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Modalità di iscrizione e vigilanza al centro del FeeOnly Summit 2019: i consulenti a parcella rivendicano il ruolo all’interno della casa della consulenza
Semplificazione delle procedure, standardizzazione dei costi di iscrizione, responsabilità degli iscritti e vigilanza, applicazione Iva: tanti sono i fronti aperti all’interno della ‘casa della consulenza finanziaria’ italiana, il nuovo albo unico gestito e vigilato dall’Ocf.
Il FeeOnly Summit 2019 (29 e 30 ottobre a Verona) è stato arena di confronto fra le principali anime dell’albo, quella dei consulenti finanziari mandatari (Anasf), le reti di distribuzione (Assoreti), l’Associazione per la Consulenza Finanziaria Indipendente (Ascofind, che nell’OCF rappresenta le società di consulenza finanziaria) e Nafop, l’associazione del mondo dei consulenti a parcella (persone fisiche).
“Se è vero che la casa della consulenza è unica allora non vedo perché debba esserci disparità di trattamento fra le diverse sezioni dell’albo” sottolinea Cesare Armellini, presidente e amministratore delegato di Consultique e presidente Nafop, nella conferenza istituzionale della manifestazione.
Il nodo dei costi di iscrizione
L’iscrizione all’albo tenuto da Ocf può arrivare a costare circa cinquecento euro per i consulenti autonomi persone fisiche e oltre tremila euro per le società di consulenza finanziaria, mentre per i consulenti con mandato i costi sono sensibilmente più contenuti.
“I maggiori costi sono giustificati da un’attenzione più forte sulle pratiche che riguardano i consulenti a parcella”, sostiene Carla Rabitti Bedogni, presidente dell’Ocf, che sottolinea la differenza fra la “responsabilità solidale dei mandatari e quella degli autonomi”.
Numeri alla mano, però, le statistiche della sezione dedicata ai fee only sono ancora basse rispetto a quanto stimato dalle associazioni prima del lancio dell’albo unico. Il rischio è che – lamentano Nafop e AssoSCF -, i costi associati all’iscrizione e la durata delle procedure per attivare il passaggio da una sezione all’altra dall’albo scoraggino le nuove iscrizioni.
Oggi sono 240 i consulenti autonomi registrati all’Albo unico, 34 le società. Secondo un’indagine condotta alla vigilia dell’apertura delle iscrizioni agli indipendenti, però, i consulenti intenzionati all’iscrizione erano circa 1500. Dove sono finiti?
“Circa il 90-95% degli autonomi proviene dal mondo dei consulenti a parcella o ex promotori finanziari”, commenta Armellini, che chiede la semplificazione delle procedure da attivare per il passaggio fra le due sezioni dell’albo, una fattispecie che di fatto oggi non esiste. “Come è possibile che ci vogliano cento giorni per la cancellazione da una sezione e altri cento per l’iscrizione nell’altra?”, incalza il presidente Nafop.
Massimo Scolari, presidente di Ascofind, ritiene poco significativo confrontare i numeri in sé, “è meglio guardare al contributo delle nuove iscrizioni degli autonomi rispetto alla crescita totale dell’albo che secondo i miei calcoli è intorno al 15%”, stima l’esperto.
Rabitti Bedogni di fatto conferma le potenzialità ancora inespresse del mondo fee only.
Il ruolo della vigilanza
C’è anche chi sostiene che la differenza fra costi di iscrizione, se ben bilanciata da un efficace processo di vigilanza pre– e post–iscrizione, non debba per forza esser vista negativamente da chi la subisce.
Del resto, il vero problema della consulenza fee only è la diffidenza dei clienti: “Per i mandatari è più facile far leva sulla forza del brand bancario che rappresentano”, ragiona Nicola Rochetti, amministratore delegato di Finer.
Ecco dunque che un attento processo di vigilanza può rappresentare “un messaggio positivo per la clientela e un nemico verso diffidenza”, precisa Alessandro Paralupi, segretario generale Ocf.
In cerca di identità
A conclusione della plenaria, permangono alcuni punti da chiarire per quanto riguarda la posizione dei fee only sulla scena italiana. In particolare, durante la tavola rotonda è emersa la natura ibrida dei consulenti finanziari autonomi, per i quali ora è giunto il tempo di maturare decisioni e capire come realmente si vogliono collocare nella catena del valore dell’industria, se come intermediari o come professionisti.
La differenza è sostanziale soprattutto per quanto riguarda il tema del pagamento dell’IVA, imposta dalla quale gli abilitati all’offerta fuori sede sono esentati in quanto riconosciuti come intermediari.
Su questo punto Scolari ha ricordato l’impegno dell’associazione con le autorità, mantenendo però il contatto con la realtà: “Abbiamo avviato un dialogo con l’Agenzia delle Entrate sul tema IVA, tuttavia essendo un’imposta di matrice europea, il legislatore italiano quindi ha poca flessibilità nel poter modificare queste norme”.
Ottenuto l’ingresso all’interno della casa della consulenza, sono queste le prossime sfide che attendono il mondo dei fee only.