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Per il country head Italia della società, con la BCE pronta a intensificare i tagli, il reddito fisso non smetterà di offrire occasioni. Ma per evitare l’effetto Trump servono diversificazione e flessibilità sul fronte della duration. L’importanza delle strategie multi-asset e come costruirle
Con le banche centrali pronte a entrare nel vivo del ciclo di tagli ai tassi, i mercati finanziari si proiettano verso una stagione che non mancherà di incognite. Eppure, c’è un’asset class che promette di riservare soddisfazioni agli investitori italiani nonostante le incertezze: il reddito fisso. Poiché il fattore Trump può però scombinare le carte, serve approcciare il comparto con soluzioni che permettano di diversificare i portafogli e modificare l’esposizione alla duration proprio in funzione di come evolverà il costo del denaro. Alessandro Aspesi, country head Italia di PGIM, è convinto che saranno le strategie obbligazionarie multi-asset a colmare questa lacuna nel mercato. Un prodotto che promette di guidare l’offerta dei gestori nei prossimi anni mentre prosegue il consolidamento del settore e accelerano i piani dei maggiori player per integrarsi verticalmente.
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Cosa dobbiamo aspettarci dal mercati nel 2025? Quali asset class performeranno di più?
Considerando che il percorso di Federal Reserve e Banca Centrale Europea sembra ormai abbastanza delineato, il prossimo anno vedrà consolidarsi le condizioni che hanno preceduto la crisi finanziaria del 2008: geopolitica in primo piano come fonte di instabilità per i mercati e politica fiscale di nuovo capace di dire la sua anche grazie alle incognite derivanti dai tanti appuntamenti elettorali in programma, in primis quello USA. E se c’è un segmento che può trarre vantaggio da uno scenario simile, questo è sicuramente il reddito fisso. Non solo infatti la categoria ha sperimentato la ricomparsa del rendimento, che permetterà agli investitori di costruirsi un cuscinetto qualora l’economia dovesse rallentare o le banche centrali dovessero continuare a tagliare i tassi di interesse, ma si assiste anche a una dispersione dei rendimenti all’interno delle singole classi di attivo. Senza trascurare la possibilità di incamerare duration e ottenere buoni guadagni in conto capitale. Quanto ai segmenti da preferire, quello che offre più opportunità è l’high yield mentre al secondo posto si colloca l’investment grade.
Secondo gli analisti, il mercato azionario dovrebbe continuare a viaggiare a gonfie vele anche in scia alle misure promesse da Trump. A quali segmenti guardare in questa prospettiva?
In un contesto di valutazioni tirate come quello del mercato azionario, a offrire le migliori opportunità di investimento saranno i titoli growth: la competizione premierà infatti le aziende capaci di registrare tassi di crescita e redditività più alti della media ma che saranno anche meno dipendenti dai fattori esogeni come la geopolitica e la macroeconomia. Mi riferisco al biotech, dove la necessità di incamerare nuovi brevetti sta facendo ripartire le M&A, ma anche alle utilities, interessate un po’ ovunque da un processo di svecchiamento all’insegna dell’innovazione tecnologica. Un capitolo a parte merita l’intelligenza artificiale, il comparto potenzialmente più interessato dalle politiche del presidente: mi aspetto infatti che le misure protezionistiche promesse dal leader repubblicano sul fronte commerciale accelerino il processo di on-shoring già avviato dall’amministrazione Biden per industrie come quella dei chip e dei semiconduttori in senso lato. Si tratta dunque di un tema più che mai attuale, ma che va declinato in portafoglio soprattutto a livello di infrastrutture e sistemi di pagamento.
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Guardando all’Italia, prosegue la sovraesposizione degli investitori all’obbligazionario e con essa la tendenza delle case di gestione a puntare sui prodotti a scadenza per replicare l’andamento dei tanto amati BTP. Ora che i tassi sono in calo, sarà un tema ricorrente anche nel 2025? Come si sta muovendo PGIM su tale fronte?
In questi anni di correlazione positiva tra azionario e obbligazionario, i fondi a scadenza sono stati una freccia molto importante all’arco dell’industria: hanno infatti permesso ai gestori di offrire alla clientela un tasso di rendimento competitivo rispetto ai bond tradizionali, aiutandoli così a reggere la concorrenza del risparmio amministrato sul fronte della raccolta. Ma non sempre una soluzione efficace dal punto di vista tattico lo è anche sul piano strategico. Ecco perché, con le banche centrali pronte a tagliare e i costi di gestione che andranno a sovrastare i ritorni degli investitori, diviene opportuno virare verso soluzioni dal maggiore approccio olistico. E la risposta ideale consiste nelle strategie obbligazionarie multi-asset, che consentono di diversificare i portafogli su vari segmenti e danno la possibilità di ridurre l’esposizione alla duration in base alle circostanze. Una soluzione utile per ovviare al problema del rolling e diversificare l’investimento su fonti di ritorno diverse in una fase che vedrà la parte lunga della curva, anche in scia all’inevitabile aumento del deficit USA, meno sensibile alla riduzione dei tassi. Come PGIM, stiamo interpretando questo trend mediante la proposta di strategie a ritorno assoluto in ambito a globale e opzioni multi-settore nell’ambito del credito.
Quali sono le altre tendenze che intravede per il risparmio gestito italiano nei prossimi mesi?
Un altro trend nell’offerta degli asset manager vedrà la creazione di soluzioni step-in che permettano agli investitori di entrare in classi di attivo a maggior rischio tramite un investimento programmatico, cioè partendo da portafogli obbligazionari e arrivando tramite piccole variazioni periodiche a un assetto bilanciato. Si tratta di una pratica che dovrebbe aiutare a ridurre l’home bias di cui soffrono ancora molti clienti italiani e per effetto del quale si registra un appiattimento sulla componente a reddito fisso rispetto agli altri Paesi. Sul fronte prettamente industriale, ritengono invece che il tema del consolidamento si realizzerà in una chiave diversa da come molti lo interpretano oggi: cioè non con fusioni tra pari, che apportano vantaggi di costo ma non risolvono il gap di specializzazione, bensì nella direzione dell’unione tra player attivi su mercati pubblici e privati. Non si fermerà neppure l’integrazione verticale degli asset manager, che già oggi cercano di garantirsi un accesso ai canali di distribuzione stipulando partnership o rilevando reti e assicurazioni.
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In un periodo storico complesso come quello attuale, dove le variabili sono molteplici e si registra tanta volatilità sui mercati, c’è spazio per un ritorno in grande stile della gestione attiva?
Se nell’era delle banche c’entrali l’alta marea faceva stare a galla tutte le barche, ora che Fed e BCE stanno tagliando i tassi iniziano a emergere i primi scogli che potrebbero far incagliare i marinai meno esperti. E il fatto che buoni e cattivi non vengano più premiati allo stesso modo, unito a un mercato dalle valutazioni molto alte, rende indispensabile la gestione attiva come strumento per selezionare solo le aziende con più redditività e maggiori possibilità di crescita.
Quali sono i piani di crescita di PGIM per il mercato italiano?
La nostra espansione in Europa ha avuto come pilastri principali la clientela istituzionale, soprattutto fondazioni e fondi pensione, e il business wholesale, dai fondi di fondi alle gestioni patrimoniali fino alle united link. Il prossimo step per il Vecchio Continente e per l’Italia in particolare sarà cercare di proporre i nostri prodotti anche alla clientela retail proprio attraverso la stipula di accordi di distribuzione con reti e wealth manager. Una stagione di consolidamento dell’offerta che prenderà il via a breve con l’annuncio della prima partnership commerciale.

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