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Per rafforzare il sistema finanziario e indirizzare risorse verso l’economia, Bruxelles è al lavoro su un corposo quadro normativo: sotto la lente in particolare il pacchetto Capital Markets Union e la strategia per il retail
Rafforzare il sistema finanziario e indirizzare il risparmio verso l’economia reale per sostenere la crescita, trovando formule che consentano al risparmio gestito di strutturare un’offerta efficiente e rafforzando la tutela dei risparmiatori, in modo da alimentarne la fiducia. È questo il nucleo centrale degli sforzi regolamentari e del dibattito sulle norme in materia di servizi finanziari e asset management nell’Ue, orientato alla costruzione dell’Unione dei mercati dei capitali e al lancio di una strategia per il retail. Al Salone del Risparmio 2022 il tema è stato al centro della conferenza “Il Risparmio Gestito tra Capital Market Union e Retail Investment Strategy”, coordinata da Roberta D’Apice, Direttore Affari Legali di Assogestioni, in cui si sono confrontati esponenti delle istituzioni e protagonisti del risparmio gestito.
“La crisi ha avuto un impatto negativo sulla propensione al rischio. Il ruolo dei fondi di investimento è strategico soprattutto in questo contesto per la ripresa economica”, ha esordito in apertura dei lavori Alessandra Atripaldi, deputy head of Securities DG Fisma della Commissione Europea. Le istituzioni Ue stanno lavorando a un corposo quadro normativo in grado di dare slancio agli investimenti. Il punto, spiega Atripaldi, “è di veicolare fondi verso l’economia reale”, in un contesto in cui il mercato degli istituzionali è cinque volte più piccolo rispetto agli Usa, e in cui sul fronte retail a dispetto dei tassi bassi i depositi bancari sono aumentati. “In Europa non abbiamo un problema di risparmio, ma di investimento”, osserva l’esperta della Commissione Ue.
A novembre 2021 la Commissione ha adottato il pacchetto Capital Markets Union, che si compone di quattro iniziative legislative: la creazione dello European Single Access Point, per offrire un unico punto di accesso alle informazioni su società e prodotti finanziari europei; la revisione del regolamento Mifir per migliorare la trasparenza sui mercati; la revisione della direttiva Aifmd, per migliorare l’efficienza e l’integrazione del mercato dei fondi alternativi, e la revisione del regolamento Eltif, che punta a dare slancio allo strumento per promuovere investimenti di lungo termine e migliorare l’accesso per gli investitori retail. Atripaldi si è concentrata in particolare sulle ultime due iniziative, destinate ad avere maggiore impatto sul risparmio gestito.
La funzionaria ha sottolineato che sull’Aifmd sono stati apportati solo interventi “chirurgici” per migliorare l’armonizzazione delle regole a portare chiarimenti, sostenendo un mercato che continua a vedere una crescita. Sui Fia infatti le masse “sono lievitate a 8 trilioni di euro nel 2021, a conferma dell’orizzonte di lungo termine di fondi pensione e assicuratori, che oggi sono i principali investitori dei fondi alternativi”. Sugli Eltif, l’esperta ha sottolineato che le modifiche sono orientate a raccogliere investimenti a lungo termine in aree come l’energia pulita,
il trasporto sostenibile, le infrastrutture sociali e le nuove tecnologie, dando maggiore flessibilità per i gestori e fornendo loro un’adeguata diversificazione, e allo stesso tempo tutelando gli investitori e rimuovendo gli ostacoli all’accesso a uno strumento promettente ma che oggi ha un mercato ancora molto piccolo. In particolare, Atripaldi ha sottolineato che “in Italia c’è un grande interesse per i fondi Eltif è c’è margine per una crescita maggiore”.
In attesa dell’entrata in vigore del pacchetto e in particolare degli interventi su Aifmd e regolamento Eltif, su cui sta procedendo l’iter di negoziazione interistituzionale, cos’altro bolle in pentola?
“Anche nel 2022 proseguiramno sforzi per attuare piano Capital Markets Union”, ha dichiarato Atripaldi. In particolare, la Commissione intende sfruttare l’economia dei dati per creare un quadro in materia di finanza aperta (“open finance”), su cui è stata avviata una consultazione, che permetterà la condivisione e il riutilizzo dei dati da parte delle istituzioni finanziarie, previo consenso del cliente, e chiare misure di salvaguardia, per la creazione di nuovi servizi.
