Venture capital italiano in frenata dopo un 2022 record
Bain & Company: nel primo trimestre volumi in calo del 16%. L’anno scorso si è chiuso investimenti per 1,6 miliardi. Ma il mercato tricolore vale solo il 2% in Europa
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Il mercato degli Eltif, i fondi di investimento europei a lungo termine, continua ad ampliarsi e manda in archivio il 2022 con una crescita di oltre il 50%. Grazie a una raccolta di quasi 4 miliardi di euro, i volumi hanno infatti toccato quota a 11,3 miliardi, contro i 7,5 del 2021. L’Italia si piazza al secondo posto con 2,6 miliardi di patrimonio, dietro alla Francia, ma è in testa per l’appeal registrato tra gli investitori privati, cui va il 95% delle masse. È quanto emerge dall’analisi di Scope Ratings, che per il futuro vede rosa: grazie alla modifica legislativa dell’Ue, il mercato è infatti destinato ad accelerare ulteriormente.
A dicembre dello scorso anno, in Europa si contavano 77 European long term investment funds, 23 in più rispetto al 2021, con sette società che nel 2022 hanno lanciato il loro primo prodotto. Tra i gestori più attivi: Amundi, Azimut, BlackRock, Commerz Real, Generali Investments, Eurazeo, Muzinich, Neuberger Berman e Partners Group. La maggior parte degli strumenti (44) è registrata presso l’autorità di vigilanza del Lussemburgo.
Numero di nuovi Eltif. Fonte: Esma, Scope
Quanto ai volumi, anche nel 2022 la distribuzione è risultata relativamente uniforme tra private equity, private debt e infrastrutture. I primi due settori dominano in termini di numero di prodotti, mentre gli Eltif sulle infrastrutture vantano volumi più elevati perché destinati prevalentemente a investitori istituzionali.
Volume dei collocamenti per classe di attività (Fonte: Scope; al 31.12.2022)
FIG 2
In aumento i prodotti distribuiti ai privati, che hanno messo a segno una decisa crescita dei volumi: con un capitale collocato pari a 2,5 miliardi di euro, nel 2022 la loro quota di mercato è passata dal 54% al 60%. Gli Eltif riservati agli istituzionali chiudono invece a 1,5 miliardi di euro, vedendo scendere la loro quota di mercato al 40%, rispetto al 46% dell’anno prima.
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Con 2,6 miliardi di volumi, l’Italia è il secondo mercato in Europa, davanti alla Germania (1,5 miliardi) e alla Spagna (circa 500 milioni). A starci davanti è la Francia, che vanta volumi pari a 3,8 miliardi e che nel 2022 ha visto raddoppiare gli investimenti. Quello d’Oltralpe è però un mercato caratterizzato dalla clientela istituzionale, anche se iniziano ad aumentare i volumi destinati al retail sotto forma di polizze vita unit-linked.
L’Italia rimane il mercato più grande per la distribuzione a clienti privati, vero obiettivo di questi fondi nati nel 2015 per avvicinare i risparmiatori agli asset non quotati. Infatti, circa il 95% dei 2,6 miliardi di euro totali è costituito da prodotti venduti a pubblico retail. Merito anche degli sgravi fiscali, che continuano a fare da incentivo.
A rilento, infine, il mercato tedesco. “Il klimaVest continua a essere distribuito con successo e i private banking distribuiscono Eltif ai loro clienti. Tuttavia, non abbiamo assistito allo sviluppo di nuove reti di distribuzione dedicate”, scrivono gli analisti di Scope. Ma le prospettive sono comunque positive: molti prodotti sono in fase di lancio o progettazione e un numero crescente di fondazioni, family office e broker iniziano ad interessarsi a questi prodotti.
Volume di collocamenti per Paese in miliardi di euro. Fonte: Scope.
Infine, secondo la ricerca, la modifica della legge sugli Eltif sta dando slancio a questo mercato. Gli operatori si aspettano infatti nuovi prodotti come conseguenza delle significative semplificazioni apportate per gestori patrimoniali e distributori. E miglioramenti si intravedono anche sul fronte dell’acquisizione di nuovi clienti, spinti dalla diffusione di piattaforme digitali che rendendo scalabili processi di onboarding di nuovi investitori che in passato erano in gran parte manuali. “Le esperienze di Italia e Francia dimostrano che gli incentivi fiscali favoriscono investimenti in Eltif da parte di clienti privati. Potrebbe aver senso per altri Paesi, come la Germania, introdurre incentivi fiscali, al fine di stimolare investimenti da parte della clientela privata e, magari, coinvolgerla nel processo di trasformazione dell’economia europea verso un modello a zero impatto climatico”, conclude il report.
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