Emergenti, il calo delle vendite al dettaglio non fa paura
Secondo gli esperti, si tratta di eventi sostanzialmente isolati, che non rappresentano un rischio per l'universo dei Paesi in via di sviluppo
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Dimentichiamo le recenti turbolenze di mercato, le obbligazioni dei mercati emergenti oggi sono in una posizione ottimale. Infatti, l’anno in corso potrebbe rivelarsi l’esatto contrario del 2018 che è stato abbastanza complicato. Parola di Mary-Therese Barton, head of emerging market debt di Pictet Asset Management, secondo cui particolarmente interessanti sono il Brasile e l’America Latina in generale, mentre permangono rischi in Turchia e Argentina.
Il giudizio positivo dell’esperta è riconducibile a due fattori: “Innanzitutto – spiega -, sebbene l’economia globale sia in rallentamento, le economie emergenti stanno andando relativamente meglio rispetto alle controparti sviluppate. In secondo luogo, i governi di tutto il mondo stanno attuando politiche mirate a stimolare la crescita. Storicamente, gli attivi dei mercati emergenti tendono a sovraperformare in entrambi questi contesti economici”.
“L’indicatore anticipatore mondiale, che si occupa di prevedere cosa potrebbe succedere alla crescita globale, ha registrato una brusca tendenza al ribasso dal picco del 2017. Ma, sebbene le previsioni si siano indebolite anche per i mercati emergenti, il grosso del rallentamento globale è riconducibile alle economie sviluppate”, argomenta l’esperta. Che aggiunge: “Il differenziale di crescita delle economie emergenti rispetto alle controparti sviluppate è aumentato considerevolmente lo scorso anno fino a aggiungere un divario che è adesso ai massimi dal 2013. È importante poiché in periodi in cui l’economia globale ha subito un rallentamento non uniforme, con le economie in via di sviluppo che hanno sovraperformato, le valute dei mercati emergenti si sono apprezzate sul dollaro, a un ritmo dell’1,7% l’anno in media, secondo la nostra analisi. Questa tendenza è ancora più accentuata per le valute dei mercati emergenti di Paesi in via di sviluppo di grandi dimensioni, come Cina, India, Corea, Russia e Brasile, per citarne alcuni. In media, queste valute hanno guadagnato il 4,7% l’anno sul dollaro, con le valute di America Latina e Europa dell’Est che tendono ad essere in testa”.
Inoltre le valute dei mercati emergenti potrebbero anche beneficiare degli sviluppi in corso negli Stati Uniti, prosegue l’analisi. “Al momento, le valute dei mercati emergenti sono prossime al valore di massima sottovalutazione rispetto al dollaro da almeno vent’anni a questa parte. Complessivamente, questi fattori dovrebbero contribuire a sospingere le valute dei mercati emergenti e, pertanto, le obbligazioni sovrane dei mercati emergenti denominate in valuta locale, in quanto una porzione importante del rendimento su questi titoli di debito tende ad essere trainata dai movimenti di cambio”.
Ma non sono solo la Fed e la Bce ad aver reagito al rallentamento. Secondo l’analista, è la Cina la principale fonte di stimoli derivanti da una politica monetaria aggressiva. “In termini più generali, le obbligazioni dei mercati emergenti dovrebbero essere sostenute da condizioni locali migliori. Politiche macroeconomiche prudenti e, soprattutto, la relativa aggressività delle banche centrali dei mercati emergenti suggeriscono che le economie dei mercati emergenti dovrebbero essere meno volatili rispetto al passato. Nel frattempo, le tensioni commerciali globali al momento preoccupano forse meno di quanto non abbiano fatto in passato”.
Ecco dunque come muoversi. “Notiamo anche un notevole potenziale di rimbalzo nell’universo emergente, con l’attenuarsi delle tensioni commerciali – conclude la Barton -. Tra i Paesi emergenti, troviamo particolarmente interessante il Brasile, la cui agenda delle riforme varata dal nuovo governo ha contribuito a riportare l’attenzione sui fondamentali positivi del Paese. In effetti, apprezziamo l’America Latina in generale. Per contro, le economie con grandi squilibri, non ultime Turchia e Argentina, sono destinate a rimanere vulnerabili a brusche correzioni. Il quadro complessivo suggerisce, quindi, che dopo le turbolenze del 2018, molti Paesi dei mercati emergenti dovrebbero beneficiare della loro forza relativa rispetto ai Paesi sviluppati, insieme alle prospettive realistiche di una ripresa generalizzata più avanti nel corso dell’anno”.