Inoltre, è previsto il varo di una Listing act initiative per ampliare nuumero di società quotate, Pmi in particolare, nel mercato europeo. “L’iniziativa mira a valutare se le regole per la quotazione possono essere semplificate e migliorate senza intaccare la protezione dell’investitore, nonché valutare come rendere il mercato più snello mantenendo basi per la fiducia degli investitori”. La consultazione pubblica su questa iniziativa, terminata il 25 febbraio, ha esaminato tutti gli elementi del regime sulla quotazione, comprese le regole sul prospetto, la governance, la ricerca sugli investimenti, le Spac. Tra le altre future iniziative da menzionare spiccano anche la strategia sull’alfabetizzazione finanziaria, per promuovere gli investimenti aumentando le competenze, e una proposta legislativa per armonizzare alcune norme sull’insolvenza delle imprese, che sosterrà gli investimenti transfrontalieri.
Revisione della direttiva Mifid 2 e strategia di investimento per il retail
Per rispondere alla priorità di “un’economia al servizio delle persone”, la Commissione punta a garantire che il quadro giuridico per gli investimenti retail – dove si registra a oggi una partecipazione molto bassa per la maggior parte degli stati membri – sia adeguato al profilo e alle esigenze dei consumatori. Per questo, la Commissione sta elaborando una strategia per l’investimento al dettaglio (Retail investment strategy, o Ris), che comprenderà una serie di iniziative mirate a coinvolgere anche i piccoli risparmiatori nel mercato dei capitali, per aumentare il flusso dei capitali verso le imprese e allo stesso tempo garantire ai risparmiatori la possibilità di accedere a investimenti più remunerativi mantenendo alti livelli di tutela.
Inoltre, la Commissione ha svolto una consultazione su un’iniziativa volta a rinforzare e integrare le valutazioni di adeguatezza e appropriatezza, con l’idea di esplorare la fattibilità di un approccio “cliente-centrico” tramite la determinazione di un “piano di investimento personalizzato”.
La proposta legislativa con le diverse iniziative, ha dichiarato Atripaldi, arriverà “entro fine anno”.
“Il risparmio va veicolato verso nuove forme di risparmio, badando a non disperdere la fiducia dei risparmiatori”, ha commentato Tiziana Togna, Vice Direttore Generale Consob, sottolineando quanto gli sforzi della Commissione stiano muovendo nella direzione giusta. Togna ha esordito chiedendosi se la definizione che abbiamo nella Mifid di investitore retail sia ancora attuale per avvicinare la clientela verso nuove forme di investimento. “È possibile aggiungere all’interno della categoria del retail un’ulteriore categoria, che potremmo definire semiprofessionale”, ha osservato Togna, “utilizzando dei criteri che tengano conto di elementi quantitativi – come entità del portafoglio e size dello strumento finanziario – o qualitativi, cioè entrando di una logica che accompagni i clienti verso forme di investimento più rischiose con servizi a maggiore valore aggiunto”. Il test di adeguatezza, in questo quadro, resta centrale secondo la funzionaria Consob, che vede una soluzione di continuità su questo aspetto.
A livello normativo, molto è stato fatto per la protezione degli investitori e tanto si sta ancora facendo. Molte iniziative in corso o in pipeline, osserva Togna, riguardano inoltre anche il mondo del gestori, per migliorare la diversificazione e aiutare il gestore a meglio strutturare la politica di investimento.
“Sono dell’idea che oggi nel mondo del risparmio gestito ci troviamo di fronte a un’offerta molto diversificata che può consentire una soddisfazione di bisogni di investimento diversi per clienti diversi e anche con un orizzonte temporale diverso. La cosa importante è che le nuove regole permettano sempre di bilanciare il tema della liquidità e rischiosità dei nuovi prodotti con la protezione dei consumatori”, evitando di far accedere i clienti a certi tipi di prodotti senza aver adottato tutele per la clientela retail, ha aggiunto Togna.
La risposta del risparmio gestito alla sfida del retail
“Noi in Unicredit abbiamo iniziato a proporre strumenti per permettere al retail di investire in economia reale fino dal 2016, perché da allora in Italia si è iniziata a palesare la penuria di rendimenti sul reddito fisso in un contesto di scarsa esposizione sull’azionario”, ha commentato Manuela D’Onofrio, Head of Investment Strategy di UniCredit Group. In particolare, “ci siamo chiesti come compensare questa caduta dei rendimenti, e abbiamo lanciato nel 2016 uno dei primi Eltif, un esperimento di grande successo perché siamo riusciti a contenere la scadenza del portafoglio, integrandolo con strumenti liquidi, e venendo incontro alle esigenze degli investitori con il pagamento dal secondo anno di una specie di cedola”, aggiunge D’Onofrio.
L’esperta ha sottolineato che con la pandemia siamo entrati in nuovo paradigma economico, con inflazione più elevata, chiusura del quantitative easing e l’ingresso in una fase in cui banche centrali dovranno ridurre lo stimolo monetario. “Stiamo dicendo ai nostri clienti che abbiamo una risorsa incredibile, l’enorme stock di risparmio, e bisogna investirlo in attività produttive: aziende che ci consentiranno di essere all’avanguardia dal punto di vista tecnologico nei prossimi anni. Ma per farlo è importante avere veicoli che ci consentano di andare con queste proposizioni dai nostri clienti”, aggiunge.
Quando si parla di retail, è importante considerare anche il tema della fiducia e della percezione dei risparmiatori sul risparmio gestito su temi come costi e conflitti di interesse. Alessandro Melzi d’Eril, Presidente del Comitato Regolamentazione Assogestioni e AD e DG di Anima SGR, ritiene che ci siano molti falsi miti da sfatare su questi temi. Non vi sono differenze sostanziali in termini di costi complessivi che i clienti al dettaglio debbono sostenere per investire negli strumenti finanziari tra i mercati che si basano sulle retrocessioni delle commissioni dagli emittenti ai distributori (Francia, Italia, Spagna e Germania) e quelli che si basano esclusivamente sul pagamento di commissioni da parte della clientela (Regno Unito e Olanda), sostiene Melzi d’Eril. “Non è vero, dunque, che i modelli di distribuzione che prevedono retrocessioni di commissioni sono accompagnati da un aumento dei costi per l’investitore. In alcuni casi, la riduzione dei costi o la cancellazione degli inducement non ha nemmeno portato vantaggi ai clienti. La maggior parte degli investitori al dettaglio non è disposta a sostenere costi aggiuntivi per un servizio di consulenza. Credo che l’industria dovrebbe fare di più per rendere evidente il valore dei servizi, e far comprendere che non si tratta soltanto di un tema di costo”, aggiunge Melzi d’Eril.
Luca Tenani, Presidente Comitato Esteri di Assogestioni e Country Head Italy di Schroders, ha riportato l’esperienza di Schroders nel Regno Unito a seguito di un’iniziativa introdotta tre anni fa dall’FSA, il regolatore britannico. “Il regolatore ha invitato gli asset manager a fare un ‘value for money assessment’, cioè un’autovalutazione sulla capacità dei propri prodotti di generare valore per gli investitori finali dei fondi”.
L’assessment si articola in sette punti, dalla valutazione della performance, all’analisi dei costi (che devono essere proporzionati e ragionevoli), anche in relazione ai competitor, alla qualità del servizio, alle economie di scala, eccetera. “L’analisi è talmente granulare che non viene effettuata solo per il fondo ma anche per le singole classi di azione”, aggiunge Tenani. Un assessment di questo tipo coinvolge un processo piuttosto strutturato, che coinvolge una società esterna, e porta un’analisi che viene fornita al comitato di product governance, che a sua volta fa poi le sue raccomandazioni di intervento al board della Sicav. Il board, a sua volta, ratifica le decisioni prese e pubblica il risultato di questo assessment mettendolo a disposizione dell’investitore finale, non solo alle autorità di controllo, ha raccontato Tenani. “Questo assessment ci ha consentito non solo di differenziarci rispetto ai competitor, ma soprattutto va nella direzione di rafforzare la product governance, dare maggiore trasparenza e quindi, auspicabilmente, di migliorare la fiducia degli investitori”, conclude Tenani.
“In Anima – ha aggiunto Merzi d’Eril – abbiamo sviluppato un pricing process che prevede la valutazione da parte di una società terza del pricing dei nostri prodotti con il rendimento atteso, e lo mette a confronto con il pricing di altri prodotti comparabili. Inoltre sulla base delle linee guida in tema di incentivi pubblicate da Assogestioni e validate dalla Consob chiediamo ai distributori a cui retrocediamo commissioni un resoconto sull’attività svolta ai fini dell’innalzamento della qualità del servizio”.
Roberta D’Apice ha dunque chiuso la conferenza invitando la Commissione Europea a tener conto di queste prassi nazionali nelle sue valutazioni sulla disciplina in tema di incentivi, sottolineando anche l’importanza di rafforzare le sinergie tra le istituzioni nazionali e gli operatori per promuovere a livello europeo le migliori soluzioni per il Sistema Paese.
Roberta D’Apice ha dunque chiuso la conferenza invitando la Commissione Europea a tener conto di queste prassi nazionali nelle sue valutazioni sulla disciplina in tema di incentivi, sottolineando anche l’importanza di rafforzare le sinergie tra le Istituzioni nazionali e gli Operatori per promuovere a livello europeo le migliori soluzioni per il Sistema Paese.
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