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La ricerca di stabilità e cedole interessanti spinge l’industria del risparmio gestito a esplorare nuove aree del mercato del credito. E tra le direttrici strategiche, l’head of Italy della società indica le obbligazioni collateralizzate come strumento per affrontare volatilità e dispersione settoriale
L’attuale contesto macroeconomico ha restituito al credito il suo storico ruolo di alleato per i portafogli. Eppure, complici tassi in calo ma con una traiettoria difficilmente prevedibile, gli investitori obbligazionari non sono comunque esenti da sfide. Lo sa bene Alessandro Aspesi, head of Italy di PGIM, secondo cui la più incalzante impone di trovare rendimento senza aumentare il rischio. Un problema al quale la società ha fatto fronte lanciando UCITS PGIM Global AAA CLO, fondo focalizzato su un segmento dalle caratteristiche particolarmente adatte a navigare periodi di volatilità: le collateralized loan obligation (CLO). La redazione di FocusRisparmio ha raggiunto il manager per approfondire le previsioni sul futuro del reddito fisso e capire le caratteristiche del prodotto, che non è ancora disponibile per gli investitori retail ma si trova attualmente in fase di approvazione.

Qual è lo stato di salute del credito oggi e quali opportunità intravede per questa asset class?
Direi che il credito resta un’opzione interessante per i portafogli. È vero che il ciclo economico mostra chiari segnali di rallentamento, ma c’è ancora quel grado minimo di solidità necessario a rendere attrattiva l’asset class. Il tema è semmai un altro: con gli spread molto più contenuti che in passato e una dispersione settoriale particolarmente accentuata, uno strumento fondamentale per individuare gli spazi di extra-rendimento presenti sul mercato diviene la selezione attiva degli emittenti. Il lancio del fondo UCITS PGIM Global AAA CLO nasce proprio da questa convinzione: nel prossimo futuro, crediamo cioè che le collateralized loan obligation possano garantire performance corrette per il rischio migliori rispetto al credito tradizionale.
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Siamo però alle porte di una fase che vedrà molta incertezza aleggiare sulle decisioni delle banche centrali in materia di tassi. Questo può cambiare le cose?
I CLO sono particolarmente rilevanti in contesti come quello attuale, caratterizzato da tassi di interesse in fase di riduzione ma con un alto grado di incertezza sulla traiettoria futura. La loro struttura a tasso variabile e la duration molto contenuta possono permettere infatti di affrontare in modo più flessibile diverse evoluzioni dello scenario. Quando il costo del denaro scende, ad esempio, possono offrire rendimenti più elevati rispetto agli investment grade o ad altri asset obbligazionari con la medesima esposizione e potenzialmente permettono così di bypassare il problema di reinvestire a scadenza in strumenti con rendimenti progressivamente più bassi. Se invece il percorso di allentamento dovesse interrompersi o addirittura invertirsi, possono consentire di reagire molto più rapidamente e proteggere il portafoglio.
Come è costruito il nuovo fondo e quali caratteristiche lo contraddistinguono?
I CLO sono pacchetti di prestiti concessi alle imprese, suddivisi in tranche con diversi livelli di rischio. La nostra strategia si concentra sulle tranche più difensive. In particolare, almeno l’80% del portafoglio è investito in tranche AAA mentre fino a un massimo del 20% può essere allocato in tranche AA in maniera opportunistica. È una scelta precisa, perché entrambe le categorie non hanno registrato default negli ultimi trent’anni neppure durante fasi critiche come la grande crisi finanziaria del 2008 o la pandemia. Questo offre agli investitori una combinazione di solidità e rendimento molto interessante. Va poi sottolineato un altro punto: PGIM vanta un track record consolidato su questa asset class, con quasi 78 miliardi di dollari gestiti esclusivamente in obbligazioni collateralizzate. In altre parole, siamo in grado di operare un’analisi estremamente dettagliata dei prestiti sottostanti: possiamo valutarli riga per riga, riducendo al minimo il rischio di sorprese negative.
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Su quali aree geografiche vi concentrate?
L’esposizione principale è su Europa e Stati Uniti, circa il 50% ciascuno, con possibili aperture tattiche ad altre economie sviluppate come Canada o Australia. La diversificazione geografica consente di bilanciare economie domestiche più resilienti, come quelle americane, con contesti più esposti all’export, come le PMI europee.
Quali sono i principali vantaggi in termini di rapporto rischio-rendimento?
Sono tre i pilastri fondamentali. Il primo è la bassa esposizione al rischio tassi, grazie alla struttura a tasso variabile. Questo significa che il portafoglio è meno vulnerabile alle oscillazioni della politica monetaria rispetto a un’obbligazione tradizionale. Il secondo è la diversificazione: un CLO contiene centinaia di prestiti a imprese diverse, spesso distribuiti su vari settori, e ciò può ridurre il rischio specifico. Inoltre, la selezione attenta dei prestiti sottostanti può consentire di costruire portafogli stabili. Il terzo è l’extra-rendimento, nel senso che i CLO possono offrire cedole più alte rispetto ad altri strumenti obbligazionari investment grade a fronte di un rischio simile. Una caratteristica che li rende adatti a essere utilizzati come alternativa ai fondi monetari, il cosiddetto cash plus, oppure come perno di strategie di portable alpha, aggiungendo rendimento extra a un portafoglio obbligazionario tradizionale senza modificare significativamente il profilo di rischio complessivo.
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I CLO sono strumenti complessi e poco conosciuti in Italia. Come colmare questo gap?
È vero, in Italia c’è ancora un gap di conoscenza. Spesso i CLO vengono confusi con i CDO e altri prodotti cartolarizzati, come gli asset-backed securities legati a prestiti al consumo o i mortgage-backed securities collegati ai mutui residenziali. La differenza è sostanziale: i CLO riguardano prestiti alle imprese e quindi permettono un’analisi più oggettiva e puntuale dello stato di salute dei debitori. La formazione è quindi essenziale, soprattutto per spiegare in modo chiaro la natura dei sottostanti, i rating coinvolti, i livelli di liquidità e i criteri di selezione. Solo così si può fare chiarezza e superare le resistenze culturali verso questa tipologia di strumenti.
Guardando al mercato italiano, che ruolo vede per il reddito fisso nei prossimi anni?
L’investitore italiano tende a esporsi al capitale di rischio in ritardo, quando i mercati hanno già corso. E così sta accadendo anche adesso, con tanti clienti che si precipitano a fare incetta di azioni quando le Borse hanno già raggiunto il loro picchi. Se c’è una differenza con gli anni passati, risiede però proprio nel fatto che il reddito fisso è tornato in larga misura a svolgere la sua funzione di diversificazione e protezione all’interno dei portafogli. Offre infatti rendimenti reali positivi e cedole stabili, riducendo la volatilità dell’allocazione complessiva. In un contesto dove i tassi non sono più a zero, le obbligazioni non possono quindi che riacquistare centralità soprattutto per investitori avversi al rischio come quelli italiani e dell’Europa del Sud.
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