziari legati all’oro investe il fondo? L’equilibrio tra l’esposizione in lingotti rispetto a quella in titoli auriferi dipende dai flussi verso oro e argento: se è molto negativo, allora deterremo più lingotti e meno azioni di società minerarie. Al momento siamo al 20% in lingotti e all’80% in titoli minerari. Questo posizionamento riflette i bilanci delle banche centrali: la posizione media dei paesi del G20 in riserve aurifere è del 18%. Il motivo per cui non deteniamo esclusivamente lingotti è che l’investitore finale quasi mai avrà una grande esposizione all’oro nel proprio portafoglio – in genere oscilla tra l’1 e il 5%. Questo anche perché l’oro fisico rappresenta sostanzialmente una posizione valutaria, equiparabile a una moneta come il franco svizzero, solida ma senza elevate prospettive di rendimento reale. È l’investimento nei titoli minerari a guidare davvero il profilo di rendimento del fondo.
Può approfondire? Investendo in azionario aurifero si punta a detenere il margine operativo delle società. Non il prezzo intero a cui l’oro viene venduto, pari quest’anno a una media di 1.200 dollari l’oncia, bensì i circa 100 dollari di margine operativo che – seppur più volatile rispetto al sottostante – determina il vero rendimento del prodotto. Investiamo solo in miniere nelle Americhe e in Australia per ridurre il rischio operativo delle società minerarie, variabile che in altri paesi, Africa in particolare, è difficilmente prevedibile.
Come hanno performato queste azioni nell’anno che volge al termine? Non benissimo, perché quest’anno l’oro ha avuto un andamento laterale e leggermente negativo. In generale l’azionario aurifero si apprezza con multipli compresi tra 2 e 5 volte il prezzo dell’oro. Quindi se il prezzo è in calo del 6%, lo stesso avverrà in misura proporzionale per le mining equities. Quest’anno ci siamo trovati in un ambiente difficile ma anche interessante, perché adesso i margini operativi e i flussi di cassa di queste società sono talmente esigui che nel momento in cui il prezzo dell’oro salirà, il margine operativo aumenterà in misura più che proporzionale, dunque il profilo di rendimento potenziale nelle azioni aurifere è davvero attrattivo rispetto a un anno fa.
Perché investire in oro attraverso un fondo attivo piuttosto che in strumenti a basso costo come Etf e Etc? Anzitutto, perché il profilo di rendimento è migliore. Spesso gli strumenti passivi sono collegati all’oro fisico, ma come detto questa, da sola, rimane una mera posizione valutaria: pagare lo 0,4% all’anno per detenere l’equivalente di franchi svizzeri su una quota del 3% del portafoglio non è una strategia efficiente, e anche qualora l’outlook dell’oro dovesse migliorare, gli strumenti passivi non sono costruiti per massimizzare l’upside a differenza dei fondi attivi, in cui lo stesso investimento del 3% finirà per apprezzarsi in modo meno lineare e più redditizio.
E per gli investitori interessati negli strumenti che investono replicando gli indici delle società di estrazione aurifera, oltre che nell’oro fisico? Anche in questo caso ci sono chiari vantaggi nelle prestazioni di un fondo minerario aurifero gestito attivamente. La selezione delle società di estrazione è un esercizio dal tasso tecnico elevato. La differenza tra una società buona e una cattiva è enorme – le società minerarie possono essere grandi distruttrici di capitale, quindi investire attivamente e con l’esperienza di gestori specializzati che comprendono le logice del mining è una scelta del tutto giustificata e totalmente consigliabile.
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