A-share, il Topo raccomanda cautela (e fiuto)
Gli esperti prevedono molte opportunità in Cina per gli investitori che sappiano scegliere, senza limitarsi a inseguire l'ascesa dei prezzi
3 min
Tencent, 58.com, Jd.com e Zfsw sono i quattro nomi caldi di aziende cinesi su cui Carmignac ha deciso di puntare per riportare in auge i suoi fondi flagship Carmignac Patrimoine e Carmignac Portfolio Emerging Patrimoine.
Negli ultimi quattro mesi, infatti, il peso dell’esposizione azionaria verso la Cina nei due portafogli di Carmignac è passato – rispettivamente – dal 3,2% al 7,4% per il primo e dal 10,9 al 18,3% per il secondo fondo.
Alla base di questo ribilanciamento delle strategie vi è la forte convinzione che nel primo semestre del 2020 la Cina saprà approfittare meglio di qualsiasi altra economia di una ripresa, seppur modesta, dei fondamentali macroeconomici globali.
“Questa volta il governo e la Banca centrale cinese hanno deciso di rinunciare a interventi precipitosi e arrestare la crescita esplosiva del debito corporate e garantire la stabilità degli afflussi. Questa è la priorità di Xi Jinping rispetto alla crescita economica. L’accordo commerciale con gli Usa contribuirà positivamente a realizzare questa stabilizzazione del ciclo”, ha commentato Didier Saint-Georges, membro del Comitato di investimento strategico e managing director di Carmignac, nel corso del meeting annuale con la stampa a Parigi.
“Non si tratta di un calo in questa fase, ma piuttosto di una modesta stabilizzazione del tasso di crescita dell’economia cinese”, ha spiegato l’esperto, citando almeno due “buoni motivi” per credere nell’azionario dell’ex impero celeste.
Il primo riguarda le valutazioni: nell’outlook 2020 Carmignac evidenzia che le azioni cinesi sono relativamente meno care rispetto ai titoli europei e statunitensi. Per capirlo basta guardare i livelli del multiplo P/E (Price earnings, ndr) raggiunti a dicembre rispetto alla media storica di ciascun mercato. Negli Usa – dove gli indici di Wall Street viaggiano sui massimi storici – i prezzi delle azioni viaggiano a circa 18 volte gli utili attesi rispetto a una media di 15, valori decisamente superiori rispetto a quelli delle H-shares (8,3x a dicembre, in linea con la media degli ultimi dieci anni) e delle A-shares (11,5x contro una media di 11,7x).
Il secondo argomento a supporto delle tesi d’investimento formulate dal capo delle strategie di Carmignac riguarda i macrotrend che caratterizzeranno la Cina e la sua economia nei prossimi anni: l’healthcare e il fintech. Sul primo fronte è previsto un aumento della domanda di sanità a fronte di un aumento stimato della popolazione over 65 anni di età del 4,7% annuo entro il 2022; questo dovrebbe inoltre comportare un aumento del peso della spesa pubblica destinata al settore sanitario sul Pil cinese (nel 2016 era di appena il 6%, pertanto lo spazio per cresce esiste).
Sul fronte del Fintech, Saint-Georges fa parlare i numeri: in Cina vivono quasi 1,5 miliardi di individui e la penetrazione di Internet è ancora bassa se confrontata con le percentuali di altri Paesi sviluppati come gli Stati Uniti: siamo intorno al 59% per la Cina contro l’89% della prima economia mondiale. L’unico segmento dove invece Pechino ha già superato Washington è quello dei pagamenti digitali: qui il rapporto di forza è invertito, siamo al 42% in Cina contro il 19% degli States.