Il neopresidente del network italiano di professionisti dell’industria finanziaria punta ad allargare la base di associati, a confermare l’associazione quale punto di riferimento nell’ambito advocacy e a proseguire nella collaborazione col mondo accademico. “Contiamo su una preziosa rete di relazioni, un patrimonio che si è stratificato nel tempo e rappresenta un punto di partenza fondamentale per il mio mandato”, afferma
C’è un network professionale che unisce oltre 150 portfolio manager insieme ad analisti, wealth manager, private banker e consulenti finanziari. È l’associazione CFA Society Italy, espressione del chapter italiano di CFA Institute, che globalmente include più di 175.000 professionisti del mondo della finanza di mercato e d’azienda.
“In Italia siamo arrivati a contare circa 600 soci, inclusi numerosi charterholder provenienti da altri Paesi”, spiega a FocusRisparmio Giuliano Palumbo, CFA, presidente dell’associazione dallo scorso novembre.
“Fermarsi però alla sola certificazione sarebbe riduttivo”, sostiene il manager che oltre all’impegno (del tutto volontario, ndr) per CFA Society Italy è portfolio manager per un’importante società di gestione italiana, e ricorda che “CFA è soprattutto un percorso di carriera ispirato agli standard più elevati di eccellenza professionale, formativa ed etica, cui il possessore di questa qualifica si impegna ad aderire nell’ambito della propria professione”.
Qual è oggi il valore aggiunto della certificazione all’interno dell’industria finanziaria?
Nel tempo la certificazione si è affermata come un elemento distintivo di trasparenza, correttezza e professionalità, sia nei confronti dei clienti che degli employer stessi. Fra questi c’è una richiesta crescente di professionisti competenti, che rispettino i criteri essenziali per l’ottenimento della qualifica di charterholder che non sono solo di competenza tecnica ma anche di natura deontologica.
Cosa eredita dal suo predecessore (Giancarlo Sandrin, CFA ndr) e quali sono gli obiettivi che CFA Society Italy si pone?
CFA Society Italy in Italia può contare su una vivace rete di relazioni, un patrimonio che si è stratificato nel tempo e rappresenta un punto di partenza fondamentale per il mio mandato. In Italia l’associazione è nata poco più di 20 anni fa con pochissimi associati mentre oggi può contare su una vasta rete di relazioni con istituzioni, regolatori, università e associazioni. Puntiamo ad allargare la base di associati attraverso la continua offerta di contenuti formativi sulle più rilevanti ed attuali tematiche del settore, senza dimenticare l’importanza dell’ambito advocacy nei confronti delle istituzioni. Un obiettivo importante è quello di vederci confermati come voce autorevole e indipendente sui temi più rilevanti per l’industria finanziaria sia in Italia che in sede europea.
Quanti sono i CFA charterholder in Italia e cosa fanno?
I dati più recenti aggiornati al 31 dicembre 2021 ci dicono che gli iscritti italiani al programma di studi CFA sono circa 800 di cui 400 si preparano al superamento del 1° livello. Gli iscritti agli esami di 2° e 3° livello sono, rispettivamente, 250 e 150. La maggior parte dei charterholder italiani svolge la professione di portfolio manager, siamo a circa 150 professionisti in Italia. Poi ci sono delle quote di professionalità molto varie ripartite, in ordine decrescente, fra le seguenti: ricercatori/analisti degli investimenti; wealth manager (con masse sopra 1 milione di euro); consulenti finanziari affluent; risk officer; account e relationship manager; investment strategist e sales. Una rete di professionisti che abbraccia entrambi i rami della finanza, sia d’impresa che di mercato.
Qual è l’orientamento futuro che adotterete in termini di formazione, anche nel rapporto verso altre organizzazioni che offrono un servizio professionalizzante simile nel settore?
Con le altre associazioni del settore finanziario che condividono con noi gli stessi orientamenti esiste un approccio orientato al continuo dialogo e alla cooperazione. Penso ad alcune iniziative già messe in campo, ad esempio, con Assiom Forex e con il Forum per la Finanza Sostenibile, o con alcune Università come il Politecnico di Milano.
E quali sono le nuove frontiere della formazione professionale finanziaria?
