Per Tony Appiah, client portfolio manager di Nuveen, il taglio della Fed non intacca lo smalto dei prestiti sindacati americani. “Versatilità, rendimenti elevati e bassi rischi i punti di forza dell’asset class”. Che dovrebbe piacere soprattutto agli europei
Tony Appiah, Client Portfolio Manager, Europe Nuveen Equities & Fixed Income
Con un mercato che ha raggiunto i 1.400 miliardi di dollari a livello globale, i senior loan statunitensi si sono imposti tra gli asset più contesi negli ultimi due anni. La capacità di offrire rendimenti interessanti a fronte di una volatilità decisamente contenuta ha infatti reso questi strumenti finanziari una ghiotta opportunità soprattutto a partire dalla stretta monetaria delle banche centrali. E perfino ora che la Federal Reserve ha tagliato i tassi dello 0,5%, lasciando intendere di essere pronta a un profondo ciclo di allentamento, tanti continuano ad avere fiducia nel segmento. Tra loro c’è anche Tony Appiah, client portfolio manager Europe di Nuveen Equities & Fixed Income, secondo cui la categoria fa proprio al caso degli investitori obbligazionari europei.
Posseggono tre caratteristiche che li distinguono da altre asset class equiparabili. In primo luogo, poiché costituiscono il debito più senior di una società, conferiscono a chi li detiene la priorità più alta nel rivendicare i propri crediti in caso di fallimento. Sono poi generalmente garantiti da beni come il capitale fisico e intellettuale ma anche le attrezzature, i crediti ricevibili e le scorte: tutti asset che, sempre nell’eventualità di un default, possono essere trasferiti ai titolari dei prestiti con tassi di recupero più elevati. Vengono infine emessi con una cedola che garantisce uno spread predeterminato al di sopra di un tasso variabile come il secured overnight financing rate (SOFR), circostanza da cui derivano sia un adeguamento cedolare all’aumentare dei tassi sia una duration prossima allo zero.
Perché ritiene facciano al caso degli investitori europei?
I senior loan statunitensi offrono un livello di remunerazione elevato per unità di rischio secondo diversi parametri. In proporzione alla duration, presentano rendimenti confrontabili con quelli del debito emerging e una sensibilità molto bassa ai tassi d’interesse. Dal punto di vista dello sharpe ratio, la combinazione di cedole elevate e variazioni di prezzo relativamente contenute ne fa invece un’ottima via di mezzo tra la redditività dell’high yield e la rischiosità degli investment grade. Questi strumenti offrono anche vantaggi a livello di diversificazione del portafoglio: nel lungo periodo, ad esempio, presentano una correlazione di appena 0,3 con le obbligazioni europee di alta qualità e di 0,61 con le azioni della stessa area mentre il comparto high yield statunitense si attesta sullo 0,53 nel primo caso e sullo 0,73 nel secondo. In ultimo, va rilevato come nel periodo di 12 mesi conclusosi a maggio 2024 il volume medio mensile di scambi sul mercato si sia attestato a circa 60 miliardi di dollari e quello cumulativo sia stato di 740 miliardi. In altre parole, ci sono importanti volumi di negoziazioni secondarie e ciò non è solo garanzia di liquidabilità per i detentori ma permette anche ai gestori di scambiare le posizioni per mitigare i rischi o cercare extra-redimenti.
Strumenti adatti, dunque, a un contesto di tassi crescenti. Non crede però che il nuovo contesto cambi le carte?
Contrariamente a quanto si pensa, i prestiti possono generare valore anche quando i tassi di interesse diminuiscono. A fronte della sforbiciata decisa da Powell e colleghi, gli investitori avranno cioè l’opportunità di trarre comunque un certo conforto dalla versatilità dei prestiti in diversi regimi di politica monetaria. E la dimostrazione viene dai dati: le simulazioni mostrano infatti come il segmento sia in grado di rendere oltre il 7% sia in corrispondenza di taglio di mezzo punto percentuale sia in caso di sforbiciate doppie.
Si può quindi dire che non siamo più davanti a una nicchia?
Assolutamente sì. I loan USA cubano oggi circa 1.400 miliardi di euro, dimensioni decisamente più grandi di molte altre asset class del reddito fisso che vengono considerate un pilastro dei portafogli tradizionali. Inoltre, poiché i debitori del Vecchio Continente fanno ancora affidamento sui finanziamenti diretti delle banche commerciali piuttosto che sulla sindacazione ampia, il segmento risulta diverse volte più grande anche rispetto ai prestiti europei. Due terzi di questo controvalore è poi imputabile alle credit loan obligation (CLO), singoli titoli costituiti da un insieme di senior loan: si tratta di strumenti che hanno una durata di sette-dieci anni, il che li rende investitori di lungo termine proprio nei senior loan in qualità di sottostanti. Infine gli istituzionali rappresentano quasi il 30% degli acquirenti, circostanza che conferisce ulteriore stabilità al mercato dei prestiti.
L’aggiunta di un’allocazione del 10% di senior loan USA ai bond UE d’alta qualità può accresce il rendimento del portafoglio?
I prestiti hanno una duration prossima allo zero, il che fa venir meno una delle principali minacce per le obbligazioni: il rischio correlato ai tassi d’interesse. Fatta questa premessa, i senior loan statunitensi sono soggetti al rischio creditizio e ciò rende un’attenta selezione degli emittenti è fondamentale per avere successo.
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