Oro: i fondi con i migliori rendimenti a uno, tre e cinque anni
Da inizio anno performance superiori all’S&P 500. Canada e Australia i Paesi più rappresentati; Barrick Gold e Newmont le società col maggior peso. Ecco dove investono i fund manager
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Gli analisti lo avevano predetto, e la previsione si è avverata: l’oro ha superato la soglia dei 2mila dollari l’oncia per la prima volta nella storia. E non si è nemmeno fermato: dopo aver violato la soglia storica ieri, oggi, complice il peggioramento delle relazioni Usa-Cina e la misteriosa esplosione a Beirut, ha continuato a salire, raggiungendo in mattinata un massimo intraday a 2.054 dollari.
E adesso? Per molti esperti le prospettive si confermano piuttosto rosee, anche se c’è chi ritiene che il metallo giallo sia a un bivio. “Nonostante per il momento non abbiamo registrato particolari prese di profitto sul metallo prezioso, sarà certamente interessante vedere come gli investitori si comporteranno se le valutazioni rimarranno sopra soglia 2000 dollari”, commenta Ipek Ozkardeskaya, senior analyst di Swissquote Bank. “Le opzioni – prosegue – sono due: assistere alla creazione di un nuovo e robusto livello di supporto che costituisca la base per ulteriori guadagni (anche grazie al fatto che gli investitori stanno aumentando le coperture contro i crescenti rischi di inflazione globale causati da massicci stimoli monetari e fiscali), oppure ad una forte correzione al ribasso, qualora gli operatori più speculativi ritengano che non ci sia più molto spazio per un’estensione del rally in corso. Anche l’argento è salito a 26 dollari per oncia”.
Secondo Natixis Investment Managers ci sono ben quattro ragioni che potranno sostenere ulteriormente la corsa dell’oro. “L’oro in questo momento sembra legato a differenti aspetti, il primo riguarda i tassi reali”, commenta Jack Janasiewicz, Portfolio Manager, Solutions, Natixis Investment Managers. Dato che l’oro non fa perdere rendimento, la tesi proposta contro il metallo giallo ha sempre evidenziato la mancanza di carry – non si viene pagati per rimanere fermi in possesso dell’asset in questione. Ma “con i tassi nominali sui titoli a reddito fisso tradizionali così bassi e i rendimenti reali adesso negativi – e che si muovono sempre di più in territorio negativo – la questione legata al costo del carry che i beni rifugio dell’universo obbligazionario hanno tipicamente fornito non rappresenta più un ostacolo”.
La seconda ragione menzionata da Janasiewicz, e “riguarda il costante incremento dell’offerta di titoli obbligazionari che rappresentano un bene rifugio e che hanno rendimento negativo. Dunque, mentre l’offerta di beni che non hanno più un rendimento positivo continua a crescere, questo esercita una maggiore pressione al rialzo sui beni rifugio alternativi”.
La terza è il dollaro più debole, che può fungere da catalizzatore per l’oro, mentre la quarta riguarda il fatto che, con rendimenti obbligazionari nominali inferiori, continua a diminuire la funzionalità del reddito fisso come riequilibrio del portafoglio e compensazione del rischio azionario. “Man mano che il Treasury si avvicina ogni giorno di più allo zero diventa più difficile anche la possibilità di assistere a bruschi rialzi dei rendimenti in fasi dominate dalla volatilità sui mercati azionari. Di conseguenza, l’utilità che il reddito fisso fornisce nell’ambito della costruzione di portafoglio diventa ogni giorno sempre più trascurabile”, spiega l’esperto di Natixis.
Quindi, quanto può ancora crescere l’oro? “Finché questi quattro catalizzatori non perdono il proprio slancio, è difficile immaginare una significativa pressione al ribasso sul metallo giallo”, sottolinea Janasiewicz.
Ma quindi è l’oro l’alternativa a dollaro e bond? Secondo Giacomo Calef, country manager per l’Italia di Notz Stucki, l’oro è denominato in dollari quindi “molti investitori stanno trovando in esso una valida alternativa a fronte del biglietto verde indebolito”. Inoltre, la curva dei tassi reali sui titoli di Stato USA su diverse scadenze è in territorio negativo. “Il tasso reale riflette l’effetto dell’inflazione, le cui aspettative sono in rialzo per il prossimo futuro e ciò porta gli investitori a scegliere l’oro come un’alternativa a bond che rendono meno di zero. A tutto ciò, infine, dovremmo aggiungere anche una serie di rischi, come le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina, nonché i timori per un seconda ondata globale di contagi, che ne innalzano lo status di bene rifugio. Nei nostri portafogli, a suo tempo, avevamo già impiegato una parte della liquidità in oro, in modo da offrire una miglior diversificazione dell’asset allocation e per sfruttarne i presupposti per un suo rialzo post-pandemia”, conclude Calef.