Beni di lusso, un futuro brillante
Lusso esperienziale, categorie locali e marchi globali saranno i trend da seguire nel prossimo decennio. La view di Gam
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Alla fine l’happy ending è arrivato con il “oui” di Lvmh all’acquisizione di Tiffany, a sconto, ça va sans dire. Ed è un’ottima notizia per il mercato del lusso, soprattutto in tempi di Covid-19. Entro i primi mesi del 2021, una volta ottenute le approvazioni regolamentari, il gruppo di Bernard Arnault dovrebbe così aggiungere una nuova gemma alla propria collezione di ben 76 brand che include Bulgari, acquisita nel 2011. L’operazione da 15,96 miliardi di dollari presenta uno sconto di 425 milioni rispetto a quanto inizialmente previsto, ma riporta i riflettori degli investitori sul consolidamento in corso nel lusso, in un momento in cui sono molteplici i punti interrogativi sulle prospettive del settore penalizzato dall’esplosione della pandemia.
L’accordo di nozze è arrivato dopo un mese e mezzo di tira e molla tra il colosso francese e l’icona della gioielleria americana, pronta a trascinare in tribunale, nel Delaware, Lvmh pur di far rispettare il patto di acquisizione. La diatriba era sorta nel contesto della guerra commerciale tra la Casa Bianca e il resto del mondo (e in particolare la Francia in questo caso) e si era poi attaccata alla gestione, nel corso della pandemia, della maison celebrata da Truman Capote e Audrey Hepburn. A Parigi si era alzato più di un sopracciglio di fronte alla decisione di Tiffany di distribuire 210 milioni di dollari di dividendi ai propri azionisti in un anno in cui buona parte del settore ha deciso di stringere i denti. E, come spesso accade, dalle questioni di principio si era poi arrivati al vero problema: il prezzo, stellare già un anno fa e in questo clima di incertezza ancora più da brivido nonostante l’operazione fosse stata applaudita universalmente da mercato e analisti.
Le maison alla fine hanno fumato il calumet della pace su una valorizzazione di Tiffany pari a 131,5 dollari per azione rispetto ai 135 dollari per titolo concordati un anno fa, ma sempre comunque superiori ai 120 dollari per azione che rappresentavano la prima offerta messa sul piatto da Lvmh. L’offerta dovrebbe valutare Tiffany 30 volte circa gli utili attesi nel 2022 (un anno fa si parlava di una valutazione intorno alle 25 volte gli utili, ma il Covid ha cambiato notevolmente le proiezioni del breve periodo).
Il matrimonio porterà, secondo gli esperti, a una nuova ondata di consolidamento nel settore. I prossimi a muoversi? Swetha Ramachandran, investment manager del fondo Gam Luxury Brands Equity, mette nel mirino l’altro colosso del lusso francese, Kering, “che dispone di una notevole potenza di fuoco e ha dichiarato di volersi espandere nel beauty e nell’eyewear” e la svizzera Richemont, a cui fanno riferimento tra l’altro i brand Cartier, Baume & Mercier e Vacheron Constantin, che un anno fa aveva rilevato il brand Buccellati L’esperta si attende “un aumento dell’attività di M&A nel settore nei prossimi 6-12 mesi”.
L’accordo di nozze ha riacceso i riflettori sui possibili nuovi target di acquisizione, brand rimasti a tutt’oggi nelle mani delle famiglie dei fondatori. Come Salvatore Ferragamo anche se la famiglia (azionista al 54,28% tramite Ferragamo Finanziaria, mentre ad altri componenti fa capo un ulteriore 10,69%) finora ha sempre negato di voler cedere il timone. Lo scorso dicembre indiscrezioni di mercato avevano visto Moncler (partecipata al 22,5% da Remo Ruffini, azionista di riferimento e numero uno del gruppo dei piumini) entrare nel mirino di Kering. “Ci conosciamo, ci apprezziamo” aveva poi spiegato François-Henri Pinault, numero uno di Kering, lo scorso febbraio, smorzando gli entusiasmi. La società, che tra vanta brand come Gucci e Bottega Veneta, ha più volte ribadito peraltro di essere sempre alla ricerca di nuove opportunità. Non manca chi punta proprio sulla società guidata da Ruffini come possibile aggregatore grazie ai buoni flussi di cassa.
Attenzione infine anche a Burberry, tra le ultime società ad azionariato davvero diffuso e in mano prevalentemente a investitori istituzionali. Tra le non quotate le recenti indiscrezioni di mercato hanno infine coinvolto negli ultimi mesi LuisaViaRoma della famiglia Panconesi. Lo shopping, oltre i colossi d’Oltralpe e ai fondi di investimento sempre attivi su questo fronte, potrebbe poi coinvolgere nel ruolo di aggregatore anche Vf Corporation (a cui fanno capo brand come Vans, The Norh Face, e Timberland). L’ad Steve Rendle nelle ultime settimane ha dichiarato all’FT che proprio questo potrebbe essere il momento giusto per fare shopping. Le incertezze legate all’evolvere della pandemia e alle ripercussioni nel breve periodo sui consumi, la necessità di molte maison familiari di assicurarsi una successione adeguata la volontà di allargare i propri orizzonti, potrebbero aver creato opportunità di shopping da non perdere per chi, come i colossi d’Oltralpe (ma non solo) dispone di cassa sufficiente per guardare in avanti, a quando il Covid9 sarà archiviato.
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