La casa di gestione presenta il suo outlook 2025. Per l’economista Nicola Mai coi dazi si rischia un rallentamento dell’economia globale. E una Fed più guardinga
Nicola Mai, economist e sovereign credit analyst DI Pimco
Se l’opportunità si nasconde nell’incertezza, il 2025 potrebbe essere l’anno giusto per il fixed income. O meglio: le obbligazioni saranno destinate a svolgere un ruolo cruciale nei portafogli. La politica commerciale, l’immigrazione, la politica fiscale a quella di deregolamentazione sono le quattro aree che Nicola Mai, economista ed analista del credito sovrano di Pimco, terrà sott’occhio, dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. “L’ambiente di incertezza è inusualmente elevato”, dice alla stampa, durante l’evento di presentazione delle prospettive economiche per il nuovo anno. “I cambiamenti negli USA ampliano lo spettro dei possibili esiti di crescita. Aumenta sia il rischio di inflazione negli Stati Uniti che il rischio di recessione in molte altre economie. Nel nostro scenario di base prevediamo aumenti dei dazi nei confronti della Cina e di altri partner commerciali ma a livello gestibile dal punto di vista economico. Tuttavia, misure più estreme volte a correggere gli squilibri della bilancia commerciale americana che si protraggono da lungo tempo potrebbero creare tensioni per l’economia globale e i mercati finanziari”.
Per Mai sia la politica commerciale (con l’introduzione dei paventati dazi) sia quella sull’immigrazione, rallenteranno l’economia globale, compresa quella statunitense. “La politica delle tariffe rischia di aumentare l’inflazione e di conseguenza di indebolire i redditi reali e i consumi delle famiglie”, spiega. Proprio per questo Powell potrebbe ridurre il taglio dei tassi, almeno nel breve periodo. “La Fed potrebbe essere più lenta, rispetto alla Bce, nella sua politica monetaria, ma poi procederà: il 4% è ancora un tasso troppo alto”, afferma Mai. In Europa, invece, la situazione sarà diversa. “Ci sono meno ostacoli. Di fronte ad una crescita debole, non mi sorprenderei se andassimo sotto al 2%”.
Opportunità sui bond a scadenza media
Adriano Nelli, executive vice president e responsabile per l’Italia di Pimco
Nonostante, dunque, il momento di disordine geopolitico, la casa di gestione ha comunque una view piuttosto positiva sul fronte del reddito fisso. Come sottolinea Adriano Nelli, executive vice president e responsabile per l’Italia di Pimco, “crediamo che i rendimenti delle obbligazioni siano sempre più attrattivi a fronte delle valutazioni dell’azionario e degli spread del credito, il che offre un favorevole punto di partenza per l’obbligazionario di alta qualità. A differenza del monetario, l’obbligazionario è destinato a beneficiare dell’apprezzamento dei prezzi dei titoli con la discesa dei tassi ufficiali, il che ne rafforza il ruolo di componente di diversificazione e di stabilizzazione rispetto all’azionario nei portafogli”.
In questo contesto, secondo Nicola Mai, le opportunità saranno più promettenti per l’obbligazionario americano e altri mercati sviluppati, come Regno Unito e Australia, nonché alcuni mercati emergentiben selezionati. “I tassi sono ben al di sopra i livelli pre-pandemia e gli investitori possono avere dei rendimenti interessanti. Avere finora una liquidità di cassa è stata la strategia giusta ma questa posizione sta cambiando. È ora di estendere anche la duration: per noi le opportunità si individuano sui bond a scadenza media, tra i cinque e i dieci anni”, aggiunge. “Attenzione poi ai bond societari, meglio stare su quelli di alta qualità, visti i prezzi. Privilegiamo inoltre gli MBS agency e investimenti asset-based rispetto ad altri settori del credito sui mercati sia quotati che privati”.
Il fixed income, insomma, è posizionato meglio, secondo gli esperti di Pimco. A confermarlo ci sono anche le analisi storiche, studiate in scenari più avversi sul fronte macroeconomico e di mercato. “I trend storici depongono a favore dell’obbligazionario anche come interessante componente di copertura del rischio e di diversificazione nei portafogli”, sottolinea Nelli. “Analizzando l’andamento storico dei mercati obbligazionari e azionari a partire dal 1973, mediamente in periodi analoghi a quello attuale in cui l’obbligazionario core americano ha offerto rendimenti intorno al 5% o superiori e l’azionario americano presentava rapporti prezzo/utili intorno a 30 o superiori, l’obbligazionario ha offerto rendimenti a cinque anni nel periodo successivo più alti rispetto all’azionario e con minore volatilità”, conclude il responsabile per l’Italia della società.
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