Articolo pubblicato su FocusRisparmio (Gennaio – Febbraio 2022). Accedi e scaricalo gratuitamente a questo link.
L’accesso al mercato dei fondi attraverso versamenti di piccoli importi graduali e costanti nel tempo consente a chi ha capacità reddituali e disponibilità patrimoniali ridotte di iniziare la fase di accumulo dei capitali con un anticipo adeguato
Natale Borra, head of Distribution Italia di Fidelity International
Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno vediamo che le modalità di sottoscrizione scelte dagli investitori in fondi comuni diverse dal versamento in unica soluzione (Pic) rappresentano il 38% del totale dei sottoscrittori. “L’indagine evidenzia come i piani di accumulo siano uno strumento di investimento sempre più presente nei portafogli degli investitori italiani e questo è sicuramente da attribuire alle caratteristiche di flessibilità che questi strumenti offrono”, commenta Natale Borra, head of Distribution Italia di Fidelity International.
Una percentuale in netta crescita rispetto a qualche anno fa, ma dall’ultimo Osservatorio sui sottoscrittori di fondi comuni pubblicato da Assogestioni emergono delle importanti differenze per età del sottoscrittore, importi investiti e asset class scelte. Vediamole.
Preferito da Millennials e Generazione Z
Rispetto al dato medio complessivo che vede i Pic prevalere nel 63% delle preferenze, sui giovani le percentuali sono ribaltate. Fra le diverse modalità di sottoscrizione di fondi comuni il piano di accumulo (Pac) viene scelto con più frequenza da risparmiatori con età comprese fra i 20 e i 40 anni, ossia Millennials e Generazione Z. Con riferimento alla domiciliazione dei fondi il Pac puro è la modalità prevalente su fondi italiani ed esteri a distribuzione concentrata, dove guadagna più del 50% delle preferenze dei giovani investitori fino ai 40 anni. La dinamica è meno pronunciata ma simile per i fondi cross-border dove le forme alternative al Pic sotto i 40 anni sono diffuse per quasi la metà dei sottoscrittori.
Importi medi investiti più bassi
Suddividendo il campione di risparmiatori analizzato emergono alcuni pattern fra modalità di sottoscrizione scelta e importi investiti. Tenendo in considerazione la suddivisione degli importi investiti per quartili, la stragrande maggioranza di chi predilige la modalità Pac – che abbiamo visto essere i giovani – ricade nel primo gruppo: vale a dire che in media più di due terzi dei sottoscrittori che investono tramite Pac hanno uno stock investito fra 5.000 e 9.000 euro in base al domicilio del prodotto.
Questa evidenza conferma quindi che l’accesso al mercato dei fondi attraverso versamenti graduali e costanti nel tempo è una caratteristica di chi ha capacità reddituali e disponibilità patrimoniali ancora ridotte. Un pattern che gioca a favore dell’inclusione dei giovani che hanno difficoltà ad accedere al mondo del risparmio per ragioni socioeconomiche (tra cui indebitamento netto, difficoltà del mercato del lavoro) e che grazie ai fondi possono iniziare la fase di accumulo dei capitali in maniera graduale e con un anticipo adeguato.
“Guardando all’indagine si notano importi medi investiti tramite Pac tra i 47 mila e i 56 mila euro (con somme leggermente più elevate se si guarda i clienti più anziani): si potrebbe considerare i Pac quindi solo come strumenti di pianificazione finanziaria rivolti principalmente al risparmio retail, in realtà da qualche anno a questa parte stiamo riscontrando sul mercato italiano un chiaro trend che vede l’utilizzo di Pac più brevi e con rate più corpose da parte dei canali private (anche quelli più esclusivi) che vedono nei Pac non più uno strumento di risparmio ma uno strumento di asset allocation. I piani di accumulo, infatti, possono rivelarsi una soluzione interessante per coloro che ad esempio vogliono prendere posizioni su temi di lungo periodo smorzandone l’intrinseca volatilità”, spiega il manager di Fidelity International.
Prevalenza nei portafogli azionari
Le soluzioni diverse dal Pic vedono una maggior diffusione presso sottoscrittori con porta- fogli prevalentemente azionari. Oltre la metà di questi ultimi investe tramite Pac, mentre sommando anche forme miste Pic/Pac si arriva in media al 53%.
Paolo Proli, head of Retail Division di Amundi Sgr
“Il Pac è diventato progressivamente il servizio di sottoscrizione maggiormente proposto alla clientela da tutti i nostri partner nella distribuzione retail”, afferma Paolo Proli, head of Retail Division di Amundi Sgr.
Questa evidenza è coerente con la natura di questi prodotti che riescono a cogliere nel tempo le oscillazioni tipiche dei mercati azionari. Diversamente sui prodotti flessibili prevalgono gli investimenti in unica soluzione (siamo in- torno a una media dell’80% di preferenze per il Pic); il risultato non sorprende poiché essendo fondi a rischio controllato da parte dei gestori questi ultimi possono cambiare il profilo di rischio del prodotto nel corso del tempo. Nell’obbligazionario i risultati sono in linea con la media generale.
Evoluzione dei Piani di accumulo, secondo il manager di Amundi Sgr, sono i prodotti ad accumulazione che “da quando sono stati lanciati sul mercato per la prima volta – era il 2017 – ad oggi hanno raccolto oltre 13,5 miliardi di euro”.
“Grazie a questi prodotti e al Piano di accumulo – analizza Proli – il portafoglio dell’investitore italiano, tipicamente propenso ad investire nel mercato obbligazionario, si è aperto a forme più evolute d’investimento introducendo elementi di diversificazione e extra-rendimento che altrimenti sarebbero sfuggiti”.
Fra le asset class su cui l’ingresso per step è preferito dai sottoscrittori italiani, Proli rileva un interesse particolare verso l’azionario dei mercati emergenti, fondi tematici (in particolare quelli Esg o a impatto), fondi pensione aperti e, in particolare per la clientela affluent e private, fondi Global Macro a ritorno assoluto.
L’esperto fissa la sua attenzione soprattutto su quest’ultimo prodotto: “il binomio fra ingressi graduali e decorrelazione rispetto alle altre strategie di portafoglio lo rende particolarmente adatto a navigare fasi di particolare volatilità del mercato”, conclude.
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