Rimaniamo con i radar accesi secondo una logica di scouting su tutti i temi del presente e del futuro che possano rientrare nel perimetro dell’analisi e della pianificazione degli investimenti. Oggi al professionista del settore sono richieste importanti competenze anche nel mondo della sostenibilità (investimenti Esg). Guardiamo inoltre anche alle nuove frontiere degli investimenti alternativi, tra cui gli asset digitali e quelli legati a healthcare innovation e cyber security.
Fra le iniziative di networking invece?
Abbiamo in previsione una serie di appuntamenti in presenza e virtuali, come le tradizionali Forecast Dinner, che ci posizionano come punto di riferimento nel dibattito sul quadro economico e sulle prospettive dei mercati finanziari, grazie anche alla partecipazione di relatori ed ospiti di eccellenza. Inoltre, continueremo a coltivare la nostra collaborazione con il mondo accademico, al fine di agevolare le giovani generazioni nel loro percorso di avvicinamento alle professioni del mondo finanziario.
Il compito di distributori e asset manager sarà rifocalizzare i clienti sulla qualità del gestito, non solo in termini di performance a breve, ma anche per la diversificazione del portafoglio nel medio-lungo periodo.
La società con headquarter a Londra ma anima italiana ha creato un fondo chiuso lussemburghese per completare il viaggio nella catena del valore delle energie verdi. Obiettivo: “Complementare l’ingegneria industriale con quella finanziaria per massimizzare rendimento e impatto ambientale”. Parola del co-founder e managing director Fabrizio Caputo
Per Robyn Laidlaw, head of Distribution di Vanguard Europe, la normalizzazione del quadro macro non intaccherà la gestione passiva. L’auspicio è che la rotazione dei portafogli verso l’obbligazionario continui. Ma a favorire la democratizzazione sarà soprattutto il digitale. Anche in Italia
L’intervista al co-fondatore e amministratore delegato Giovanni Daprà. Dal primo confronto dell’azienda nativa digitale con inflazione e tassi in rialzo, alle innovazioni di gamma prodotto: con quale strategia Moneyfarm entra nel 2024
Per il managing director e head of South East Europe di Nordea AM, il 2024 porterà con sé la normalizzazione dei mercati dopo un anno deludente. E sarà l’occasione per consolidare la presenza in Italia. Reti e real decarbonization le direttrici della casa, mentre il portafoglio guarda ai bond
Alla presentazione del 19esimo forum Aibp, il presidente dell'associazione traccia le direttrici di un settore che varrà 1.076 mld a fine del 2023. “Serve patto generazionale”. E all'orizzonte c'è la sfida assicurativa. Tutto l'evento disponibile su FR|Vision
Per Matteo Cianfoni, country head Italia di Man Group, la stagione dei tassi bassi è un capitolo chiuso. E nella nuova era che attende i mercati le opportunità si celeranno sempre di più al fuori dalle asset class tradizionali. Sostenibilità e una selezione attenta le chiavi per coglierle. Ma con uno sguardo al credito
Nata nel 2022 per esplorare nuove frontiere della finanza green, la startup vuole diventare una boutique di venture capital a impatto di rilievo globale. E per farlo punta forte anche sull’Italia. Dalla partnership con Mirabaud AM ai nuovi fondi in cantiere, i piani del fondatore Fabio Sofia
Dall’Osservatorio sottoscrittori a cura di Assogestioni, la fotografia di un’industria che al Mezzogiorno raccoglie meno investitori e capitali. Per Giuliani, ceo di BancoPosta Fondi, il Paese sconta un divario di occupazione e reddito. “Ma l’alfabetizzazione finanziaria può essere cruciale”. E attenzione anche a costi e forma dell’offerta
Un quadro geopolitico complesso e l'emersione di distorsioni e debolezze strutturali imporrebbero una strategia dirompente per rimettere il Paese al centro della crescita globale. Ma Pechino non sembra attrezzata per rispondere alle sfide
“I risparmiatori italiani sono abituati all’investimento semplice e sicuro nei titoli di Stato” afferma l’amministratore delegato della società commentando la mancata conversione del risparmio italiano verso l’economia reale, evidenziata da una ricerca della FABI. Infine, chiosa: “I tempi sono cambiati”
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio